1/ La spada nella roccia. San Galgano, il cavaliere che prese decisioni irrevocabili, piantando la sua arma a forma di croce, di Andrea Lonardo 2/ Galgano, santo, di Roberta Mucciarelli
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1/ La spada nella roccia. San Galgano, il cavaliere che prese decisioni irrevocabili, piantando la sua arma a forma di croce, di Andrea Lonardo
Riprendiamo sul nostro sito un articolo di Andrea Lonardo. Per approfondimenti, cfr. la sezione Il basso medioevo.
Il Centro culturale Gli scritti (20/1/2019)
N.B. Il contenuto di tale articolo dipende dal racconto della vita di San Galgano fattomi da don Andrea Cavallini che ringrazio, anche se non è ovviamente responsabile di quanto scrivo.
Se molti dei particolari della storia di Galvano amplificati dalle successive leggende non sono affidabili, lo sono però i dati fondamentali della sua vicenda. Essi possono, infatti, essere analizzati a partire da quello che è ritenuto il primo processo di canonizzazione di cui si conoscano gli atti. Gli eventi fondamentali risultano così dai vari testimoni che raccontano di lui dinanzi ai delegati per verificarne la santità.
Ne risulta che Galvano, in un primo tempo, visse da cavaliere e si dedicò alle armi e alla carriera che apriva allora la via agli onori, vivendo, però, disordinatamente. Durante il suo vagabondare, quando il suo cavallo si rifiutò di procedere per due volte, capì che era il Signore a chiamarlo a fermarsi in quel luogo, a Montesiepi.
Comprese che era chiamato a farsi eremita: piantò allora la sua spada nella pietra perché divenisse il simbolo della croce. Quell’arma doveva ormai essere trasformata per lui nel segno della croce di Cristo, morto per i peccatori, dinanzi cui inginocchiarsi. Egli doveva ormai vivere in penitenza.
La spada, che non era più possibile estrarre dalla roccia, era per lui segno della irrevocabilità della chiamata divina e della conversione che essa richiedeva.
Galgano era ormai per sempre del Signore e per sempre eremita e dedito alla preghiera.
Il particolare della spada conficcata precede cronologicamente, nei racconti su Galgano, l’arrivo nella penisola dei racconti relativi alla Tavola Rotonda che raccontano di una diversa spada nella roccia che sarebbe stato possibile estrarre solo al candidato dal destino.
Si può, pertanto, ipotizzare un immaginario comune che portò sia Galgano sia gli autori dei racconti del Graal ad utilizzare lo stesso simbolo.
Ma, si deve notare, che nelle due tradizioni la spada conficcata nella roccia ha significati opposti.
Nei racconti cavallereschi di origine letteraria la spada è già “nella roccia” – meglio in un’incudine, dove è saldamente conficcata Excalibur – e colui che riuscirà ad estrarla dimostrerà così di essere il re voluto dal destino (e da Dio) per dare inizio alla corona d’Inghilterra. Infatti, una delle componenti dei racconti cavallereschi di Artù e della Tavola Rotonda è certamente quella di costruire un motivo fondativo alla monarchia delle isole britanniche, creando un capostipite esemplare alla maniera di quello che fu invece storico per i franchi: Carlo Magno.
Galgano invece è famoso non per aver estratto la spada come Artù, bensì per averla conficcata. Lì inizia la nobile storia di un regno, qui, invece, termina la vicenda di un cavaliere e, come segno di una conversione alla fede cristiana, l’arma viene conficcato nella pietra per non essere più maneggiata e anzi divenire una croce dinanzi alla quale pregare a sconto dei peccati commessi combattendo.
Galgano rinuncia alla vita cavalleresca e la spada conficcata e eretta come croce indica la definitività dell’abbandono degli onori militari per un’oblazione perenna di sé ad una vita di preghiera – si noti peraltro che il periodo storico è lo stesso di Francesco d’Assisi e di Valdo.
A Galgano si unirono poi, via via, diversi altri eremiti, conquistati dalla sua testimonianza. Più tardi il gruppo dei discepoli passò ad una vita cenobitica e, infine, si giunse alla costruzione dell’abbazia di San Galgano più in basso rispetto a Monte Siepi dove è invece ancora la rotonda con la roccia che ha al centro la spada conficcata – spada che peraltro è risultata essere una vera arma del XII secolo.
Dopo diversi secoli il monastero entrò in decadenza, finché, nell’anno della rivoluzione francese, il campanile crollò sul tetto della chiesa abbaziale riducendola allo stato attuale.
