Non vedi il rinascimento culturale africano? Peggio per te, di Martino Ghielmi
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Riprendiamo dal sito Vado in Africa un articolo di Martino Ghielmi pubblicato il 14/12/2018. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. la sezione Nord-sud del mondo.
Il Centro culturale Gli scritti (16/12/2018)
ONE SOURCE LIVE (Sud Africa)
Che ti piaccia o meno, la creatività africana sta invadendo il mondo.
Dovessi scegliere un aggettivo per definire gli effetti del rinascimento culturale in un continente popolato da 850 milioni di under 30 direi:
IMPRESSIONANTE
Da sempre fucina creativa globale, fonte d’ispirazione (e saccheggio) per artisti di ogni provenienza, l’Africa ha iniziato una traiettoria che la porterà al centro della produzione culturale di questo secolo.
Grazie al potere disintermediante di Internet, emergono giovani leader culturali africani ambiziosi e in grado di raggiungere audience globali.
Se non li vedi, semplicemente stai perdendoti i trend del futuro prossimo.
Non ci credi?
Proverò a farti cambiare idea con qualche esempio.
Nollywood & Afrobeats
Quindici anni fa parlare di industria cinematografica nigeriana era un controsenso. Si trattava di pochi, squattrinati, registi avvolti dal più totale anonimato.
Oggi Nollywood è la terza potenza mondiale del cinema (dopo Hollywood e l’indiana Bollywood) e vale oltre il 2% del PIL della più grande economia africana.
Stessa sorte è successa, sempre partendo dalla ribollente Lagos, con l’Afrobeats. Un vero genere musicale innovativo, mix di Rap, Reggae, R&B, che ha iniziato a mietere successi internazionali nel 2012, quando “Oliver Twist” di D’banj è entrata nella top 10 inglese.
Oggi a Londra si aprono radio e club dedicati, mentre star come Davido e Wizkid radunano 10-20mila spettatori ovunque vadano nel mondo.
Nollywood e Afrobeats hanno raggiunto un successo inimmaginabile nonostante l’assenza di qualsiasi sostegno governativo o internazionale.
Oggi sono un collante per centinaia di milioni di giovani fans che sognano di emularli. Quali sono i creativi africani ancora sconosciuti che emergeranno nei prossimi anni?
Difficile dirlo, ma è facile immaginare un processo esponenziale di rinascimento culturale, non privo di rischi per un’Europa che avanza sentendosi ancora il centro del mondo (hai presente la gaffe di Dolce & Gabbana in Cina? Eh eh…)
Decolonizzazione dei canoni di bellezza
Grazie al web, una nuova generazione di storyteller africani sta cambiando la narrativa raccontando storie positive sul continente e instillando un senso di orgoglio nei giovani.
L’estetica africana sta raggiungendo il palcoscenico globale grazie a un numero crescente di stilisti africani. E sempre più celebrità internazionali (da Beyoncé a Rihanna, da Gwen Steffani a Michelle Obama) scelgono capi di ispirazione africana.
Rihanna con un capo dell’italo-haitiana
Stella Jean (ph: Womenfashionista.com)
Ai quattro angoli del continente, e nell’universo delle diaspore, sempre più ragazze sono fiere della propria identità afro. Abbandonano parrucche, extension e lisciamenti per prendersi cura dei propri capelli al naturale, in stile Nappy (Natural Happy).
(ph: Afro Fashion Week Milano)
In Ghana e in Rwanda sono invece stati messi al bando i prodotti sbiancanti, tanto dannosi per la salute quanto ambiti da chi desidera “occidentalizzare” il proprio aspetto.
Il percorso è irto di ostacoli, ma è ormai tracciato. Un miliardo e passa di africani stanno diventando ogni giorno più orgogliosi dei propri canoni di bellezza.
Recupero del patrimonio artistico africano
Una momento simbolico del rinascimento culturale in corso è stato il 6 dicembre quando, a Dakar, è stato inaugurato il “Musée des civilisations noires”, tra i più grandi spazi culturali dedicati al contributo dei popoli di origine africana nel mondo.
Un’idea del primo presidente del Senegal Leopold Sedar Senghor, divenuta realtà grazie al sostegno (35 milioni di $) di una Cina tanto attiva in Africa quanto attenta a presentarsi come partner rispettoso delle culture di cui è ospite.
