Essere uomini di cultura vuol dire oggi occuparsi di Dante e di vandali. Breve nota di Andrea Lonardo
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Il Centro culturale Gli scritti (16/2/2020)
Mi è stato chiesto di occuparmi di due cose apparentemente diversissime: la cultura e una parrocchia del quartiere di San Lorenzo.
L'apparente diversità dei due incarichi consiste nel fatto che da un lato si tratta delle massime intelligenze, della ricerca scientifica, dei grandi testi, dall'altro di ragazzi bocciati alle scuole medie, di adolescenti che ti rigano la macchina (è successo, è reale!) e distruggono le panchine della parrocchia, di figli di San Lorenzo che urlano in oratorio e sporcano tutto, senza aver cura di niente.
Non che San Lorenzo sia questo, perché è anche un quartiere bellissimo, ma San Lorenzo è simile oggi all'intera Roma proprio in questo: in moltissimi quartieri di Roma girano teppisti quattordicenni o quindicenni talmente annoiati dalla vita e incapaci di divertirsi o di individuare qualcosa di bello che passano il tempo a fare danni per vedere l’effetto che fa).
Ebbene oggi cultura è proprio questo, è capire la relazione fra queste due cose! Essere persone di cultura vuol dire oggi domandarsi se la cultura “alta” ha qualcosa da dire a chi riga le macchine e che cosa ha da dire chi spacca le panchine alla cultura dell'intellighenzia.
Troppi “sapienti” si disinteressano oggi dei ragazzi che spaccano tutto e questo rende la loro cultura astratta (e anche troppe delle persone che si rivolgono ai ragazzi si disinteressano di Dante e Mozart). È troppo tempo che in Europa non ci si occupa più della vita reale delle persone e dei loro figli e ragazzi. La fine di una certa intellighenzia che sta morendo deriva proprio da questo: essa è ormai lontana anni luce dai più perché è essa stessa ad ignorare la realtà è ad estraniarsene. Solo un intellettuale che si occupi di panchine spaccate e di ragazzi assurdi è tale.