Sui tatuaggi (da Alessandro Orsini)
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Riprendiamo dalla pagina FB di Alessandro Orsini, docente della LUISS, un suo testo pubblicato il 7/8/2018. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. la sezione Vita.
Il Centro culturale Gli scritti (12/8/2018)
N.B. de Gli scritti L’uomo moderno che rifiuta il sigillo della Confermazione, si sigilla/tatua in altri modi, perché ha comunque bisogno di una conferma/punto fermo.
Che il corpo di Cristiano Ronaldo sia privo di tatuaggi è tra le notizie del giorno per "il Corriere della Sera".
I tatuaggi sono belli.
A volte resto a guardarli cercando di comprenderne il significato. L'osservazione sociologica di un tatuaggio non è facile. Osservare un tatuaggio in presa diretta significa osservare un corpo e tutto ciò che si prolunga in eccesso viola le regole elementari della buona educazione.
Un tatuaggio può dire molto sulla storia della persona che lo indossa oppure distorcerla completamente.
Una persona timida e insicura può tatuarsi una frase piena di ardore. In questo caso, il tatuaggio esprime ciò che un uomo non è e che vorrebbe essere.
Talvolta il tatuaggio è una riscrittura del passato in funzione del presente per nobilitare ciò che merita disprezzo. A causa della nostra meschinità, siamo stati allontanati da un gruppo che ci amava. Ci ritroviamo soli e scriviamo che la libertà di essere noi stessi non ha prezzo. In altri casi, il tatuaggio corrisponde a verità. E allora chi è ardimentoso potrà ben dire: "Come nembo di tempesta" scoprendo l'avambraccio
Amo ancor di più i corpi senza tatuaggi, perché un tatuaggio implica un dire, mentre la sua assenza è un invito a domandare.
Una personalità complessa e mutevole incontra grandi problemi a tatuarsi.
E già.
Come potrebbe un uomo raccontare, attraverso una frase colorata, di avere attraversato mille filosofie e concezioni del mondo, tralasciando e trascegliendo, per non essere pienamente di nessuna pienezza?
Quale tatuaggio potrebbe raccontare la fusione di mille cromature cangianti in un solo arcobaleno?
E come potrebbe una personalità tracimante di trasformazioni vitali, già cambiata mille volte eppur desiderosa di mille cambiamenti e ancora mille, fidarsi di se stessa ed essere sicura che quel tatuaggio potrà rappresentarla per tutta la vita? Che cosa può essere un tatuaggio sul corpo di una personalità mutevole e complessa, se non un motivo di riso, per ciò in cui non si riconosce più, o di dolorosa vergogna, per ciò in cui si era riconosciuta?
Erano gli antichi guerrieri a tatuarsi. È comprensibile che fosse così. Vivevano in società sature di sacro, dove il mutamento sociale e della personalità individuale era considerato un sacrilegio. Tutto doveva rimanere com'era. Bisognava essere sempre uguali a se stessi.
Nessun'anima, protesa al domani, potrebbe riconoscersi in un disegno antico di se stessa. Un'anima magra e affamata, impegnata in un pericoloso andar dall'altra parte, tatuandosi, passerebbe la vita a raschiarsi la pelle.
Come volete che una spada venuta a separare possa spiegare, con ago colorato, che cosa significhi essere una corda tesa sospesa su un abisso?
Quale Orto degli ulivi potrebbe stare in uno schizzo?
A un corpo senza tatuaggi occorre chiedere per sapere.
Che belli i corpi tatuati, per tutte le risposte che ci danno.
Che belli i corpi senza tatuaggi, per tutte le domande che ci impongono.