1/ Le quattro magnifiche ragazze vincitrici della 4x400 ai Giochi del Mediterraneo 2018. Breve nota de Gli scritti 2/ Le magnifiche italiane di colore della staffetta che ha vinto l’oro ai giochi del Mediterraneo e l’incapacità di capire l’Italia di chi le utilizza in chiave politica. Breve nota di Giovanni Amico
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1/ Le quattro magnifiche ragazze vincitrici della 4x400 ai Giochi del Mediterraneo 2018. Breve nota de Gli scritti
Riprendiamo sul nostro sito un articolo redazionale de Gli scritti. Per approfondimenti, cfr. la sezione Immigrazione, integrazione e accoglienza.
Il Centro culturale Gli scritti (15/7/2018)
Maria Benedetta Chigbolu, 29 anni, è la seconda di sei figli (tre fratelli e tre sorelle) di una insegnante di religione cattolica, Paola, e di un consulente internazionale nigeriano, Augustine.
In un’intervista a Maria Benedetta Chigbolu da Vogue del 2/7/2018 curata da Italo Pantano
Cosa sognavi di diventare quando eri piccola?
“Da piccola non ho mai avuto un sogno preciso, mi sarebbe piaciuto diventare una maestra e psicologa dell’infanzia, mi ricordo che volevo capire i disegni dei bambini più piccoli, poi ho sempre immaginato di lavorare nel mondo della moda, sognavo di sfilare anche se mia mamma non voleva. A 16 anni per caso ho iniziato a praticare l’atletica quindi è passato tutto in secondo piano, ma la mia più grande paura inizialmente era che il mio corpo cambiasse e non mi trovassi più femminile, ma così non è stato”.
Ayomide Folorunso è nata da una famiglia originaria del Sud-Ovest della Nigeria nel 1996. Dal 2004, quando aveva poco più di 8 anni, si è stabilita con mamma Mariam e Emmanuel, geologo minerario, in Italia. Come si legge sulla sua biografia online, "è appassionata di letture fantasy, non manca di approfondire quotidianamente anche le Sacre Scritture nella comunità pentecostale alla quale appartiene". Un’esuberanza scolpita già nel nome: Ayo, come la chiamano tutti, significa “gioia”.
In una notizia pubblicata il 29/6/2018 al link https://www.buonanotizia.org/index.php/cultura/907-sport-folorunso-sono-una-guerriera-ambiziosa, dichiara:
“Sono nata ad Abeokuta. Ricordo il caldo e gli amichetti della scuola, che era lontana ma andarci a piedi era divertente perché giocavo tutto il tempo. Ho avuto un’infanzia serena. Mamma è partita per l’Italia nel 2001, io l’ho raggiunta tre anni dopo, quando ne avevo 8”. Com’è stato il primo impatto? “Era Natale e a Fidenza faceva freddissimo: uno shock. Ricordo che mi sono ammalata, e che ho passato il primo anno perennemente infreddolita e rannicchiata sotto una coperta. L’altro problema è stato il cibo: la pasta è fantastica, ma tutte queste insalate… Imparare l’italiano è stato facile. Credo di essere portata per le lingue, anche se parlo solo l’inglese e lo Yoruba, il dialetto della mia regione”. A scuola? “Mi sono trovata subito bene, a parte il primo giorno in cui tutti i bambini mi sembravano altissimi, dei veri giganti. In Nigeria ero in quarta elementare, a Fidenza mi hanno messa in terza: in alcune materie ero molto più avanti dei miei compagni”.
Pratizzoli è, da sempre, il tuo allenatore. “Una figura fondamentale. Insieme a mia madre che prima di ogni gara prega con me al telefono. Sono i miei pilastri”. Ayomide, che è cristiana protestante pentecostale, sogna un futuro da chirurgo pediatrico. “Fin da piccola volevo fare il medico. Sono curiosa, e non c’è niente di più affascinante e difficile da comprendere del corpo umano. È un mestiere nobile, a anche se la strada è lunga, mi darà tanta soddisfazione”. È difficile dividersi tra pista e aule? “Quest’anno, il primo all’università, è stato impegnativo, un momento di passaggio e di crescita sia negli studi che nell’atletica.
Libania Grenot è nata nel 1983 ed è di origine cubana. Ha dichiarato ad Huffington Post
"Io mi sento italiana, e come faccio sempre quando scendo in pista penso solo a onorare la maglia azzurra e il tricolore. Il resto non conta". Libania Grenot, in un'intervista rilasciata all'agenzia Dire, commenta la sua vittoria ai Giochi del Mediterraneo, dove ha conquistato il podio alla staffetta 4x400, assieme alle colleghe Maria Benedicta Chigbolu, Ayomide Folorunso e Raphaela Lukudo.
La scatto che le ha immortalate sorridenti a pochi minuti dal trionfo ha dato vita sui social a un dibattito politico, ma Libania - 34 anni e numerosi successi alle spalle - non ha intenzione di intromettersi nella polemica.
"Mi hanno riferito dei commenti che sono usciti", ha commentato, "Io in questo momento mi sto concentrando esclusivamente a pensare all'obiettivo, all'europeo, non mi interessa il resto. È una questione delicata e non voglio entrarci. Io sono una sportiva, penso a correre forte, ad andare forte. Mi sento italiana al 100%, onoro ogni giorno che scendo in pista il tricolore, questo è quello che conta, nient'altro".
Sulla polemica è intervenuto anche Matteo Salvini, che in un post su Facebook si è complimentato che le ragazze e ha chiesto un incontro con loro. Libania, non rifiuta, ma al momento in testa ha solo un obiettivo: gli europei. Il ministro dell'Interno dovrà aspettare.
"Fino a Berlino non ci penso, ma dopo gli europei sì, volentieri", ha commentato, "Prima non posso, devo portare a casa il titolo, ho il titolo europeo da difendere".
Raphaela Lukudo, di origini sudanesi, ma nata in Italia afferma su Il Giornale:
Da un’intervista di Sergio Rame, su Il Giornale del 3/7/2018
"Il colore della pelle non c'entra niente". Raphaela Lukudo, origini sudanesi ma nata in Italia, è una delle quattro atlete azzurre che hanno vinto la medaglia d'oro nella staffetta ai Giochi del Mediterraneo.
E nell'ambito dello sport intende rimanere. "Dalla politica vorrei restare fuori - spiega in una intervista al Giorno - vedo che si fanno tante interpretazioni, alcune positive, altre negative. C'è un gran polverone". Eppure è lei la prima a dire con serenità che certe forzature "amplificano tutto" arrivando a coprire di "significati anche esagerati cose in fin dei conti innocenti".
Nella fotografia che nelle ultime ore ha fatto il giro del web […] Raphaela vede solo "quattro amiche felici, che hanno vinto per loro stesse, per la squadra e per l'Italia. E che dopo la vittoria hanno cantato con orgoglio l'inno di Mameli". Niente politica, insomma. Nessun messaggio a Matteo Salvini e al raduno leghista di Pontida. Ovviamente l'atleta non si tira indietro se le si chiede di parlare del dramma dell'immigrazione. Perché lei, in primis, è figlia di due sudanesi scappati dal proprio Paese ventisei anni fa. "È un diritto di tutti cercare di migliorare la propria condizione e quella dei propri familiari - spiega - e prima di giudicare qualcuno occorre capire da quale situazione proviene e che esperienze ha vissuto".
Raphaela non ha mai vissuto episodi di razzismo. È la prima a sottolinearlo. Ha quasi sempre vissuto a Modena, ma negli ultimi tre anni si è trasferita a Roma dove si allena con la squadra dell'Esercito. "Ho avuto la fortuna di incontrare sempre persone dalla mentalità aperta e positiva - racconta - poi lo sport è un'isola felice, non si fanno differenze in base al colore della pelle". […] Dello scatto con Maria Benedicta Chigbolu, Libania Grenot e Ayomide Folorunso, tra qualche giorno, non se ne parlerà più. Almeno non in termini politici. "Resterà solo l'immagine di quattro amiche felici, che sorridono perché hanno vinto - conclude - e per me sarà un bel ricordo, da serbare per sempre".
2/ Le magnifiche italiane di colore della staffetta che ha vinto l’oro ai giochi del Mediterraneo e l’incapacità di capire l’Italia di chi le utilizza in chiave politica. Breve nota di Giovanni Amico
Riprendiamo sul nostro sito un articolo di Giovanni Amico. Per approfondimenti, cfr. la sezione Immigrazione, integrazione e accoglienza.
Il Centro culturale Gli scritti (15/7/2018)
Quando Jesse Owens vinse quattro ori alle Olimpiadi di Berlino del 1936 la Germania e gli USA erano razzisti.
Quando venne celebrato in America, lui, grande vincitore dei Giochi Olimpici, dovette entrare nell’albergo nel quale si tenevano i festeggiamenti dalla porta di servizio, perché un nero non poteva entrare dalla hall dalla quale entravano i bianchi e questo proprio negli Stati Uniti (l’ignoranza di storici e giornalisti tralascia di raccontare il fatto, a differenza del Centro culturale Gli scritti: 1/ Mannaggia, non c’è una sola cosa che sia avvenuta come la raccontano i nostri libri di storia ideologicamente scritti, neanche la storia di Jesse Owens. L’apartheid che negli USA circondò l’eroe di Berlino. Breve nota di Andrea Lonardo 2/ Atletica, Owens: da Roosevelt la ferita più grande, di Massimo Lopes Pegna!).
Che le quattro atlete che hanno vinto la staffetta 4x400 ai Giochi del Mediterraneo, invece, siano “di colore” agli italiani non cambia niente, perché l’Italia non è razzista. Quelle ragazze sono splendide e ogni italiano lo sa.
Chi sostiene che i suoi connazionali siano razzisti continua a non capire l’Italia. Anzi, il senso aristocratico di chi si crede superiore agli altri italiani allontana la gente da sé. Il “sistema” culturale dominante, che si mantiene aristocraticamente lontano dal popolo per il quale quella staffetta è una gioia condivisa, non comprende purtroppo il popolo italiano.
Le parrocchie italiane hanno tantissimi parroci e vice-parroco “di colore” e questo non fa problema ad alcuno, perché gli italiani non sono razzisti e chi lo afferma non conosce gli italiani.
Migliaia di suore extra-comunitarie compiono il loro preziosissimo servizio in Italia e questo non fa problema ad alcuno, perché gli italiani non sono razzisti.
Nelle comunità cristiane vengono invitati cardinali extra-comunitari e questo non fa problema a nessuno, perché gli italiani non sono razzisti.
Gli italiani non sono come i tedeschi o gli statunitensi bianchi dei tempi di Jesse Owens.
All’italiano non fa problema lo straniero, fa problema lo straniero che non lavora. All’italiano non fa alcun problema che le quattro ragazze della 4x400 siano “di colore”, anzi gioisce perché esse hanno avuto un’ottima opportunità di inserimento – sono, intatti, tutte “militari” e gareggiano presso le nostre forze armate.
Quello che fa problema all’Italia è che arrivino in Italia ogni anno più di 100.000 nuovi migranti e nessuno si preoccupi di creare 100.000 nuovi posti di lavoro. Se i governi avessero costruito ogni anno 100.000 posti di lavoro per i migranti a nessuno farebbe problema l’arrivo di nuovi migranti.
Il disastro in politica migratoria che è sotto gli occhi di tutti consiste nel fatto che i posti di lavoro necessari per una vera accoglienza non sono stati creati: i pochi posti di lavoro che sono stati creati sono in mano alla malavita. Si è investito sulla prima accoglienza, ma non sulla creazione di possibilità occupazionali.
L’italiano vede aumentare le persone appena giunte in Italia che chiedono l’elemosina ad ogni angolo della strada e si accorge che l’accoglienza tanto sbandierata è stata fin qui un bluff, perché non ha integrato le persone. Le persone sono state integrate dove si sono create piccole comunità o case famiglia, come nelle parrocchie, come presso la Caritas, come in alcune strutture comunali. Ma la maggior parte dei migranti è stato infilato per mesi in enormi edifici, uscendone dopo un anno senza essersi minimamente integrato.
Gli italiani hanno la certezza che manca il lavoro. Non sono razzisti: vogliono semplicemente che chi viene da noi possa lavorare e non ingrossi le file della malavita per mancanza di lavoro – il paese sa bene che tale fatto è colpa dei politici e della malavita stessa e che non dipende da presunte colpe dei migranti stessi.
Social comunicatori e “intellettuali” che volessero contribuire a rendere il paese più “accogliente”, invece di postare le foto delle splendide ragazze della staffetta, dovrebbero indicare al paese i 100.000 posti di lavoro creati annualmente, tramite cooperative agricole, nuove aziende manifatturiere, occupazioni intellettuali e di altro tipo, di modo che non si debba assistere alla penosa fine di migranti per strada senza lavoro che vivono di stenti.
Chi non capisce che l’Italia è preoccupata non di chi ha la pelle di un altro colore, ma di chi in Italia non ha prospettive di lavoro, continuando ad accusare gli italiani di essere razzisti fa il gioco delle destre. Le destre prosperano dinanzi ad “intellettuali” che accusano gli italiani di razzismo e prosperano proprio a causa di tali false accuse dinanzi alle quali gli italiani si sentono incompresi e ingiustamente giudicati: la falsa accusa trasporta sempre più voti elettorali lontano dai partiti che fin qui hanno dominato la scena, senza elaborare una vera politica di integrazione.