Mangia e fuggi, di Giampaolo Nicolais
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Riprendiamo dal profilo FB di Giampaolo Nicolais un post pubblicato il 4/12/2015. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. la sezione Università.
Il Centro culturale Gli scritti (6/1/2019)
Aspetto che entrino i laureandi. Assieme a colleghi che tra qualche minuto li ascolteranno annoiati compulsando il loro ipad, storceranno la bocca per le cotonature eccessive e le cravatte un po' improbabili di genitori emozionati, chiederanno al presidente di commissione di accelerare i tempi delle discussioni perché sennò quando finiamo.
Uno dice che per il ponte andrà in tal posto. L'altro si anima: "e allora devi assolutamente andare a mangiare da x... che poi lì ci sarebbero pure y e z, ma lo chef di x è amico mio... appena arrivi telefonami, che lo chiamo e ti faccio preparare quella cosa che prepara solo a noi..." Uno accanto a me - mimesi, fin nella montatura degli occhiali e nella postura (?) depressa, di quel tipo di psicoanalista nuiorchese che vedi nei film di woody allen (e con una di quelle giacche sartoriali ma apparentemente casual che castellitto sfoggia in In Treatment) - illuminandosi d'un tratto, gli occhi sognanti e liquidi, chiede e quasi implora "dove? Dove?".
Quello in partenza sembra abbia vinto la lotteria, che ponte meraviglioso sarà! A quello che mangia bene e bene indirizza, pare gli fiorisca di brillantezza quella sinfonia di colori pastello sapientemente accostati che ha indosso, sciarpa etnica e bottoni giallo ocra compresi. L'analista di manhattan in trasferta capisce che per lui non c'è posto, non c'è bagliore sia pur piccolo che lo riscaldi, è arrivato fuori tempo, di poco, ma è così. Gli altri due - l'uno dal versante della sua gratitudine, l' altro da quello della sua potenza munifica - si scambiano sorrisi di compiacimento reciproco.
Un paio di minuti, forse meno. Tanto è bastato per elevarsi di un'estasi rapidissima, confermarsi nella reciproca appartenenza - sì, anche dell'altro, che ora langue pensoso al margine estremo della commissione come un orfanello - all'élite culturale del mangia e fuggi, metafora mica tanto ardita del disimpegno gourmet del nostro tempo.
Intanto i laureandi hanno preso posto. I parenti pure. E tante sono davvero le cotonature e le cravatte bislacche. Ma le emozioni, no, sono quelle giuste e perfettamente sintoniche: ansia, orgoglio, commozione. Molti immaginano che stia per iniziare ciò che non avverrà: una celebrazione dell'impegno.