Il fariseo e il pubblicano: perché tutti siamo il fariseo, i credenti come i laici. Breve nota di Andrea Lonardo (Brani di difficile interpretazione della Bibbia)
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Riprendiamo sul nostro sito una breve nota di Andrea Lonardo. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. la sezione Sacra Scrittura. Qui l’audio dell’omelia di Andrea Lonardo sul fariseo e il pubblicano.
Il Centro culturale Gli scritti (27/10/2019)
Chi commentasse la parabola del fariseo e del pubblicano che salirono al tempio a pregare come se Gesù preferisse i pubblicani ai farisei avrebbe totalmente frainteso cosa è una parabola.
Infatti questa interpretazione riprodurrebbe esattamente, a ruoli invertiti, l’insegnamento del disprezzo. I pubblicani avrebbero non solo il diritto, ma addirittura l’assenso divino a disprezzare i farisei.
È un attimo il passaggio dal disprezzo del fariseo che guarda con supponenza al pubblicano all’esegeta o al predicatore che guarda con supponenza ad un’altra categoria di persone, siano essi i farisei in carne ed ossa, siano quelli praticanti, siano i credenti in toto, siano quelli che… o quelli che…
Invece - afferma Gesù - la parabola è stata raccontata per annunciare che “chiunque” si esalta sarà abbassato. Sarà abbassato ogni credente che disprezza i non credenti e ogni non credente che disprezza i credenti.
Il problema è che l’orgoglio è così diffuso da contaminare ogni cosa. Alcuni mesi fa sui principali quotidiani italiani si è sviluppato un dibattito sul perché gli “intellettuali” non sono oggi più in grado di dialogare con la gente comune: il riferimento alla parabola è d’obbligo, poiché, forse, la cultura ha puntato troppo il dito, disprezzando chiunque non si adeguasse alla visione del politicamente corretto.
Le opposte parti politiche, a loro volta, hanno costruito la loro identità recente disprezzando l’avversario e ogni partito si è presentato come il solo giusto in un mondo che va alla deriva.
In maniera non dissimile alcuni credenti si sono presentati ancora oggi come gli unici in grado di capire il mondo e altrettanto è avvenuto con alcuni laici le cui parole trasudano disprezzo verso i credenti.
Insomma la questione posta da Gesù non è la sua preferenza per i pubblicani o per i farisei. La parabola è, invece, un genere letterario da lui utilizzato nel quale si presentano diversi personaggi per obbligare chi legge a ripensare alla propria vita.
Ed, infatti, la parabola non parla dei farisei e dei pubblicani, ma di “un” fariseo e di “un” pubblicano” presi come immagine per dare a pensare. Il racconto è rivolto perché “qualsiasi” persona che non è né fariseo, né pubblicano, si interroghi se ha sentimenti di disprezzo.
Chiunque disprezza gli altri che non appartengono alla sua fazione è lontano da Dio.
La parabola, fra l’altro, per la sua intima natura di rimando ad un terzo (il tertium comparationis di Vittorio Fusco; cfr. Gesù utilizza le parabole per argomentare e sciogliere dubbi riguardo alla sua persona e alla sua missione. Il tertium comparationis in Vittorio Fusco, di Andrea Lonardo), non è un insegnamento sull’orgoglio o sull’umiltà, ma, ben più profondamente, sulla necessità della giustificazione, della misericordia, del perdono.
Il termine è esattamente quello utilizzato poi da Lutero per affermare che nessuno è giusto nelle proprie opere, bensì tutti hanno bisogno del perdono e della grazia del Cristo.
Anche per il cattolicesimo, san Francesco non sarebbe potuto essere quello che è stato senza la grazia del Cristo che lo ha convertito e reso dolcezza: Francesco d’Assisi è stato salvato, motivo per cui egli è un cristiano e non Gesù un francescano (cfr. Perché San Francesco d’Assisi è stato un cristiano e non Gesù Cristo un francescano: una questione importante per orientarsi nella fede cristiana, di Andrea Lonardo!)
Chi pensa di essere giusto non potrà mai accorgersi che solo Gesù è il salvatore. Non potrà mai accorgersi che è Gesù con la sua morte per i peccatori che salva. Non potrà mai avvertire di aver bisogno di salvezza e dire: “Signore Gesù, abbi pietà di me peccatore” - è l’antica preghiera ininterrotta del pellegrino russo, ripresa dalla bocca del cieco nato, e recitata incessantemente da molto monaci ortodossi.
Gesù è l’unico salvatore, perché non ha bisogno di essere salvato, mentre ogni uomo, compreso Francesco d’Assisi, avrà sempre bisogno del suo amore.