La Chiesa nei media, di Fabio Bolzetta
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Riprendiamo da L’Osservatore Romano del 28/2/2019 un articolo di Fabio Bolzetta. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. la sezione Educazione e media.
Il Centro culturale Gli scritti (3/3/2019)
Come viene rappresentata la Chiesa nel dibattito pubblico? La stampa, in particolare, come sceglie di raccontare la religione e in quali circostanze? Un gruppo di ricercatori ha scandagliato gli articoli pubblicati sulla principale stampa italiana nel corso di un anno. Da marzo 2017 a febbraio 2018.
Cinque i quotidiani presi in considerazione, con uno sguardo laico, assieme ai rispettivi portali internet («Corriere della Sera», «la Repubblica», «La Stampa», «il Giornale», «Il Fatto quotidiano»). A essi, inoltre, sono state affiancate cinque testate di informazione pubblicate esclusivamente on line («Huffington Post», «Il Post», «Fanpage», «Linkiesta», «Giornalettismo»).
Il radar accademico è stato attivato presso il dipartimento di scienze politiche dell’Università degli studi di Perugia per intercettare le occasioni in cui l’informazione parla della Chiesa e citando quali figure. I primi risultati parziali qui pubblicati in anteprima, rispetto alle 75 testate nazionali e locali complessivamente studiate, verranno presentati, presso l’Ateneo fondato nel 1308, il prossimo 6 marzo 2019.
In Italia, su Chiesa e religione durante sei mesi, tra il 1° settembre 2017 e il 28 febbraio 2018, sui cinque quotidiani presi in considerazione sono stati pubblicati 6234 articoli, di cui 2624 sulla versione cartacea, 2817 sui relativi siti web, e solo 793 sulle testate on line. I temi più ripresi sono in ordine decrescente: immigrazione, povertà, bioetica, razzismo, scandalo degli abusi, questione mediorientale.
Dal periodo di riferimento e dal contesto informativo studiato, emerge l’idea di un giornalismo che privilegia il conflitto, in base alla regola secondo la quale bad news is good news, “una cattiva notizia è una buona notizia”, essendo in grado di attirare maggiormente l’attenzione del pubblico.
Per Rita Marchetti, docente di sociologia dei media digitali presso l’Università di Perugia che ha coordinato la ricerca: «la Chiesa che “passa” sulla stampa è quella che si occupa degli ultimi: immigrati, poveri e carcerati; e che si esprime su temi conflittuali nel dibattito pubblico, come ad esempio la difesa della vita, che polarizzano il confronto e su cui la politica è chiamata a prendere delle posizioni».
Dagli articoli analizzati alla Chiesa viene riconosciuta in termini di autorevolezza una leadership, in particolare su temi sociali, per aver consolidato una storia di impegno e prossimità accompagnata da uno sguardo attento fatto di pubblicazioni, studi e una concreta capacità di impegno sul territorio.
Un intervento che, sulla stampa analizzata, risulta meno riconosciuto si registra sul tema del lavoro. Nonostante, nel periodo preso in esame dall’indagine, si sia svolta a Cagliari, dal 26 al 29 ottobre 2017, la quarantottesima edizione delle Settimane sociali dedicata a «Il lavoro che vogliamo. Libero, creativo, partecipativo e solidale». Sullo stesso argomento è stato ampio lo spazio concesso ai casi Ilva e Whirpool che hanno polarizzato le posizioni e richiamato l’attenzione della cronaca.
È come se solo su determinati temi la Chiesa sia “legittimata” dai media a intervenire nel dibattito pubblico. E, di conseguenza, soltanto in quei casi la si vede riconosciuta voce.
Per don Ivan Maffeis, direttore dell’Ufficio per le comunicazioni sociali della Cei, tra i promotori della ricerca, «questi dati, da una parte, confermano una volta di più quanto sia vitale per la Chiesa dotarsi di “luoghi” attraverso i quali far sentire la propria voce; dall’altra, ci spingono a servire un’informazione di qualità, che racconti, faccia pensare, ricostruisca percorsi, appartenenza, comunità». Emerge inoltre una distinzione tra lo spazio alla religione riconosciuto nell’edizione cartacea e quello dedicato sul sito internet della stessa testata. È come se si modificassero i criteri di notiziabilità. Sul web filtrano maggiormente i contenuti di fede ai quali, conti alla mano, viene offerto maggiore spazio. Anche perché internet, nel contesto del fenomeno della disintermediazione, offre un luogo ampliato di dibattito in cui gli articoli pubblicati vengono poi ripresi e condivisi sui social media.
Il racconto della figura di Papa Francesco, i viaggi apostolici, il suo magistero e l’omelia mattutina pronunciata a casa Santa Marta, che verranno approfonditi successivamente in una seconda fase ad hoc della ricerca, trovano diversi momenti di attenzione nel mondo dell’informazione. Ma rispetto al passato, assieme ai vertici ecclesiastici, sempre più sacerdoti compaiono nei media.
Secondo il professore Paolo Mancini, docente ordinario di teorie e tecniche delle comunicazioni di massa presso l’Università di Perugia, «come per tutto l’agire sociale, anche i temi religiosi seguono i criteri più consolidati della notiziabilità. Ci si aspetta che la Chiesa intervenga sui campi che le sono propri. Mentre fa notizia ciò che infrange le attese precostituite come i conflitti interni o prese di posizione che possono entrare in contrasto. Sull’immigrazione, ad esempio, viene citata non soltanto sul tema della solidarietà ma quando propone interventi nel dibattito pubblico che magari si discostano da quelli politici».
I risultati della ricerca «Religione, media e spazio pubblico», condotta dal Dipartimento di scienze politiche dell’Università di Perugia, in collaborazione con l’Associazione Webmaster Cattolici Italiani (WeCa), l’Ufficio nazionale per le Comunicazioni sociali (Cei), SEED Edizioni Informatiche e h24.it, verranno presentati il 24 maggio 2019 anche a Washington nell’incontro su «Media and Religion» promosso dalla International Communication Association (Ica).