Una volta senza più monaci, l’abbazia venne dimenticata per tornare famosa, in tempi più recenti, proprio a motivo del suo stato di abbandono, singolare per l’Italia – ma non per regioni dove la riforma protestante condusse all’abbattimento di tutte le abbazie, come l’Inghilterra e ancor più la Scozia, motivo per il quale in quelle regione è assolutamente frequente, a differenza del nostro Paese, il caso di abbazie rimaste scoperchiate e abbandonate fino ad oggi (cfr. su questo 1/ John Knox, il riformatore protestante della Scozia che distrusse tutte le cattedrali e le abbazie scozzesi 2/ L'oblio di tale storia nei Musei, nei libri scientifici e nelle Guide turistiche della Scozia 3/ Enrico VIII e le prime distruzioni di abbazie in Scozia, quindici anni prima delle devastazioni di John Knox 4/ Alcuni punti problematici della Riforma protestante di John Knox. Appunti di Andrea Lonardo).
2/ Galgano, santo, di Roberta Mucciarelli
Riprendiamo sul nostro sito la voce Galgano, santo, di Roberta Mucciarelli dal Dizionario Biografico degli Italiani, Treccani, Volume 51 (1998), disponibile on-line. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. la sezione Il basso medioevo.
Il Centro culturale Gli scritti (20/1/2019)
Figlio di Guidotto e Dionisia, membri della piccola aristocrazia, nacque a Chiusdino, un castello dell'alta Val di Merse a circa 30 km da Siena, in territorio appartenente alla diocesi di Volterra. Nessuna tra le fonti più antiche indica con esattezza la data della sua nascita, che dovrebbe collocarsi intorno alla metà del sec. XII; mentre alcuni biografi più tardi, primo fra tutti G. Lombardelli nel sec. XVI, ne fissarono il termine al 1148.
La fonte più antica della vita di G. è costituita da un'indagine condotta da tre delegati papali svoltasi, secondo quanto ha stabilito F. Schneider che ne ha curato l'edizione, nell'agosto 1185. Si tratta di una vera e propria inquisitio in partibus avente lo scopo di raccogliere tutti gli elementi utili per la canonizzazione di G., dove compare, fra i testimoni, sua madre, Dionisia. Questo testo, che ci è giunto nella trascrizione dell'originale fatta dallo storico senese S. Tizio nel sec. XVI, rappresenta uno dei più antichi processi di canonizzazione di cui si conoscano gli atti e contiene quasi tutti i dati sulla vita di G. presenti nelle successive fonti agiografiche. Fra queste ricordiamo la Vita s. Galgani di Rodolfo Pisano, monaco cistercense di Montesiepi, l'anonima Vita b. Galgani, redatta da un agostiniano tra il 1326 e il 1342, e ancora una Legenda s. Galgani confexoris, opera del monaco vallombrosano Blasius (sec. XIV) nonché una Leggenda di s. Galgano confessore, redatta in volgare sempre nel Trecento.
Le notizie sulla giovinezza di G. sono rare, ma quasi tutte concordano nel fornire un'immagine negativa: l'anonimo agostiniano per esempio, pur sottolineando le origini nobili del giovane, parla di un adolescente troppo coinvolto nelle cose del mondo e sommamente aggressivo; anche il monaco cistercense ritrae G. come un ragazzo traviato. Questi giudizi, che devono attribuirsi essenzialmente all'osservanza di certi schemi narrativi caratteristici dell'agiografia, furono ripresi anche dagli storici dei secoli successivi.
Nella deposizione resa ai delegati papali la madre non accenna al traviamento giovanile del figlio; l'unico ricordo relativo alla fanciullezza di G. riguarda la morte del padre, in occasione della quale il ragazzo, adolescente, sognò di essere consegnato dalla madre all'arcangelo Michele.
È questa la prima esperienza onirica di G., riproposta anche dalle fonti successive che legano la figura di Guidotto con quella dell'arcangelo, facendo affermare alla vedova che nel passato il marito aveva avuto una speciale devozione per s. Michele. Tale devozione per l'arcangelo nella cui figura si sommavano le caratteristiche di psicagogo e di principe delle milizie angeliche era tipica in certi ambienti in cui era familiare l'esercizio delle armi, a conferma dell'appartenenza dei genitori di G. a quella piccola e media aristocrazia di tradizione militare. Sempre secondo la testimonianza materna, la scelta eremitica di G. sarebbe da connettersi a successive visioni manifestatesi nel sonno, dove G. sarebbe stato invitato a costruire una piccola sede a imitazione della domus apostolorum.
