La grave assenza dei temi del lavoro e della famiglia nei discorsi dei politici e nei programmi dei partiti. Breve nota di Andrea Lonardo
- Tag usati: immigrazione, intellettuali, lavoro, politica, scritti_andrea_lonardo
- Segnala questo articolo:
Riprendiamo sul nostro sito una nota di Andrea Lonardo. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. la sezione Politica.
Il Centro culturale Gli scritti (22/12/2019)
La questione del lavoro è stata fino a qualche decennio fa la questione decisiva in politica. Dall’ottocento in poi la condizione dei lavoratori, il loro sfruttamento, il loro salario, la loro organizzazione sindacale, la mancanza di lavoro, la trasformazione del lavoro, sono stai i temi decisivi di ogni politica progressista.
Oggi il silenzio circonda queste questioni. Chiudono aziende e negozi, si affermano solo gruppi aziendali internazionali come i supermercati e i centri commerciali a discapito degli artigiani e dei piccoli commercianti, non si sviluppano nuove cooperative agricole, manca il lavoro, i nostri migliori giovani vanno a lavorare all’estero, giungono migranti che non trovano lavoro e finiscono a chiedere l’elemosina per strada dinanzi ai supermercati o raccogliendo foglie, ma nessuno parla della questione lavoro. Nessuno sembra più interessato del diritto al lavoro e della condizione dei lavoratori.
Tanto silenzio c’è su tali temi che può sembrare addirittura “originale”, innovativo, affermare oggi che un giovane migrante che ha percorso migliaia di chilometri dal suo paese per giungere in Italia abbia bisogno di di lavoro, non di sussidi.
Si lavora, infatti, non solo per guadagnare, ma per un motivo di dignità umana: chi non lavora non contribuisce al bene comune e si sente inutile. Una società che non abbia al centro dei suoi interessi la questione lavoro sarà fallimentare e la sua politica cieca.
La sensazione è che le questioni del gender e del razzismo vengano evocate a destra e a sinistra per mascherare che non si sa come affrontare la questione lavoro e per sviare, quindi, l’attenzione da essa.
Poiché bisogna dire, per essere vincenti elettoralmente, che si è a difesa di qualcuno, si preferisce dire che si è a difesa della nazione o del gender o dello straniero, in modo che nessuno domandi se stranieri e italiani non abbiano bisogno piuttosto di lavorare per sentirsi uomini.
Il silenzio avvolge anche la questione della crisi demografica e della famiglia. Niente, niente e poi niente viene messo in cantiere per dare un sostegno economico continuativo a chi desidera avere figli. Niente, niente e poi niente viene stanziato per incoraggiare chi non sa se far nascere un bambino inatteso. Niente, niente e poi niente viene fatto per ricostruire la dignità pubblica e sociale dell’essere genitori, dopo la demonizzazione del “mestiere” di padre o madre teorizzata culturalmente dai decenni appena trascorsi.