Il Sinodo tedesco e il nodo decisivo della tassa statale alle diverse chiese e religioni (la Kirchensteuer). Breve nota di Giovanni Amico
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Riprendiamo sul nostro sito un articolo di Giovanni Amico. Per approfondimenti, cfr. la sezione Laicità.
Il Centro culturale Gli scritti (9/2/2020)
La Kirchensteuer, cioè la tassa dovuta dai cittadini tedeschi alle diverse chiese da chi si dichiara credente in Germania, non compare mai nell’elenco riportato dai giornalisti delle questioni decisive da affrontare nel Sinodo tedesco.
E invece lo è. Senza un rinnovamento di quel sistema, la Chiesa tedesca non potrà decollare e altri cambiamenti si rivelerebbero aggiustamenti e non vere trasformazioni e conversioni.
In Germania, come in altri paesi del nord Europa, vige un sistema fiscale, diverso da quello italiano dell’8 x 1000. Infatti, in Germania ogni persona è tenuta per legge a dichiarare la propria chiesa di appartenenza al fisco – luterana, cattolica, ecc. – e con tale dichiarazione automaticamente si sottopone ad un supplemento di tasse che servono a mantenere la propria comunità. La differenza è evidente: in Italia un credente non è tenuto a versare le tasse alla sua Chiesa ed un non credente può versarle se ritiene che sia comunque bene farlo, ma né il credente, né il non credente si debbono dichiarare tali dinanzi allo Stato, né sono tenuti alla tassa stessa.
Il sistema tedesco è, invece, attualmente così stringente che chi si rifiutasse di pagare le tasse per una determinata chiesa ne verrebbe automaticamente escluso, non potrebbe più sposarsi in quella chiesa, gli potrebbero venir negati i funerali religiosi, perché, per aver scelto di non versare le tasse, ha dovuto contestualmente dichiarare al fisco di non appartenere più di quella chiesa, anche se, in cuor suo, è rimasto tale.
L’obbligo della tassa fa sì, inoltre, che le diverse chiese tedesche, protestanti o cattoliche che siano, siano fra le più ricche al mondo e che le diverse parrocchie o edifici di culto delle diverse religioni paghino così con soldi statali anche diversi dipendenti come gli organisti e maestri del coro, i responsabili dei catechisti, gli addetti alle segreterie e diversi altri ministeri.
Una trasformazione di tale sistema appare necessario perché i singoli cittadini siano liberi: lo scontento riguardo al sistema è grande fra i tedeschi e le diverse chiese devono ascoltare questo grido. Non è nemmeno più chiaro chi appartiene alla chiesa e chi no, perché tutto è stabilito per legge, a partire dalla tassazione ecclesiastica. Ogni anno le statistiche tedesche dicono quanto siano diminuiti o cresciuti i luterani o i cattolici, ma lo dicono a partire dalle dichiarazioni dei redditi!
Non si tratta di cancellare ogni contributo statale, perché esso rientra nella logica della sussidiarietà così importante nel diritto. Ma certamente il Sinodo – se avrà coraggio e intenderà incidere sui problemi reali della chiesa tedesca e non fingere di farlo – dovrà proporre modifiche alla Kirchensteuer, perché la questione economica cessi di essere più decisiva della professione della fede e al mancato pagamento delle tasse scatti la “scomunica” di fatto. Contemporaneamente una maggior libertà nella scelta personale sul sostegno economico potrà comportare una riduzione dei mezzi e del denaro gestito dalle Chiese sulla linea di quel rinnovamento che papa Francesco auspica, rendendo le parrocchie più libere, senza dover gestire stipendi e carriere professionali.
Il Sinodo tedesco potrà ispirarsi a forme diverse di sussidiarietà. È a tutti evidente, ad esempio, che un sistema come quello italiano è molto più libero ed evangelico, non costringendo nessuno e mantenendo il segreto personale.