Perché Chesterton unisce oggi tanti lettori (anche preti) e perché andrebbe insegnato nei seminari e nelle facoltà teologiche, di Andrea Lonardo (con un’antologia di testi)
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Riprendiamo sul nostro sito un articolo di Andrea Lonardo. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. la sezione G.K. Chesterton.
Il Centro culturale Gli scritti (11/8/2019)
Mi colpì moltissimo un amico che diceva che ci intendiamo oggi, più di qualche anno fa, fra preti che vengono da movimenti, cammini e associazioni, come da semplici parrocchie, perché leggiamo gli stessi autori, perché tutti leggiamo Chesterton e Tolkien, Lewis e Guareschi. Mi colpì. Il pensiero di avere dei “padri della Chiesa” in comune, di non avere solo Gesù Cristo e i Vangeli, cosa ovviamente ben più importante, ma di avere anche dei “maestri” che lo rendono attuale.
Ho cominciato da tempo a ripetere che, autori come questi quattro, andrebbero presentati nei Seminari per la formazione del futuro clero, come nelle facoltà teologiche. La loro teologia è decisiva e permette di affrontare la realtà, mentre, a volte, la teologia presentata in quei luoghi è troppo astratta e inadatta a rispondere alle grandi questioni che le persone ci rivolgono in maniera diretta e senza peli sulla lingua.
I brani che seguono provengono quasi tutti da un amico di FB che è più di un amico di FB, perché appunto è uno che avverti subito condividere uno sguardo sul mondo. Fra Roberto Brunelli posta in continuazione sul suo profilo brani di “padri della fede” e di Chesterton in particolare.
Cosa dire di questi testi di Chesterton? Che sono testi di teologia fondamentale. Cioè che aiutano a comprendere perché credere. In questo senso sono testi per dialogare con chi non crede. Rovesciano ogni volta - questo è tipico di Chesterton - gli argomenti che vengono sollevati contro la fede e la Chiesa. Certamente Chesterton è polemico e polemista, ma, per chi lo conosce e lo ama, è chiaro che egli lo è perché ascolta le polemiche che vengono sollevate contro Cristo e la su Chiesa.
Si potrebbe dire che è un contro-polemista, è uno che agisce sempre in seconda battuta. Sbaglierebbe gravemente chi lo accusasse di essere caustico e irriguardoso. È vero esattamente il contrario: egli sa quante persone caustiche e irriguardose ci sono fra gli anticlericali e risponde loro in maniera umoristica, spiazzandoli sul loro stesso terreno.
Per questo è oggi un compagno di viaggio indispensabile, per questo è maestro, perché non ha paura di affrontare le polemiche, anzi vi si getta a capofitto, ma sempre con il sorriso e il gusto di chi sa di aver ricevuto una sapienza più sapiente di tutte le sapienze umane.
Antologia di testi
Da G.K. Chesterton
The first fact about the celebration of birthdays is that it is a good way of affirming defiantly, and even flamboyantly, that it is a good thing to be alive.
Da G.K. Chesterton, San Tommaso
L'eremita, vero o falso, il fachiro, il fanatico o il cinico, lo Stilita sulla sua colonna o Diogene nella sua botte, tutti si possono rappresentare mentre vengono tentati dai poteri della terra, dell'aria o dei cieli, con l'offerta di quanto c'è di meglio in ciascuno; e rispondono che non vogliono nulla.
Nel cinico o nello stoico greco questo significava né più né meno che la pura negazione; che non voleva nulla. Nel mistico orientale o nel fanatico, significava a volte una sorta di negatività positiva; che egli voleva il Nulla; che il Nulla era ciò che veramente voleva. Talvolta esprimeva una nobile indipendenza, e le virtù gemelle dell’antichità, l'amore per la libertà e l'odio per il lusso. Talvolta esprimeva soltanto un'autosufficienza che è l'esatto opposto della santità.
Ma nemmeno le storie di veri santi, di questa specie, si possono applicare al caso di san Tommaso. Egli non era il tipo che non vuole niente; anzi era un tipo enormemente interessato a tutto. A paragone di molti altri santi, e di molti altri filosofi, era insaziabile nel suo accettare cose; nella fame e nella sete di cose. Era la sua particolare tesi spirituale quella secondo cui esistono veramente le cose, e non solo la cosa; che esistono tanto i molti quanto l'Uno.
Non mi riferisco a cose da mangiare o da bere o da indossare, benché egli non abbia mai negato a queste il loro posto nella nobile gerarchia dell'essere; ma piuttosto alle cose da pensare, e in particolare alle cose da provare, da sperimentare e da conoscere.
Nessuno va a pensare che Tommaso d'Aquino, quando Dio gli offrì la scelta tra tutti i doni divini, potesse chiedere mille sterline, o la corona di Sicilia, oppure il dono di un raro vino greco. Avrebbe potuto però chiedere cose che desiderava veramente; ed egli era uomo da desiderare delle cose; così come desiderava il manoscritto perduto di san Crisostomo. Avrebbe potuto chiedere la soluzione di un vecchio problema; o il segreto di una nuova scienza; o un lampo sull'inconcepibile mente intuitiva degli angeli; o una qualsiasi delle migliaia di cose che avrebbero potuto veramente soddisfare il suo vasto e virile appetito per la gran vastità e varietà dell'universo.
Il fatto è che, quando la voce si fece sentire di tra le braccia aperte del Crocifisso, per lui quelle braccia erano davvero tutte aperte, e aprivano con la più grande gloria le porte di tutti i mondi; erano braccia puntate a est come a ovest, ai confini della Terra come ai veri e propri estremi dell’esistenza. Erano davvero spalancate in un gesto di onnipotente generosità; era nientemeno che il Creatore a offrire nientemeno che la creazione; con tutto il mistero, che si ripete un milione di volte, di esseri individuali, e il coro trionfale delle creature.
È questo lo sfondo luminoso dell'Essere molteplice che rende particolarmente forte, e perfino un po' sorprendente, la risposta di san Tommaso, quando, rialzando finalmente il capo e in forza di quella quasi blasfema audacia che è tutt'uno con l'umiltà della sua fede, osò dire: «Voglio Te».
Da G.K. Chesterton, L’uomo eterno
Il libero pensatore ripete che il Gesù di Nazaret era un uomo del suo tempo, che anzi precedeva il suo tempo; e che noi non possiamo accettare la sua etica come definitiva per l’umanità. Il libero pensatore seguita a criticare tale etica con ragioni abbastanza plausibili, dicendo che gli uomini non possono porgere l’altra guancia, o che devono pensare al domani, o che la negazione di sé è troppo ascetica e la monogamia troppo severa. Ma gli zelanti del giudaismo e i legionari di Roma non erano, più di noi, disposti a porgere l’altra guancia. I commercianti ebrei e gli esattori romani pensavano al domani, come noi, e forse più. Non possiamo pretendere di abbandonare la morale del passato per un’altra più adatta al presente. La verità è che non è la morale di un’altra epoca, ma piuttosto di un altro mondo.
Da G.K. Chesterton, La Chiesa viva
Nel buon tempo antico del razionalismo vittoriano era convinzione abituale deridere san Tommaso e tutti i teologi medioevali ripetendo specialmente la risaputissima storiella dell'uomo che discuteva intorno al numero di angeli che potrebbero danzare sulla punta di un ago. I Vittoriani benestanti e commercianti con il loro denaro e le loro mercanzie avrebbero ben potuto avvertire una puntura più acuta del medesimo ago. Sarebbe stato meglio se avessero meditato, non su quanti angeli possono stare ritti sulla punta di un ago, ma intorno a quanti cammelli possono passare attraverso la cruna.
... Il mistico medioevale non avrebbe neppure detto che l'ago esiste per servire da piedestallo agli angeli. Il mistico medioevale sarebbe stato il primo a dire che l'ago esiste per cucire gli abiti degli uomini. Poiché alla loro maniera vagamente trascendentale i mistici medioevali s'interessavano molto alla vera ragione delle cose e alla distinzione tra il mezzo e il fine. Volevano scoprire a che cosa fosse veramente destinata una cosa e la relazione che passa tra l'una e l'altra idea. E avrebbero addirittura potuto suggerire ciò che tanti giornalisti sembrano aver dimenticato e cioè la possibilità paradossale che il Tennis sia stato creato per l'Uomo e non l'Uomo per il Tennis.
Da G.K. Chesterton, San Tommaso
Leggo in un'aristocratica recensione del libro di Rebecca West su sant'Agostino la stupefacente affermazione che la Chiesa cattolica considera il sesso della natura del peccato. Come possa essere un sacramento il matrimonio se il sesso è un peccato, o perché i cattolici siano in favore delle nascite e i loro nemici in favore del controllo delle nascite, lascio che i critici lo scoprano da soli. Non è questo aspetto della questione che mi sta a cuore, ma un altro.
Il critico moderno medio, ravvisando questo ideale ascetico in una Chiesa autoritaria, e non ravvisandolo invece negli altri abitanti di Brixton o di Brighton, è pronto a dire: «Ecco il risultato dell’autorità; sarebbe meglio avere una religione senza autorità». Ma in verità, un'esperienza più ampia al di fuori di Brixton o di Brighton rivelerebbe l'errore. È raro trovare un assessore comunale che digiuni o un politico trappista, ma è ancora più raro trovare suore sospese per aria su uncini o punte; non capita spesso che un oratore della Società delle Prove del cattolicesimo cominci il suo discorso in Hyde Park sfregiandosi tutto con dei coltelli; un forestiero che passa da una qualunque parrocchia difficilmente troverà il parroco sdraiato sul pavimento con un fuoco acceso sul petto che lo sta ustionando mentre egli pronuncia giaculatorie spirituali.
Eppure tutte queste cose si fanno, per esempio, in tutta l'Asia, a opera di volontari entusiasti che agiscono esclusivamente sotto il grande impulso della religione; religione, nel loro caso, non comunemente imposta da un'autorità immediata, e certo non imposta da questa autorità in particolare.
In breve, una reale conoscenza dell'umanità dirà a chiunque che la religione è una cosa veramente terribile, un vero e proprio fuoco che divora, e che l'autorità è tanto spesso necessaria per reprimerla quanto per imporla.
L'ascetismo, ovvero la guerra contro gli appetiti, è un appetito anch'esso. Non può mai essere eliminato dal numero delle strane ambizioni dell'uomo. Ma si può tenere sotto un ragionevole controllo; ed è tollerato in assai più ragionevole misura sotto l'autorità cattolica che in quella pagana o nell’anarchia puritana.
Da G.K. Chesterton, Quello che ho visto in America
Ho una mia filosofia generale che non è necessario esporre qui, ma che si può sintetizzare dicendo che alla scimmie piacciono le noccioline, ma solo agli uomini piace il vino .
Da G.K. Chesterton, San Tommaso
La cosiddetta filosofia manichea ha avuto molte forme; di certo ha attaccato ciò che è immortale e immutabile con una curiosissima sorta di immortale mutevolezza. È come la leggenda del mago che si trasforma in serpente o in nuvola; e il tutto porta il marchio senza nome della irresponsabilità, che è propria di gran parte della metafisica e della morale dell’Asia, da cui ha avuto origine la fede manichea.
Ma in un modo o nell’altro il concetto è sempre quello, che la natura è male; o che quanto meno il male è radicato nella natura. Il punto essenziale è che il male, così come ha radici nella natura, ha nella natura le sue ragioni. Il torto ha lo stesso diritto di esistere della ragione.
Come ho già detto, questo concetto ha assunto molte forme diverse. A volte è stato un dualismo, che ha messo il male su un piano di parità col bene, così che né l'uno né l'altro si potesse definire l'usurpatore. Più spesso è stato l'idea generale che i demoni abbiano creato il mondo materiale, e che se esistono spiriti buoni, essi hanno a che fare soltanto col mondo spirituale.
Ancora dopo prese la forma del calvinismo, che riteneva che Dio avesse sì fatto il mondo, ma in un certo senso avesse fatto sia il male sia il bene; sia una volontà cattiva sia un mondo cattivo. Da questo punto di vista, se un uomo decide di dannare la sua anima da vivo, non si oppone alla volontà di Dio ma anzi la realizza.
In queste due forme, dello gnosticismo prima e del calvinismo poi, vediamo la superficiale varietà e fondamentale unità del manicheismo. I vecchi Manichei insegnavano che Satana ha dato origine a tutta l'opera della creazione comunemente attribuita a Dio. I nuovi Calvinisti insegnavano che Dio dà origine a tutta l'opera della dannazione comunemente attribuita a Satana. Gli uni guardavano indietro al primo giorno in cui un diavolo agì come un dio, gli altri guardavano in avanti all'ultimo giorno in cui un dio agì come un diavolo. Ma sia gli uni sia gli altri erano convinti che il creatore della Terra fosse essenzialmente il creatore del male, che lo si chiami diavolo oppure Dio.
Visto che tra i moderni, come potremo notare tra poco, ci sono molti Manichei, qualcuno potrà condividere questa opinione, qualcuno potrà restare perplesso, qualcun altro potrà non capire perché mai abbiamo qualcosa in contrario. Per comprendere la disputa medievale, occorre dire una parola sulla dottrina cattolica, che è tanto moderna quanto medievale. L'espressione «Dio guardò tutte le cose e vide che erano buone» contiene una sottigliezza che il pessimismo popolare non può cogliere, o è troppo frettoloso per notare. E la tesi che non vi sono cose cattive, ma solo usi cattivi delle cose. Se volete, non vi sono cose cattive, ma solo cattivi pensieri; e soprattutto cattive intenzioni.
Da G.K. Chesterton, Illustrated London News, 10 ottobre 1908
I credi devono per forza essere in disaccordo: lo spasso della faccenda è tutto qui. Se io penso che l’universo sia triangolare e tu pensi che sia quadrato, non può esserci posto per due universi. Possiamo discutere educatamente, possiamo discutere umanamente, possiamo discutere con grande beneficio reciproco; ma ovviamente dobbiamo discutere. La tolleranza moderna è veramente una tirannia. È una tirannia perché è un silenzio.
Da G.K. Chesterton, San Tommaso
Il cristiano vorrebbe fuggire dal mondo verso l'universo: il buddhista desidera fuggire dall'universo più ancora che dal mondo. L'uno vorrebbe annientarsi: l'altro vorrebbe tornare alla sua creazione: al suo Creatore... E chi non scala la montagna di Cristo cade di sicuro nell’abisso di Buddha...
La sorta di ritorno che Buddha definì così cupamente Ruota del dolore, il povero Nietzsche è riuscito ora a definire come la Gaia Scienza. Posso solo dire che se la sua idea di Gaia Scienza era la pura e semplice ripetizione, sarei curioso di sapere quale fosse la sua idea di Triste Scienza. Sta di fatto che, nel caso di Nietzsche, ciò non accadde nel momento della sua ascesa, ma in quello del suo declino. Accadde alla fine della sua vita, quando era prossimo al collasso mentale; ed è proprio tutto il contrario delle sue precedenti e più belle ispirazioni di selvaggia libertà o di fresca e creativa innovazione. Per una volta almeno aveva provato a erompere, ma fu solo rotto, al supplizio della ruota.
