La differenza tra il mondo offline ed il mondo online: le conseguenza delle scelte, di Zygmunt Bauman
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Riprendiamo da Avvenire del 31/7/2010 alcuni passi del saggio «Lo spettro dei barbari. Adesso e allora» di Zygmunt Bauman, appena tradotto da Bevivino editore; il titolo dell'articolo sul quotidiano cattolico era “Barbari hi-teach”. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.
Il Centro culturale Gli scritti (31/7/2010)
Nella visione del mondo delle nuove generazioni le linee che separano i mondi virtuali, i giochi e il networking sociale, tendono a essere sfocate. Un problema che non scaturisce necessariamente dall’avvento dell’elettronica. In un film del 2003 di Yann Samuell, Amami se hai coraggio, non si vede neanche un computer portatile o un cellulare; la trama rimarrebbe inalterata anche se fossero presenti. Ciò nonostante, il problema è già presente: Julien e Sophie, i protagonisti principali della storia, arrivano passo passo a non essere più in grado di distinguere se ciò che gli succede intorno e ciò che loro stessi stanno facendo sia 'solo un gioco' o la 'realtà': la loro è una capacità che l’avvento dell’elettronica ha semplicemente reso più semplice raggiungere.
La 'realtà' è il mondo della routine e delle regole noiose mentre il 'gioco' è il mondo in cui si rompono le regole per divertimento e per l’ilarità generata dal turbare e far infuriare i decorosi abitanti 'ordinari' del 'reale'. Questo è chiaro. Però, la differenza infinitamente più difficile da individuare fra i due mondi, e ancora più difficile da applicare coerentemente, è che le cose fatte 'per davvero' hanno conseguenze che gli autori non possono congedare con una semplice scusa e un sorriso.
Nella 'vita reale', ogni passo 'fa la differenza', una differenza che lascia il segno; dopo aver sofferto una sconfitta o causato dei danni, non si può iniziare un nuovo gioco 'dallo stesso punto di partenza', come se niente fosse successo nel round precedente. Mentre la storia avanza protraendosi dall’infanzia all’età adulta, questa stessa differenza tra gioco e realtà viene riconosciuta come 'parte del gioco' e, pertanto, facilmente rimossa o dimenticata. I giocatori non sono più in grado di distinguere i due mondi, anche quando è in gioco ciò che loro stessi fanno e provano.
Ma, in ogni caso, dov’è la 'differenza'? Gli 'altri', le vittime e i custodi, insistono nell’asserire che la differenza cruciale consiste nel fatto che le marachelle commesse in un gioco, diversamente dai danni provocati nella 'vita reale', non comportano alcun carico di responsabilità. Ma senza nessuna inibizione e senza nessun rimorso Julien e Sophie rovinano la propria vita con la stessa serenità con cui distruggono vite vere, sin troppo vere, di altri il cui destino si incrocia con il loro.
Per quanto profonde possano sembrare, dal punto di vista privilegiato dei tecno-progettisti proiettati sull’obiettivo da raggiungere e degli esperti di marketing, le differenze fra le due sfere si riducono a nulla se paragonate con la 'realtà', ovvero con il mondo offline non mediato elettronicamente a cui manca la difesa dei comandi 'stop', 'cancella', 'elimina' o 'ritorna alla pagina iniziale'.
Per coloro che hanno provato le comodità del mondo online, la mancanza del comando 'cancel' fa apparire la vita offline inferiore, insufficiente, forse addirittura intollerabile. Per le generazioni che crescono nel mondo saturato dall’elettronica, l’attrazione principale del mondo online deriva dall’assenza di contraddizioni e di ragionamenti incrociati che perseguitano la vita offline. Il mondo virtuale offre uno scopo assieme ai mezzi per soddisfarlo, mentre nel mondo 'reale' i fini sperati e i mezzi messi a disposizione per raggiungerli sembrano stare agli opposti. Diversamente dalla sua alternativa offline, il mondo online rende l’infinita moltiplicazione dei contatti sia plausibile che fattibile.
Lo fa attraverso l’indebolimento dei legami, accorciando e impoverendo gli impegni, in sfrontata opposizione alla sua controparte offline che notoriamente trova le proprie coordinate sullo sforzo di rafforzare continuamente i legami attraverso una limitazione forte del numero di contatti e un contemporaneo approfondimento di ogni legame. Il mondo virtuale promette un miglioramento del mondo 'reale', sospeso e bloccato tra la straziante irrealtà dei suoi desideri e l’inadeguatezza dei mezzi atti a soddisfarli. Il mondo virtuale sembra puntare dritto al futuro (diverso e migliore, più piacevole).
Plasma inoltre il prisma attraverso cui vengono percepite, interpretate e valutate, le esperienze derivate dal resto del Lebenswelt o vissute nel 'mondo reale' (o nel mondo visto come in un 'reality'). Quando guardiamo attraverso questo prisma, troviamo che il 'resto' è difettoso e ha urgente bisogno di essere corretto: cioè ha bisogno di essere elevato a quel livello di comodità e facilità d’uso che il mondo online è già riuscito a raggiungere.
Giorgio Agamben ha recentemente sottolineato che anche se la capacità di comandare, permettere, proibire e punire, e quindi l’efficacia e la capacità di vincolare il prossimo, era il significato delle idee di 'forza di legge' o di 'norma di legge' dai tempi della concretizzazione del canone giuridico degli antichi romani, «è soltanto in epoca moderna, nel contesto della Rivoluzione francese, che essa comincia a indicare il valore supremo degli atti statuali»; solo da allora, al limite di quella condizione autodefinita come 'stato civile', la force de loi ha assunto il significato di «intangibilità della legge, anche nei confronti del sovrano, che non può né abrogarla né modificarla».
Potremmo dire che il concetto di force de loi nella sua versione moderna, coniato simultaneamente alla riformulazione della vecchia idea di 'barbarie' in opposizione al neonato concetto di 'civiltà', è stato utilizzato come bastione per separare l’ordine emergente dal suo primitivo passato premoderno. In quella occasione, le enfasi nella definizione di 'barbarie' erano state spostate. 'Barbarie' diventò sinonimo di stato di illegalità, assenza di norme coercitive, inefficacia della legge e della sua 'incapacità di costrizione'. La 'barbarie' ha smesso di significare una fase preliminare precedente all’avvento della civiltà per assumere quello della ritirata della civiltà, apparentemente già vittoriosa. Ha assunto il significato di una negazione e in generale di fallimento dell’ordine civile.