Nel dicembre 1180 G. avrebbe infine scelto fra le radure desolate di Montesiepi il luogo dove insediare il suo romitorio, e a suggello della sua conversione di vita avrebbe piantato la sua spada a mo' di croce per terra. Da questo momento ebbe inizio la vita solitaria di G., durata, a detta dei biografi, poco meno di un anno, nel corso della quale il giovane, secondo le deposizioni rese da alcuni testimoni ai rappresentanti del pontefice, fu visto spesso digiunare duramente, dormire per terra e nutrirsi di erba cruda. La miracolosa conversione e la notorietà dell'eremita richiamarono ben presto a Montesiepi la gente dei dintorni, attirata soprattutto dalla spada che nessuno riusciva a estrarre dal luogo in cui era confitta.
Tutte le fonti riferiscono, anche se in modo differente, l'episodio di un viaggio a Roma di Galgano. Mentre la madre nel corso del processo riferisce semplicemente tale avvenimento senza fornire altri particolari e l'autore della Leggenda di s. Galgano concorda con l'anonimo agostiniano nell'attribuire a esso il carattere di pellegrinaggio, l'anonimo cistercense offre invece una diversa versione, collegando la partenza dell'eremita alla volontà di presentare al papa Alessandro III certe non meglio specificate richieste, che lasciano presupporre l'intenzione di G. di ottenere un riconoscimento ufficiale della sua esperienza e l'autorizzazione a fondare una chiesa. Come rilevato dal Susi (1993), indipendentemente dalle intenzioni di G., è certo che se l'incontro avvenne non dovette svolgersi a Roma, abbandonata dal pontefice già nel 1179, molto tempo prima che avesse inizio l'esperienza eremitica di Galgano. Strettamente legato a questo episodio è quello, altrettanto controverso, dell'incursione da parte di alcuni invidiosi alla cella del santo durante il suo viaggio romano. La madre di G. racconta il fatto non specificando l'identità degli uomini "invidie facibus agitati". Altre fonti arricchiscono invece l'episodio di ulteriori particolari: il monaco Blasius racconta infatti che i tre, dopo aver commesso l'atto, furono inghiottiti dalle acque di un fiume, e l'anonimo compositore della trecentesca Leggenda attribuisce l'episodio dell'annegamento a uno solo degli assalitori e riserva agli altri due una sorte differente, facendo soccombere il primo fulminato e salvando il terzo che assalito da un lupo trovò scampo grazie all'aiuto invocato a Galgano.
Proprio questa lettura della vicenda ebbe una propria fortuna iconografica perché tale fu rappresentata nel corso del XV secolo dal pittore senese Giovanni di Paolo in una predella oggi conservata nella Pinacoteca comunale di Siena, nella quale i tre invidiosi vengono identificati con tre religiosi; l'agiografo Lombardelli che ricorda anch'egli l'episodio indica esplicitamente nel pievano di Chiusdino, nell'abate di S. Maria di Serena (sita nei pressi del paese natale di G.) e in un converso dello stesso cenobio i devastatori accesi dal rancore per la notorietà dell'eremita a scapito delle loro chiese.
Gli altri dati che le fonti forniscono sulla vita di G. si riducono a pochi elementi. L'anonimo cistercense accenna ai rapporti che egli ebbe con l'insediamento eremitico di s. Guglielmo di Malavalle: le riserve che il suo Ordine nutriva riguardo alle esperienze ascetiche lo spinsero infatti a presentare l'immagine di G. come legato a una comunità di religiosi.
Soltanto due sarebbero, secondo le testimonianze dell'inquisitio, i miracoli compiuti in vita: la moltiplicazione dei tre pani che G. aveva dato a Giovanni di Chiusdino perché li distribuisse ai poveri e che diventarono, nel giro di una notte, sei e la guarigione di una fanciulla "habens manus contractas" (Schneider, p. 76).
G. morì con ogni probabilità il 30 nov. 1181 a Montesiepi, quando la sua fama si era già diffusa oltre gli angusti confini di questo piccolo centro.
Dalle deposizioni rese nel corso dell'inquisitio emerge la figura di un guaritore, di un liberatore di prigionieri e infine di un preveggente: una fama che si diffuse ben presto in zone relativamente distanti dal suo eremo, richiamando una moltitudine di persone. La diffusione del culto di G. indusse i "consocii beati Galgani", che raccolsero l'eredità dell'eremita insediandosi all'indomani della sua morte a Montesiepi, a chiedere la canonizzazione del loro padre fondatore, avvenuta con tutta probabilità nel 1185 a opera di Lucio III, nel quinto anno del suo pontificato.
La piccola comunità di Montesiepi conobbe in seguito profondi travagli e l'eredità spirituale di G. divenne patrimonio comune dell'Ordine cistercense - che eresse intorno al 1220 l'abbazia ancora nota ai giorni nostri per le splendide rovine - e dell'Ordine agostiniano dove confluirono nella seconda metà del XIII sec. le diverse comunità eremitiche dedicate a G., sorte in vari luoghi della Toscana.
Fonti e Bibl.: Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Plut. 20.6, cc. 10r-21r: Blasius, Legenda s. Galgani confexoris; "Legenda sancti Galgani confexoris" edita a fratre Rollando Pisano, in E. Baluze - G.D. Mansi, Miscellanea…, IV, Lucae 1764, pp. 74 s.; Analecta hymnica Medii Aevi, a cura di C.L. Blumme - H.M. Bannister - C.M. Dreves, XXII, Leipzig 1895, pp. 103 s.; XXIV, ibid. 1896, pp. 210-222; P.F. Kehr, Italia pontificia, III, Berolini 1908, p. 300; F. Schneider, Der Einsiedler Galgan von Chiusdino und die Anfänge von S. Galgano, in Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken, XVII (1914-24), pp. 71-77; Leggenda di s. G. confessore, a cura di F. Cardini, in F. Cardini, S. G. e la spada nella roccia, Siena 1982, pp. 101-111; E. Susi, "La Vita b. Galgani" del codice Laurenziano Plut. 90, sup. 48, in Benedictina, XXX (1992), pp. 331-340; Vita s. Galgani, in E. Susi, L'eremita cortese. S. G. fra mito e storia nell'agiografia toscana del XII secolo, Spoleto 1993, pp. 105-213; G. Lombardelli, Vita del gloriosissimo s. Galgano…, Siena 1577; A. Carezzano, Vita e miracoli di s. G. confessore dell'Ordine eremitano di s. Agostino…, Pisa 1614; S. Razzi, Vite de' santi e beati toscani…, Firenze 1627, pp. 216-232; G. Tommasi, Dell'historie di Siena, Venetia 1627, pp. 162-167; A. Libanori, Vita del glorioso s. G., eremita cistercense, Siena 1645; G.B. Cenni, Relatione della general processione fatta in Siena nella domenica in albis 1649 il dì 11 aprile nella quale con solenne pompa fu portata l'insigne reliquia della sacra testa di s. G. Guidotti di Chiusdino, Siena 1649; G. Del Frate, Vita di s. G. eremita cistercense, Siena 1665; L. Torelli, Vita del glorioso s. G., eremita agostiniano, in Id., Secoli agostiniani, IV, Bologna 1675, pp. 90-99; D.G. Colucci, Ristretto della vita, virtù e miracoli del glorioso s. G. Guidotti di Chiusdino, Siena 1764; P. Rossi, Breve compendio della vita di s. G. di Chiusdino, Siena 1780; L. Feroni, Compendio della vita di s. G., Firenze 1835; P. Gardini, Cenni della vita di s. G. Guidotti, eremita, Bologna 1870; G. Rondoni, Tradizioni popolari e leggende di un Comune medievale e del suo contado. Siena e l'antico contado senese, Firenze 1886, pp. 110-116; C. Enlart, L'abbaye de S. Galgano près Sienne au XIIIe siècle, in Mélanges d'archéologie et d'histoire, XI (1891), pp. 201-240; G.S. Costantini, Vita di s. G., Chiusdino 1914; P. Misciattelli, Mistici senesi, Siena 1913, pp. 58-62; G. Kaftal, Saints in Italian art. Iconography of the saints in Tuscan painting, Firenze 1952, pp. 423-434; R. Arbesmann, The three earliest "Vitae" of st. Galganus, in Didascalies. Studies in honour of Anselm M. Albareda, New York 1961, pp. 3-37; E. Bassi, L'abbazia di S. Galgano in Val di Merse, Siena 1975, pp. 6-9; E. Susi, Per una rilettura della storia di S. Galgano, in Benedectina, XXXVII (1990), pp. 25-47; Bibliotheca sanctorum, VI, coll. 1-8.