1/ AFRICA/ERITREA - Il governo chiude tutti gli ospedali cattolici 2/ 100 scrittori africani: «Più democrazia in Eritrea»
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1/ AFRICA/ERITREA - Il governo chiude tutti gli ospedali cattolici
Riprendiamo dal sito dell’Agenzia Fides un articolo a firma E.C. pubblicato il 15/6/2019. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. la sezione Nord-sud del mondo.
Il Centro culturale Gli scritti (23/6/2019)
Asmara (Agenzia Fides) - Il governo dell'Eritrea ha ordinato alla Chiesa cattolica di consegnare allo Stato tutti i centri sanitari gestiti dalla Chiesa. Come confermano fonti dell'Agenzia Fides in Eritrea, funzionari governativi si sono presentati nelle strutture cattoliche e hanno chiesto agli amministratori di firmare un documento che sancisce il passaggio di proprietà delle strutture.
Tuttavia, gli amministratori si sono rifiutati di firmare e hanno chiesto ai funzionari governativi di confrontarsi con le autorità cattoliche. I funzionari hanno allora chiuso i centri sanitari, sgomberandoli dal personale, impedendo di fatto di continuare a fornire assistenza medica a molti malati. Si tratta di un provvedimento che desta forte preoccupazione e sconcerto nelle comunità cattoliche locali e nella popolazione.
Una legge del 1995, mai entrata in vigore, prevedeva che tutte le strutture sociali (scuole, centri medici) fossero gestiti dall’autorità pubblica. Questa disposizione, a lungo rimasta sulla carta, ha però iniziato a essere applicata solo negli ultimi anni. Tra il 2017 e il 2018 sono state chiuse otto cliniche cattoliche. La maggior parte di esse - rivelano a Fides alcuni religiosi chiedendo l'anonimato per motivi di sicurezza - erano strutture che servivano zone remote del Paese.
A essere colpita è quindi la gente, soprattutto le persone più povere, come gli afar, popolazione nomade della Dancalia. Lo scorso anno sono stati privati dell’unico centro medico della regione gestito con coraggio e determinazione da alcune Suore Orsoline.
Alcuni osservatori interpretano la decisione di chiudere le strutture mediche come una sorta di ritorsione del regime nei confronti della Chiesa cattolica. Ad aprile scorso, i Vescovi cattolici, in una lettera pastorale, avevano chiesto "un processo di riconciliazione nazionale che garantisse giustizia sociale" per tutti. I prelati avevano chiesto, sulla scia dell’accordo di pace firmato con l’Etiopia, che il governo introducesse profonde riforme per aiutare la popolazione che è allo stremo dopo anni di rigida autarchia.
Queste parole non sono però state ben accolte dai vertici del regime. "Quella lettera - osservano le fonti di Fides - pur non nascondendo i problemi del Paese, apriva alla riconciliazione e al dialogo nazionale per superare insieme le difficoltà del Paese. Nelle parole dei Vescovi non c’era un intento critico, ma costruttivo. La Chiesa cattolica sta lavorando affinché non si producano lacerazioni. Probabilmente il regime ha interpretato la lettera come un attacco e ha reagito di conseguenza".
La Chiesa cattolica, nelle sue diverse articolazioni grazie alle congregazioni religiose, gestisce in Eritrea circa 40 tra ospedali, centri sanitari e dispensari, tutti a servizio della popolazione, senza alcuna distinzione di etnia o religione, che forniscono cure quasi sempre gratuite.
2/ 100 scrittori africani: «Più democrazia in Eritrea»
Riprendiamo dal sito AfricaRivista (https://www.africarivista.it/100-scrittori-piu-democrazia-in-eritrea/141841/) un articolo redazionale pubblicato il 12/6/2019. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. la sezione Nord-sud del mondo.
Il Centro culturale Gli scritti (23/6/2019)
Un gruppo di oltre 100 scrittori, intellettuali e attivisti africani ha scritto una lettera aperta al presidente dell’Eritrea Isaias Afewerki. Nella missiva lo si invita a «riportare» il suo Paese al suo «posto legittimo nella famiglia delle nazioni africane».
Gli autori, tra cui lo scrittore nigeriano e premio Nobel per la Letteratura (1986) Wole Soyinka, la scrittrice etiopica statunitense Maaza Mengiste e l’attivista anti-corruzione kenyota John Githongo, esprimono solidarietà al popolo eritreo, aggiungendo: «L’Eritrea è la società più chiusa del nostro continente».
Invitano il presidente a rilasciare, tra le altre cose, i giornalisti imprigionati. Nella lettera hanno anche detto: «Allo stesso modo, siamo scoraggiati dalla difficile situazione di molte migliaia di africani, compresi alcuni eritrei, che sono costretti a fuggire dai loro Paesi d’origine in cerca di una vita migliore per loro stessi e le loro famiglie».
Gli autori della lettera vogliono inviare una delegazione nella capitale, Asmara, per parlare con il presidente «così come con i cittadini comuni, inclusi giornalisti, scrittori e altre persone attualmente in prigione».
Uno dei firmatari, Rafael Marques, ha dichiarato alla Bbc che «era da tempo che noi africani, insieme, esprimessimo la nostra solidarietà a coloro che hanno bisogno di più nel continente. Siamo arrivati al punto in cui abbiamo deciso di agire».
Il governo eritreo non ha rilasciato nessuna dichiarazione in merito. Da anni l’Eritrea è una sorta di prigione a cielo aperto. Ogni dissenso è duramente represso. Non esistono partiti di opposizione. I media, fatta eccezione per quelli statali controllati dal regime, sono stati chiusi. Alle diverse religioni è impedito o fortemente limitata la possibilità di effettuare qualsiasi azione sociale sul territorio (scuole, ospedali, ambulatori, ecc.). Neanche la pace con l’Etiopia ha permesso si cambiare la situazione. Fatta eccezione per una maggiore libertà economica, la presa del regime è ancora forte su tutte le attività sociali.