Le madri surrogate debbono rinunciare all’autodeterminazione. Debbono mangiare ciò che decide la coppia che affitta il loro utero, debbono rinunciare a viaggiare se ciò viene richiesto, debbono firmare che non cambieranno idea prima della nascita, ma che si impegnano irrevocabilmente a cedere alla nascita il figlio. Per questo nessuno sceglie madri surrogate in Inghilterra dove tale clausola è vietata, e gli stessi inglesi preferiscono recarsi negli USA, come Elton John, per non correre il rischio che le madri surrogate cambino idea. Sintesi di un intervento di Monica Ricci Sargentini
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Pubblichiamo sul nostro sito alcuni appunti presi nel corso dell’intervento della giornalista del Corriere della Sera Monica Ricci Sargentini in occasione del convegno “Nascere da madre surrogata” tenutosi presso la LUMSA il 10/4/2019. Per approfondimenti, cfr. la sezione Famiglia e gender.
Il Centro culturale Gli scritti (22/4/2019)
«In TV non si entra mai nei dettagli dei contratti stipulati con le madri surrogate. Sono questi a mostrare come la maternità surrogata sia legale solo a parole, ma non nei vissuti reali delle persone stesse».
Monica Ricci Sargentini ha raccontato come la coppia che paga possa stabilire per contratto cosa potrà mangiare la madre surrogata nel corso della gravidanza e cosa non potrà mangiare: possono, ad esempio, prescriverle una dieta esclusivamente vegana. Oppure possono decidere per contratto che la madre surrogata non possa viaggiare per tutto il tempo della gravidanza.
È da particolari come questo che si vede come la surrogata non sia un atto d’amore, come non sia per niente una scelta di autodeterminazione, bensì un sottomettersi totalmente a determinazioni altrui per ragioni economiche.
Sono gli intermediari – la Ricci Sargentini si è finta donna sterile in cerca di una madre surrogata e si è rivolta agli emissari italiani delle ditte statunitensi – a rassicurare la coppia pagante, spiegando ad essa che ogni loro desiderio sarà accolto e che essi non avranno alcun problema con la madre surrogata che si sottometterà in tutto.
Nascondono alla coppia, ovviamente, che, se ci fosse un problema nel corso della gravidanza, i bambini nel grembo sarebbero abbandonati alla madre surrogata e che la coppia avrà il diritto di disinteressarsi di questo (ad esempio se l’ecografia rivelasse delle malformazioni sopravvenute all’impianto).
Nascondono che sono solo 18 paesi al mondo su 206 a permettere la surrogata, sbandierando falsamente che l’Italia sarebbe l’unico paese a rifiutarla.
È vero esattamente il contrario: la maggioranza schiacciante dei paesi del mondo vieta la maternità surrogata, Anzi, taluni Stati che la permettevano in passato, come l’India, hanno cambiato legislazione e ora nella penisola indiana non è più possibile.
Gli intermediari delle ditte che guadagnano col business della surrogata nascondono anche il fatto che in paesi come la Gran Bretagna fino all’ultimo giorno la madre surrogata può decidere di tenere il figlio per sé e di non darlo più alla coppia che l’aveva “ordinato”.
Con tale clausola la legge britannica riconosce il diritto all’autodeterminazione della madre surrogata. È per questo che quando un inglese si decide per la surrogata si rivolge alle agenzie degli Usa, dove invece il bambino non può essere mai e poi mai – a meno non sia “fallato” – restare alla madre che lo partorisce.
È ben per questo che Elton John – ha spiegato la Ricci Sargentini – ha scelto con il suo compagno una madre surrogata negli USA e non in Inghilterra, per essere sicuro della propria autodeterminazione, sottraendola alla madre surrogata.
In televisione si contrabbanda la stessa ipocrisia, senza mai riferire di questi dettagli decisivi, per evitare di mostrare come non vi sia autodeterminazione della madre surrogata, bensì il dominio degli interessi economici.