Sola al mondo, sollevata e liberata da tutte le ruote e i vortici del mondo, si erge la fede di san Tommaso; appesantita e bilanciata da una metafisica più che orientale e da un fasto e una pompa più che pagane; ma vitalmente e decisamente sola nel dichiarare che la vita è una storia viva, con un grande inizio e un gran finale; che ha le sue radici nella primigenia gioia di Dio e che trova la sua realizzazione nella felicità finale dell'umanità; che si apre sul colossale coro in cui i figli di Dio gridavano di gioia, e si chiude nella mistica fratellanza, ombreggiata nelle antiche parole che hanno l'andamento di un arcaico passo di danza: «Perché la sua gioia è con i figli degli uomini».
Da G.K. Chesterton, La Chiesa viva
È perfettamente vero che si trovavano nella Chiesa Cattolica prima della Riforma torti reali i quali provocavano delle ribellioni, ma quello che non è possibile scoprire è uno solo di questi torti veri che la Riforma riformò. Per esempio, costituiva un abuso abominevole il fatto che la corruzione dei monasteri permetteva a volte a un nobile ricco di fare il patrono e anche di fare la parte dell'Abate, o di riscuotere le rendite appartenenti a una confraternita fondata per scopi di povertà e di carità. Ma tutto ciò che la Riforma seppe fare fu di permettere che quel medesimo ricco si appropriasse di tutte le rendite indistintamente, e si impossessasse della casa trasformandola in palazzo o stalla, cancellando persino il ricordo della confraternita povera. Le cose peggiori del Cattolicesimo mondano non furono che rese ancor peggiori dal Protestantesimo. Ma le cose migliori riuscirono in qualche modo a sopravvivere nelle epoche corrotte, anzi sopravvissero anche alla Riforma... Ora si copia ognuna di esse anche da parte di coloro che le avevano un tempo condannate; ma si tratta non di rado di copie caricaturali. La Psicanalisi è la Confessione senza la salvaguardia del confessionale, il Comunismo è il movimento francescano senza l'equilibrio moderatore della Chiesa, e le sette americane, dopo aver per tre secoli lanciato grida beffarde contro lo sfarzo dei papisti che si indirizzano teatralmente solo ai sensi, ora “ravvivano” i servizi religiosi per mezzo di film super teatrali e di raggi di luce rosea che piovono sul capo dei ministri del culto. Se noi avessimo un raggio di luce da buttar via, non sarebbe sulla testa del ministro che lo getteremmo.
Da G.K. Chesterton, La Chiesa cattolica
Con mio enorme stupore scopersi che gran numero dei miei colleghi protestanti erano disposti a continuare a nutrire l'odio protestante, pur non nutrendo più nessuna fede nel Protestantesimo. Non ho nessun diritto di giudicarli, ma confesso che a me la cosa appariva piuttosto un'azione cattiva e disonorevole. Scoprire di avere calunniato qualcuno intorno a qualche cosa, rifiutarsi di chiedere scusa, e costruire un'altra accusa più plausibile a suo carico, così da avere il diritto di portare avanti lo spirito della calunnia, mi parve sin da principio una maniera d'agire piuttosto meschina. Risolvetti almeno di considerare l'istituzione fatta segno alle calunnie secondo i suoi meriti, e la prima domanda, la più ovvia, che mi si presentò fu questa: Perché i Liberali sono tanto illiberali nei suoi confronti? Qual è il significato di un odio tanto costante e tanto mutevole? Mi ci volle gran tempo prima di riuscire a rispondere, e me ne occorrerebbe troppo a spiegare il procedimento, ma finalmente potei giungere all'unica risposta logica che ora viene confermata dai fatti, e cioè che si odia la Chiesa Cattolica come nient'altro sulla terra perché, secondo il significato esatto della frase, non rassomiglia a nessun'altra delle cose che esistono sulla terra.
