Vantarsi di non credere in niente non ha senso, di Fabrizio Falconi
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Riprendiamo dal Blog di Fabrizio Falconi un suo articolo pubblicato il 12/2/2020. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. la sezione Cristianesimo e fede.
Il Centro culturale Gli scritti 16/2/2020)
Vantarsi di non credere in niente, non ha molto senso. Perfino Rimbaud, l'iconoclasta puro, non smise di credere, perfino - quando era nel buco più scuro dell'africa a fare il trafficante d'armi - a un futuro che gli avrebbe portato una moglie, un figlio e una rispettabilità borghese.
Se si smette di credere, se non si crede più a niente, nemmeno si spera più. Si diventa cioè di-sperati.
Sembra che l'uomo infatti sia programmato per credere, e che senza credere - magari semplicemente ai suoi sogni o alle voci che sente nella testa o nel cuore - non sappia vivere.
Una società e individui totalmente scettici, diventano deboli, inani, morenti.
È per questo che i figli - musulmani o ebrei o animisti - d'Asia e d'Africa fanno tanti figli, anche in povertà e disagio: hanno voglie e determinazione e volontà ferree di realizzarle.
È per questo che i pronipoti dell'Occidente, con le loro sontuose chiese vuote, si baloccano in serate leggere, consolati - mi dicono - da un comico che declama in diretta nazionale una pagina di un Cantico che loro non conoscono e nemmeno capiscono più, ma scivola via leggero tra una canzonetta e un calembour.