Per questo, per oscurare la stessa evidenza, mai viene fatta in televisione la domanda su quanto abbiano pagato le coppie e i singles per ottenere un utero in affitto per una maternità surrogata. Tali temi sono tabù, perché altrimenti emergerebbe subito lo sporco gioco economico che c’è sotto.
Una leggenda è anche quella del dialogo che resterebbe possibile fra la madre surrogata e la coppia che acquisterà l’utero e il bambino. La Ricci Sargentini ha ironizzato sulle dichiarazioni che esisterebbe una possibilità del bambino, secondo i difensori della surrogata, di mantenere i rapporti via skype con la madre partoriente. A parte l’anaffettività del dialogare con un figlio via skype, nel contratto è previsto esplicitamente, quasi sempre, che la madre surrogata non possa più avere rapporti con il figlio.
Le ditte che guadagnato sulle donne che affittano gli uteri affiancano le madri surrogate con psicologi: essi debbono, nel corso della gravidanza, ripetere loro incessantemente che non debbono attaccarsi emotivamente al bambino, perché quel figlio non è e non sarà loro figlio.
La Ricci Sargentini ha raccontato del caso di Kelly Martinez che dagli USA si è recata a Madrid cercando i figli che aveva generato come madre surrogata. Sperava che i genitori gli dicessero almeno che i bambini stavano bene. Invece niente.
La preparazione della madre surrogata all’estraneità nei confronti del figlio, per cercare di evitare un suo ripensamento, viene pre-impostato nella fase gestatoria, anche se, come nel caso della Martinez, talvolta non ha effetto, perché il senso della maternità non si può eliminare a piacimento. Mario Caballero, intermediario delle ditte che cercavano coppie italiane disposte alla surrogata, ha ammesso che è tipico nel trattamento della madre surrogata ricordarle continuamente: “Non è tuo figlio. È business”. Ricordarlo è necessario dopo il contratto, perché non è una autodeterminazione che viene da sé per altruismo.
Queste modalità contrattuali sono rintracciabili in tutti i relativamente pochi paesi che consentono la surrogata, non solo in quelli più poveri dove lo sfruttamento della donna è ancora più evidente, ma anche negli USA, come in Ucraina, come in Grecia.
Inoltre esistono tensioni continue, nel corso della gestazione, quando i genitori ti dicono: “Ma io volevo un maschio e una femmina, invece sono due femmine”. Oppure in caso di errore scoperto alla nascita perché si voleva un figlio bianco e, invece, è nato un mulatto o uno di carnagione diversa.
È così evidente che quando si afferma che le donne surrogate lo fanno gratis e per amore, si mente. Questo è evidente nella maggioranza dei casi, dove senza lauto pagamento, nessuna accetterebbe la surrogata, che è pericolsa e deprivante. Ma ciò è vero anche dove non si dà un pagamento in contanti, perché, se si va a scavare, alle donne che affittano l’utero vengono forniti benefit di vario tipo per nascondere lo stipendio per la cosa.
Dinanzi a chi dice che la surrogata si fa per amore, chi casca nell’inganno è come chi crede che gli asini volino. Quando – racconta la Ricci Sargentini – nel 2016 fece sul Corriere il servizio sulle ditte americane che si procacciavano con colloqui coppie italiane che volevano bambini in maniera surrogata negli USA, la Lorenzin mandò i NAS a investigare e gli intermediari delle multinazionali statunitensi lasciarono l’Italia. Ora – afferma - sono già tornati. Perché il business non si ferma.
La Ricci Sargentini conclude dichiarando che i suoi video sul business della surrogata non vengono fatti passare in TV, perché essa aprirebbe la mente all’opinione pubblica: si preferisce, invece, presentare solo le interviste a donne che dicono di essere felici della surrogata.
Infine – dichiara la giornalista – si fa credere che siano solo i cattolici a non volere la surrogata, per non scoperchiare la pentola e mostrare il business che c’è sotto e non confrontarsi mai con i molti non cattolici e con le femministe che sono contrarie alla surrogata come nuova modalità della violenza sulla donna e della sua cosificazione a “madre” da sfruttare.