Da G.K. Chesterton, La Chiesa viva
Esporrò piuttosto rapidamente in che consiste l'Appello del Solito Articolo, perché il lettore già lo conosce a memoria. Il messaggio del Cristo era perfettamente « semplice », diceva cioè che il rimedio di tutto è l'Amore; ma essendo egli stato ucciso ( e non si sa esattamente perché) in seguito a questa sua affermazione, Gli sono stati eretti dei templi enormi e persone odiose che si chiamano sacerdoti hanno presentato al mondo nient'altro che «pietre, amuleti, formule e parole d'ordine».
Inoltre non fanno che «litigare eternamente fra loro intorno alla posizione di un bottone, o sul dover piegare o no le ginocchia». Tutto questo non reca alcun conforto all'infelice Cristiano il quale pare desideri soltanto essere confortato dall'esortazione a compiere il suo dovere verso il suo vicino.
«Quante persone nel periodo del loro trapasso traggono conforto dal pensiero dei Trentanove Articoli, dalla Predestinazione, dalla Transustanziazione, dalla dottrina della dannazione eterna e dalla credenza che il Cristo ritornerà il Settimo Giorno? » Si tratta di un elenco ben curioso, e trovo specialmente misteriosa l'ultima voce. Ma posso dir soltanto questo: che se il Cristo fu davvero colui che recò il messaggio originale e veramente confortante dell'amore, crederei abbastanza importante la notizia intorno al suo ritorno il Settimo Giorno...
Ma è solo rapidamente e con riluttanza che tocco questi argomenti Perché non sono che gli esempi di una questione ben più vasta intorno a questa maniera interminabile di chiacchierare a vanvera. Essa consiste nel parlare come se il problema morale dell'uomo fosse perfettamente semplice, mentre invece tutti sanno che non lo è; proseguendo poi a valutare i tentativi di risolverlo col citare paroloni tecnici e coll'accennare a cerimonie prive di significato, senza fare di esso nessuna ricerca. In altre parole, è esattamente come se qualcuno dicesse a proposito della medicina: «Tutto ciò che vi chiedo è la Salute; che cosa vi è di più semplice del bellissimo dono della Salute? Perché non accontentarsi di godere per sempre la radiosa giovinezza e il fresco piacere di sentirsi forti? Perché studiare le scienze aride e tetre dell'anatomia e della fisiologia, Perché interessarsi alla posizione degli organi più oscuri del corpo umano? Perché voler fare una pedante distinzione fra ciò che si chiama veleno e ciò che si dice antidoto quando sarebbe tanto semplice godere con semplicità la Salute? Perché preoccuparsi con esattezza minuziosa intorno al numero delle gocce di laudano o alla forza di una dose di cloralio quando è invece tanto bello essere sani? Basta con quell'apparato sacerdotale di stetoscopi e di termometri clinici, con quella procedura ritualistica di sentire il polso, di guardare la lingua, esaminare i denti e tutto il resto! Il dio Esculapio venne sulla terra soltanto per informarci che alla fin fine la Vita è da preferirsi alla Morte; ecco il pensiero capace di consolare tanti morenti liberati dall'assistenza medica».
In altre parole, il Solito Articolo che è vecchio di diecimila edizioni non è mai stato se non sciocca robaccia anche quando era nuovo. Può darsi che vi sia stata della pedanteria nella professione medica, come vi è certo stata. Può esservi stata, come vi è stata davvero, una teologia sottile o arida o spoglia di consolazione per l'uomo. Ma chiacchierare come fosse possibile che ogni scienza affrontasse tutti i problemi senza insieme sviluppare un linguaggio tecnico e un metodo metodico, e a volte anche minuzioso, significa soltanto che chi parla è uno sciocco e non è mai stato in grado di affrontare nessun problema.
