Spaccare pietre, lavoro maledetto o vocazione per costruire qualcosa di grande? Una favola attribuita a Peguy, di Boris Cyrulnik
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Riprendiamo sul nostro sito un testo di Boris Cyrulnik in Le Nouvel Observateur, n° 1939, 9 janvier 2002, suggerito da fra’ Roberto Brunelli. Per approfondimenti, cfr. la sezione Lavoro e professione.
Il Centro culturale Gli scritti (5/5/2019)
Andando verso Chartres, Péguy vede a un lato della strada un uomo che spacca delle pietre colpendole con un grosso martello. Il suo viso esprime disprezzo e i suoi gesti sono pieni di rabbia. Péguy si ferma e chiede: "Signore cosa sta facendo?", "Non lo vede?" rispose l'uomo "non ho trovato altro che questa attività pesante e molto stupida".
Poco più avanti Péguy vede un altro uomo e anche lui di dedica a spaccare delle pietre, ma il suo viso è più sereno e i suoi gesti sono armonici. "Che sta facendo, signore?" Domandò Péguy. "Beh come può vedere, mi guadagno da vivere grazie a questa stancante attività, ma almeno ho il vantaggio di lavorare all'aria aperta" rispose l'uomo.
Ancora un po’ più lontano, un terzo spaccapietra appare invece radiante di felicità. Sorride mentre spacca e distrugge i massi mentre guarda serenamente le grosse lastre di pietra.
"Che cosa sta facendo?" dice Péguy.
"Io?" risponde sorridendo l'uomo... "costruisco una cattedrale!"
Da Boris Cyrulnik, Le Nouvel Observateur, n° 1939, 9 janvier 2002
Il y a une fable de Péguy que je trouve très belle: la fable des casseurs de cailloux. Charles Péguy va en pèlerinage à Chartres. Il voit un type fatigué, suant, qui casse des cailloux. Ils’approche de lui: «Qu’est-ce que vous faites, monsieur ? – Vous voyez bien, je casse les cailloux, c’est dur, j’ai mal au dos, j’ai soif, j’ai chaud. Je fais unsous-métier, je suis un sous-homme». Il continue et voit plus loin un autre homme qui casse les cailloux; lui n’a pas l’air mal. «Monsieur, qu’est-ce que vous faites? – Eh bien, je gagne ma vie. Je casse des cailloux, je n’ai pastrouvé d’autre métier pour nourrir ma famille, je suis bien content d’avoir celui-là». Péguy poursuit son chemin et s’approche d’un troisième casseur de cailloux, qui est souriant,radieux: «Moi, monsieur, dit-il, je bâtis une cathédrale». Le fait est le même, l’attribution du sens au fait est totalement différente. Et cette attribution du sens vient de notre propre histoire et de notre contexte social. Quand on a une cathédrale dans la tête, on ne casse pas les cailloux de la même manière.