Qual è il ruolo formativo di un seminario se la direzione spirituale non è compito dei superiori? Un’importante questione del dibattito su cosa sia la formazione oggi necessaria. Breve nota di Andrea Lonardo
Riprendiamo sul nostro sito una breve nota di Andrea Lonardo. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. la sezione L’arte di educare.
Il Centro culturale Gli scritti (7/7/2019)
Un formatore di seminario mi dice: “Può essere spaesante il ruolo di un educatore di futuri preti, dato che ognuno dei seminaristi ha il suo padre spirituale e solo quello è autorizzato al “foro interno”. Ognuno dei seminaristi ha il suo confessore e solo quello conosce i segreti del cuore, mentre gli altri superiori possono solo accompagnarli nelle loro azioni e scelte pubbliche, ma non nell’intimo e nei risvolti intimi del cuore”.
Eppure – rifletto – c’è un margine enorme di lavoro. Un educatore di seminaristi lavora innanzitutto sul loro sguardo teologico, anche se il cammino spirituale è affidato al padre spirituale. Aiuta i seminaristi a comprendere dove stia la novità della fede e come solo essa, in tutti i suoi risvolti, possa illuminare la vita.
È bene che i diversi superiori di seminario siano veri teologi, teologi che conoscano non tanto le disquisizioni ultra-scientifiche dei teologi accademici, ma la necessità della teologia come pane quotidiano.
Un secondo aspetto per cui la formazione è decisiva, almeno al pari della direzione spirituale: i superiori possono e debbono aiutare i seminaristi a comprendere quale debba essere l’azione pastorale della chiesa in questo preciso contesto storico, quali sono le vie buone e quali quelle non percorribili. Sebbene sia il padre spirituale l’unico che può conoscere i segreti del cuore, gli altri superiori, invece, debbono illuminarli su cosa sia una parrocchia, cosa sia la catechesi, cosa sia la carità, cosa sia la laicità, quali i problemi dei giovani o delle famiglie. Essi debbono aiutare a leggere il tempo presente, le correnti di pensiero dominanti e come il Vangelo sappia discernere in esse l’azione di Dio da quella del nemico.
È bene che i diversi superiori di seminario siano veri pastori di laici, capaci di fornire indicazioni, come fanno i veri allenatori con la loro squadra, sulla “partita” che i seminaristi dovranno “giocare” una volta ordinati preti, quando si tratterà di accompagnare famiglie e bambini, intellettuali e poveri, lavoratori e giovani, alla fede, nella concretezza del contesto culturale nel quale si vive.