Demonizzare o esaltare Benigni che commenta il Cantico dei Cantici: dell’inconsistenza e della confusione in cui viviamo. Breve nota di Andrea Lonardo
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Il Centro culturale Gli scritti (9/2/2020)
È assurdo che si debba demonizzare o esaltare Benigni e che non sia possibile una via di mezzo, una critica che sappia apprezzare o un apprezzamento che sia anche critico.
Eppure solo tale via è corretta: le altre che si schierano in maniera partigiana sono intellettualmente disoneste, date le luci e le ombre del suo intervento, e perdono la realtà e il Cantico!
Che il Cantico parli di un rapporto d’amore che include esplicitamente l’attrazione sessuale è affermazione assolutamente ordinaria per chiunque studi la Bibbia e non vi è ragione alcuna per negare che Benigni, nel sottolineare tali passaggi, abbia pienamente rispettato il testo.
Il Cantico è un cantico erotico e in esso si parla anche di seni, di cosce, di “stendardi”, di “vessilli” e di vulve[1].
Ma è altrettanto vero che il Cantico parla di un amore spirituale che abbraccia quello fisico. Il fatto che il Cantico non citi esplicitamente Dio, se non al termine, non implica affatto che proprio il rapporto di amore lì poeticamente narrato non sia metafora del rapporto fra l’anima e Dio.
Giustamente è stato notato che Benigni si è allineato al politicamente corretto, trascurando volutamente di esplicitare il rimando trascendente che altrove aveva chiaramente sostenuto, come nella sua presentazione a Terni del 13/2/2006, quando l’attore spiegò:
«Sono dialoghi e monologhi, pieni di invocazioni e di descrizioni: straordinari e, naturalmente, anche simbolici. Come tutti i libri sapienziali… il saggio sa che bisogna leggere tenendo l’occhio anche su altri significati! Ma poi, facendo tutta la strada, si ritorna alla semplicità del primo significato: però bisogna fare tutta la strada! Non subito all’inizio! E quindi, come dice Dante nella Commedia: “O voi ch’avete gli intelletti sani, / mirate la dottrina che s’asconde / dietro al velame de li versi strani”. C’è sempre de’ significati: allora all’inizio pensavano che fosse il ritratto di Dio con Israele, una storia piena di tradimenti e di nuovi inizi; poi c’è stata l’interpretazione di san Paolo, l’amore di Dio, di Cristo, per la Chiesa, ma quella più bella (e anche cristiana) è l’amore di Gesù per l’umanità».
Qui il video di quell’intervento:
Chi è che non sa che la poesia e la canzone, se grandi, colgono sempre il simbolico nel materico?
Come ha scritto Beauchamp: «Ecco perché il Cantico dei Cantici, o Canto dei Canti, è un poema sapienziale. Si offende l’amore dei due fidanzati che vi dialogano se si crede che, per dare a questo poema un senso spirituale, occorra trovargli un altro tema. Inversamente, è troppo spiccio anzi sciocco pretendere che il Cantico non significhi niente altro. Che gli rimarrebbe di enigmatico se la mente non fosse sollecitata dal fatto che l’uomo vi chiama felicità la novità dell’origine, trovata sulle tracce del suo inizio […]? Per tale ragione, l’esperienza della Sapienza è legata a quella della differenza dei sessi. Là dove l’uomo ritrova come la propria sorgente e da cui esce un altro uomo, là è il luogo di elezione della Sapienza»[2].
Se c’è poi una cosa che veramente non ha senso è collegare il Cantico al love is love, proprio perché il Cantico è così esplicitamente erotico nell’indicare il corpo dell’uomo e della donna che si cercano. Nel Cantico si parla di “vulve” e di “stendardi” e della loro correlazione, mentre un amore omosessuale è costretto a rimuovere uno dei due termini e a depotenziare proprio la fisicità dei genitali che sono correlativi nel maschile e nel femminile per rimandare ad un più generico love. A chiunque appare evidente che alcune posizioni del Kamasutra non sono fisicamente possibili fra due donne o fra due uomini.
Non interessa qui un giudizio morale in merito, ma esattamente una valutazione poetica del testo la cui forza sta nel rimando continuo del maschile al femminile e viceversa.
L’unico sensato giudizio è, pertanto, un apprezzamento dell’approccio benigniano al Cantico unitamente ad una critica ad alcune sue valutazioni che appaiono inconsistenti e pretestuose.
Ritorniamo a pensare, senza schierarci sempre e comunque come tifosi di Roma contro Lazio e Lazio contro Roma, Milan contro Inter e Inter contro Milan: la vita è più seria. Grazie a Benigni che continua a parlare di Dante, di Bibbia, di Comandamenti – e con che passione! - in un mondo culturale che li censura ma anche, e contemporaneamente, biasimo per i tratti populistici del suo recente commento al Cantico.
Note al testo
[1] Cfr., ad esempio, Ct 2,4 «Mi ha introdotto nella cella del vino e il suo vessillo su di me è amore», Ct 7,9 «Ho detto: “Salirò sulla palma, coglierò i grappoli di datteri”. Siano per me i tuoi seni come grappoli d’uva e il tuo respiro come profumo di mele», Ct 7,3 «Il tuo ombelico è una coppa rotonda che non manca mai di vino aromatico. Il tuo ventre è un covone di grano, circondato da gigli» nella versione CEI 2008.
[2] P. Beauchamp, L’uno e l’altro Testamento, Paideia, Brescia 1985, pp. 144-145. Cfr. su questo anche Il Cantico dei Cantici declamato in C’era una volta in America di Sergio Leone e il fallimento di una lettura solo letterale. Brevissima nota di Andrea Lonardo.