La Madonna in attesa del Parto: Piero della Francesca e gli altri. Appunti da un articolo di Ermes Ronchi, di Andrea Lonardo
- Tag usati: ermes_ronchi, madonna_parto, piero_della_francesca, scritti_andrea_lonardo
- Segnala questo articolo:
Le brevi note che seguono sono appunti presi su di un articolo di Ermes Ronchi, dal titolo Iconografia della Madonna del parto in AA. VV., La Madonna nell’attesa del parto. Capolavori del patrimonio italiano del ‘300 e ‘400, Libri Scheiwiller. Rimandiamo ad esso per una trattazione esauriente della quale queste righe vogliono solo essere un promemoria. Il testo era già presente sul sito in una precedente formattazione. Per ulteriori testi, cfr. la sezione Arte e fede.
Il Centro culturale Gli scritti (23/12/2018)
Un aspetto del contesto prossimo che possiamo ricordare, per considerare la fioritura di immagini della Madonna in attesa del Parto nell’Italia del ‘300 e ‘400 è la grande peste degli anni 1347-1351. La donna sempre sa che, nella maternità, qualcosa la trascende. Ma questo si accentua ancor più quando la vita stessa di ognuno è in pericolo, come nei tempi delle grandi epidemie.
L’iconografia mariano si è cimentata con il problema di manifestare la divinità del Figlio. Così, in Oriente, la Platytera bizantina (“più vasta”, “più vasta dei cieli”) ha espresso la consapevolezza che quel Figlio rendeva il seno di Maria vasto quanto l’infinità di Dio, ben più dei cieli creati, come dice un antico inno di un papiro del VI secolo d.C.:
Ave, madre di Dio, pura di Israele.
Ave, o tu il cui seno è più vasto dei cieli.
Ave, o santa, o trono celeste.
In Occidente, l’aspetto della Divina Maternità è stato espresso tramite l’iconografia della Visitazione o tramite i “dubbi” di Giuseppe che, in disparte, medita nella coscienza di non essere il padre di quel Bambino.
L’iconografia della Madonna del parto risponde, invece, ad una sottolineatura dell’Incarnazione, come annuncia la lettera ai Galati: è vera carne, è nato da donna (Gal 4,4).
È conosciuta anche una festa liturgica “In expectatione partus”, ma essa è stata celebrata solo regionalmente.
Premettiamo subito che non si tratta minimamente di immagini paragonabili a quelle delle dee madri: qui Maria non è una divinità essa stessa, ma semplicemente è una donna, è una “serva”, per quanto sia la Madre di Dio.
Nei due secoli che consideriamo, vari aspetti di questa riflessione pittorica sull’umanità materna di Maria si presentano ai nostri occhi.
Incontriamo innanzitutto, frequentemente, l’immagine di Maria lactans, “Maria che allatta”, al punto che questa rappresentazione sopravanza quella di Maria in Maestà.
Troviamo, poi, le Madonne dell’Umiltà, sedute non su di un trono, ma su di un prato. Viene così rappresentata l’umiltà, la bellezza della meno estetica delle virtù.
Vediamo ancora la Madonna della misericordia, con ampio mantello, con il quale protegge, coprendo, coloro che a lei si affidano o, ancor più, coloro che sono a lei affidati.
In Germania si afferma la Madonna in pietà (che sottolinea ancora l’ “umanità” di quel Figlio), la “Vesperbild”, con il Figlio morto, disteso sulle sue ginocchia.
Arriviamo così alla Madonna del Parto. Potremmo dire che un triplice problema si poneva a colui che voleva rappresentare l’evento dell’Incarnazione.
-Innanzitutto come mostrare l’evento storico ed, insieme, teologico.
-In secondo luogo come rappresentare la Madonna isolata, poiché mai nel vangelo Maria è sola.
-Infine come fare della gravidanza il punto focale.
Contemplando la Madonna del Parto di Piero della Francesca ci troviamo dinanzi alla gravidanza come stato di perfezione, non di pudore. Il ventre è rigonfio. Maria è incinta (cioè senza cinta). La cinta si toglie, per la gravidanza.
Spesso appare il Libro, la Scrittura. Quel Bambino è la nuova Incarnazione, dopo la Bibbia. Oppure troviamo il Libro con l’esplicita indicazione del Magnificat.
La posizione è, preferibilmente, di ¾ per mostrare meglio il rigonfiamento. La Madonna è caratterizzata da 2 atteggiamenti: tende la mano al fedele, ascoltando la preghiera, oppure è assorta in contemplazione del Verbum infans, come dice l’antico verso “Verbi silentis muta mater”, “Madre muta del Verbo silenzioso”.
Le mani sono simili a quelle di una Venere classica, pudica, che si copre. Oppure sporgono a creare collegamento. O ancora stringono il mantello sul ventre ad esprimere lo stupore. Oppure sono abbandonate per la spossatezza. Possono anche indicare, coprire o sostenere il ventre.
Talvolta regge il Libro e lo presenta come fosse già il Bambino. Altre volte tiene il Libro e lo medita.
La luce ha, sempre, grandissima importanza.
Infine, è da sfatare la leggenda che queste immagini siano state censurate dal Concilio di Trento. È vero piuttosto il contrario: questa rappresentazione della Maternità di Maria si espande. Sarebbe assurdo che venisse ripudiata questa immagine. Questo avviene solo per quel tipo di sculture raffiguranti Maria che si apre come un tabernacolo che, all’interno, contiene la raffigurazione della Trinità. Solo questo tipo di rappresentazione sarà abbandonata.
Eredi, invece, dell’iconografia della Madonna del Parto saranno sia le immagini dell’Immacolata Concezione (con i segni di maternità) sia le immagini della Madonna della Misericordia.
Lorenzo Lotto, Visitazione, Storie
di Maria, Chiesa di San Michele
al Pozzo Bianco, Bergamo, 1525