Lasciando da parte la teoria della Chiesa, se il Cristo fosse rimasto sulla terra per tempo indeterminato cercando di indurre gli uomini ad amarsi l'un l'altro, Egli avrebbe trovato necessario avere dei testi, dei metodi, qualche maniera per separare l'amore vero da quello falso, la maniera di distinguere fra le tendenze che rovinerebbero l'amore e quelle capaci di ristabilirlo. Senza mai pensare non si potrà cogliere nessun successo neppure nell'amore. Ed è cosa talmente ovvia che parrebbe inutile ripeterla, ma è tuttavia necessario. Perché è il suo assurdo contrario che oggi si va sempre ripetendo così che tale assurdità ci si allarga intorno da ogni parte come un deserto sconfinato. Una caratteristica del Solito Articolo è quella di alludere di tanto in tanto alla Religione Nuova, ma sempre in maniera timida e piuttosto remota. Vi si accenna che sarà una fede migliore e più larga, ma si tocca di rado la fede e soltanto invece la sua larghezza.
Esiste una Chiesa attivamente operante, e per tale ragione essa possiede tutti i dogmi e le opinioni di cui s'è portato accusa contro la Chiesa di Cristo. Ma la filosofia del Solito Articolo evita tutti questi svantaggi non trasportandosi mai nel mondo della realtà. Il suo dio ha paura di nascere, le sue scritture hanno paura di essere scritte, riesce soltanto a sussistere in qualità di Nuova Religione del domani e mai dell'oggi. Non sapendo imporre ciò che non riesce neppure a inventare, non fa che gonfiarsi di orgoglio spirituale.
Poiché non esistono delitti commessi in nome del suo credo e perché non esiste alcun credo in nome del quale commettere dei delitti, essa risplende di farisaica soddisfazione. Questa specie di critico è il chirurgo che non sbaglia nessuna operazione Perché non opera mai, il soldato che non è sconfitto. Perché non combatte mai. Si può continuare all'infinito a parlare di una religione inesistente la quale sarà libera da tutti i mali inerenti all'esistenza. Tutti sono in grado di sognare il Cristianesimo perfettamente umano e armonico di un Cristo che non è mai nato e che non è mai stato crocifisso. È talmente facile far questo che il cinquanta per cento delle persone che scrivono nei giornali e che si interessano alle pubbliche discussioni non fanno nient'altro che questo da venti o trent'anni.
Da G.K. Chesterton, Chaucer
Prima del tempo di Shakespeare, gli uomini erano cresciuti abituandosi a guardare il cielo attraverso l’astronomia tolemaica, dal tempo di Shakespeare in poi si sono abituati a guardarlo attraverso l’astronomia copernicana. Ma i poeti non si sono mai abituati alle stelle ed è loro compito impedire a chiunque altro di abituarsi. Qualunque uomo legga per la prima volta le parole «le candele della notte sono spente» trattiene il respiro e quasi maledice sé stesso per aver trascurato di guardare adeguatamente, o abbastanza frequentemente, le maestose e misteriose rivoluzioni della notte e del giorno. Le teorie ammuffiscono in fretta; ma la realtà resta fresca. Secondo l’antica concezione della sua funzione, il poeta aveva a che fare con la realtà delle cose; con le lacrime che sgorgano dalle cose, come nel grande lamento di Virgilio; con il diletto di osservare cose innumerevoli, come nelle spensierate poesie di Stevenson; con il ringraziare per l’esistenza delle cose, come nel francescano Cantico del sole o nel Benedicite omnia opera. Che dietro queste cose ci siano delle grandi verità è vero; quelli che sono talmente infelici da non credere in queste verità possono benissimo chiamarle teorie.
Marshall Mc Luhan, dal blog Uomo Vivo
La religione cattolica è la sola a benedire e a impiegare tutte quelle facoltà meramente umane che producono il gioco e la filosofia, la poesia e la musica, l’allegria e l’amicizia con una base molto carnale... Se non avessi incontrato Chesterton sarei rimasto agnostico almeno per molti anni. Egli non mi ha convinto dell’esistenza di alcuna verità religiosa, ma ha impedito che la mia disperazione divenisse un’abitudine o degenerasse in misantropia.