Il museo delle civiltà nere
aperto a Dakar (ph. AFP)
La forma circolare è ispirata a Great Zimbabwe, città fortificata medioevale, vestigia di un’Africa precoloniale a lungo derubricata dalla storiografia europea come “senza storia”.
Il museo segue la scia del pensiero di Cheikh Anta Diop, figura centrale per smontare l’impianto eurocentrico della storiografia sul continente. Celebra il contributo africano alla storia del mondo includendo aperture verso un futuro di tecnologia made in Africa.
Proprio in questo clima di forte discontinuità, il ministro della cultura senegalese Abdou Latif Coulibaly ha annunciato che chiederà alla Francia:
tutte le opere d’arte identificate come appartenenti al Senegal. Siamo disposti a trovare soluzioni, dalla restituzione al prestito. Ma se avremo identificato diecimila opere, chiederemo che ne tornino indietro diecimila.
Tra gli artisti esposti il celebre maliano Abdoulaye Konaté che realizza “sculture tessili” e lo scultore haitiano Edouard Duval-Carrié, autore per l’occasione di un baobab in argilla alto 12 metri.
Abdoulaye Konaté (ph. MCC)
Il fenomeno della riappropriazione del patrimonio artistico non si limita all’Africa Occidentale francofona.
Tra Nigeria e Regno Unito si parla del ritorno, seppur sotto forma di prestito, dei celebri Bronzi di Benin sottratti nel 1897. In Kenya si sta lavorando ad una mappatura dei propri cimeli artistici e culturali dispersi nel mondo, finanziata dalla Germania, in vista di chiederne la restituzione.
Insomma, se oggi il 90% di patrimonio artistico africano è fuori dal continente questo assetto pare destinato presto a modificarsi.
Meno alienazione, più ricchezza
Riappropriandosi delle proprie radici culturali, le popolazioni africane avranno maggiori possibilità di rileggere la modernità in senso meno esterofilo di quanto operato in passato.
Il continente potrà distaccarsi, almeno in parte, da quel “discorso sullo sviluppo” che, come sostiene il filosofo-economista Felwine Sarr:
altro non è che nuova espressione della “missione civilizzatrice” di un tempo.
In Nigeria è stato avviato il primo esperimento di insegnare le scienze in lingua Yoruba e si è giunti a creare una piattaforma per programmare software nello stessa idioma.
Ti pare folklore?
Un rapido sguardo a Est (Cina e India), dovrebbe farti capire che non lo è affatto.
La produzione di elementi immateriali (pensiero e valori), è una scintilla capace di innescare un processo in grado di produrre ricchezza: una rivoluzione imprenditoriale (produzione di beni e servizi) in mercati locali peraltro ancora tutti da costruire.
Bankole Cardoso, 26 anni, fondatore di
EasyTaxi (ph Reuters/Akintunde Akinleye)
L’idea di lanciare il proprio business è diventata una priorità per decine di milioni di giovani africani (non solo nei contesti anglofoni) che ne hanno capito i vantaggi in termini di indipendenza, soddisfazione personale e benessere finanziario.
I frutti sono tangibili e si misurano con l’aumento della ricchezza privata, in costante crescita nel continente con stime di un +34% nei prossimi dieci anni.
Una classe media africana creativo-imprenditoriale e quindi meno “compradora” (attenta cioè solo a fare shopping a Londra e Parigi con i frutti di rendite pubbliche e privilegi – com’è stato finora in molti contesti) sarà la leva per promuovere l’eredità culturale africana, farne conoscere le sue lingue e la varietà dei suoi cibi in ogni angolo del globo.
Questo aprirà nuove tendenze e opportunità.
Chi lo capisce per tempo si adegua. Gli altri, come ad ogni giro di boa della storia, potranno solo inseguire.
Se ti interessa approfondire ti aspettiamo nella community FB di Vadoinafrica!
PICCOLA APPENDICE DE GLI SCRITTI:
Sullo stesso tema, vedi anche il video Why Are We Blind To Africa?! appartenente alla serie NAS Daily del travel video blogger Nuseir Yassin, un palestinese cittadino israeliano: