1/ L’avvocato di Asia Bibi fugge dal Pakistan, per timore di perdere la vita. Pur avendo ricevuto minacce di morte, non gli è stata accordata nessuna sicurezza. Il governo è sceso a patti con i radicali islamici, permettendo loro di sfidare e rivedere la sentenza di liberazione per Asia Bibi 2/ Asia Bibi. La rabbia dei fondamentalisti frena l'espatrio dopo l'assoluzione. Sembra allontanarsi una soluzione definitiva che consenta alla donna cristiana perseguitata per anni di raggiungere la famiglia in un Paese straniero. Costretto alla fuga anche l'avvocato minacciato, di Stefano Vecchia
1/ L’avvocato di Asia Bibi fugge dal Pakistan, per timore di perdere la vita. Pur avendo ricevuto minacce di morte, non gli è stata accordata nessuna sicurezza. Il governo è sceso a patti con i radicali islamici, permettendo loro di sfidare e rivedere la sentenza di liberazione per Asia Bibi
Riprendiamo dall’agenzia di stampa Asianews del 3/11/2018 un articolo redazionale. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. le sezioni L'Islam odierno e La libertà religiosa e la persecuzione delle minoranze.
Il Centro culturale Gli scritti (4/11/2018)
Proteste in Pakistan dei fondamentalisti
islamici contro l'assoluzione di Asia Bibi
Islamabad (AsiaNews) – L’avocato che ha difeso Asia Bibi e l’ha salvata dall’impiccagione per blasfemia, ha lasciato stamane il suo Paese, temendo per la sua stessa vita, dopo le minacce di morte da parte dei radicali islamici.
Saif-ul-Muluk, 60 anni, è riuscito a far radunare la Corte suprema per decretare l’assoluzione dal reato di blasfemia della donna, che ha passato più di otto anni in prigione. Ma dal giorno della pubblicazione della sentenza, gruppi legati al Tehreek-e-Labbaik Pakistan (TLP), un partito islamista, hanno paralizzato molte città del Paese con manifestazioni, blocchi delle strade e minacce.
Per mettere fine ai disordini il governo è sceso a patti ieri sera con il gruppo, vietando ad Asia Bibi di lasciare il Paese, accettando una revisione della sentenza, liberando tutti i dimostranti che erano stati arrestati nei giorni precedenti.
All’Afp, Saif-ul-Muluk ha dichiarato che “nello scenario attuale non è possibile vivere in Pakistan. Ho bisogno di restare in vita per proseguire la battaglia giudiziaria per Asia Bibi”. Pur avendo ricevuto minacce di morte, all’avvocato non è stata accordata alcuna protezione.
L’avvocato ha spiegato che tutti si attendevano la reazione violenta dei radicali, ma “quello che non mi aspettavo – ha aggiunto – è la risposta del governo. Non sono capaci nemmeno di far applicare una sentenza dalla Corte più alta del Paese”.
Secondo Muluk, dopo l’accordo raggiunto fra governo e manifestanti, la vita di Asia Bibi non cambierà molto: sebbene essa sia stata liberata dalla prigione, non potendo andare all’estero dovrà vivere o sotto custodia permanente o in una prigione di sicurezza.
Due giorni fa, il premier Imran Khan aveva dato l’impressione di prendere di petto i radicali islamici accusandoli di offendere l’islam. Oggi, molti giornali lo criticano. Il Dawn, in un editoriale,
afferma: “Un altro governo ha capitolato di fronte agli estremisti religiosi violenti che non credono né alla democrazia, né alla costituzione”. Il discorso fermo pronunciato da Imran Khan giorni fa sembra “sia già condannato all’immondezzaio della storia”.
2/ Asia Bibi. La rabbia dei fondamentalisti frena l'espatrio dopo l'assoluzione. Sembra allontanarsi una soluzione definitiva che consenta alla donna cristiana perseguitata per anni di raggiungere la famiglia in un Paese straniero. Costretto alla fuga anche l'avvocato minacciato, di Stefano Vecchia
Riprendiamo da Avvenire del 3/11/2018 un articolo di Stefano Vecchia. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. le sezioni L'Islam odierno e La libertà religiosa e la persecuzione delle minoranze.
Il Centro culturale Gli scritti (4/11/2018)
Sembra allontanarsi una soluzione definitiva che consenta a Asia Bibi di raggiungere la famiglia in un Paese straniero. L’accordo arrivato nella notte tra emissari governativi e rappresentanti dei gruppi musulmani radicali che per tre giorni hanno assediato la capitale Islamabad e numerose città, prevede che il governo avvii la procedura per includere la donna, ora in un luogo segreto in vista di un probabile espatrio, nella lista dei cittadini a cui è proibito lasciare il Paese.
Un apparente cedimento dell’esecutivo, che potrebbe servire però a allentare la tensione e evitare uno scontro aperto dopo che ieri gli estremisti avevano incentivato le iniziative di protesta, approfittando della giornata festiva dedicata dall’islam alla preghiera. Una giornata in cui la Chiesa pachistana, davanti al rischio di ritorsioni, aveva scelto di annullare tutte le Messe per i defunti.
Intanto, l'avvocato Saif-ul-Mulook, che ha salvato la cristiana dall'impiccagione, ha lasciato il Paese temendo per la sua vita dopo le minacce da parte degli islamisti radicali. Mulook ha difeso Asia Bibi nei nove anni che ha passato in prigione. "Nello scenario attuale, mi è impossibile vivere in Pakistan", ha dichiarato l'avvocato prima di imbarcarsi su un aereo. "Devo restare vivo per continuare la battaglia giudiziaria di Asia Bibi", ha spiegato il legale sessantenne al quale è stata accordata una scorta dopo l'assoluzione.
Per calmare gli animi, le autorità avevano concesso l’utilizzo delle moschee anche all’interno delle “zone rosse” dove erano interdetti da mercoledì gli assembramenti, ma le strade di grande comunicazione tra Nord e Sud del Paese sono state bloccate in più punti e molte scuole sono rimaste chiuse. Solo nel pomeriggio sono stati ripristinati i servizi di telefonia mobile a Islamabad, Lahore, Karachi, Rawalpindi e in altri centri maggiori, dove interi quartieri sono stati occupati dai manifestanti.
Ancora una volta a guidare le proteste è stato Khadim Hussain Rizvi, fondatore del partito Tehreek-e-Labaik Pakistan che punta a imporre una visione estremista e ideologica dell’islam. Ieri, dopo avere dichiarato di essere stato minacciato dalle autorità, ha proclamato lo sciopero generale, sottolineando che «tutti seguaci del profeta (Maometto) devono prepararsi a morire in suo onore».
Non tutti i movimenti radicali presenti nel Paese sono influenzabili dalla sua propaganda e non a caso un gruppo di eminenti giuristi musulmani ha incontrato ieri il ministro dell’Interno Shehryar Khan Afridi, mentre si diffondeva la notizia dell’assassinio nella propria abitazione dell’84enne Samiul Haq, leader di una fazione del partito Jamaat-e-Islami ma vicino al Pakistan Tehreek-e-Insaf del primo ministro Imran Khan e considerato essenziale come mediatore tra governo e taleban.
Da Pechino dove ha incontrato il presidente cinese Xi Jinping ottenendone appoggio e promesse di ulteriori investimenti, Khan ha espresso il suo cordoglio per «la grande perdita per il Paese», a cui si è associato buona parte delle forze politiche.
La situazione resta comunque tesa i militari hanno ieri per la prima volta manifestato la propria insofferenza verso una militanza islamista che sta usando toni aggressivi e fino alle aperte minacce anche alla magistratura, alle minoranze e, appunto, alle forze armate. Richiamando all’islam come «religione di pace» il portavoce, generale Asif Ghafoor, ha esortato a evitare accuse pretestuose contro chi è chiamato a far rispettare l’ordine e la legge.