Manchester, via le ninfe dal museo: «Erotismo offensivo». Ma è polemica. In clima di campagne come #MeToo, alla MAG rimosso dipinto preraffaelita. La curatrice: «Un nuovo imbarazzo nel vedere corpi femminili come forma di arte passiva». Il pubblico invitato ad esprimere pareri: «Un pericoloso precedente», di Antonella De Gregorio

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 08 /07 /2018 - 15:14 pm | Permalink | Homepage
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Riprendiamo dal Corriere della Sera dell’1/2/2018 un articolo di Antonella De Gregorio. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti. cfr. la sezione Arte e fede.

Il Centro culturale Gli scritti (8/7/2018)

Fanciulle di fresca bellezza e dall’allegro sorriso. Ma le ninfe a mollo nell’acqua, che rapiscono Ila (il bellissimo giovane della mitologia greca, prediletto di Eracle) in epoca di #MeToo (la campagna contro le molestie sessuali diventata virale) possono anche essere viste come una fantasia erotica inadatta e offensiva per il pubblico moderno. Questa, almeno, la posizione della Manchester Art Gallery, che ha rimosso dalle sue pareti il dipinto «Hylas and the Nymphs» (1896), di John William Waterhouse, artista britannico Preraffaellita, lasciando al suo posto uno spazio vuoto.

«Diteci cosa ne pensate», hanno chiesto ai visitatori, invitandoli a pubblicare online le proprie reazioni o a lasciarle scritte nella sala che ospitava l’opera. «Il mondo è pieno di questioni intrecciate di genere, razza, sessualità e classe che riguardano tutti noi - sta scritto nel vuoto lasciato dal quadro -. Come possono le opere d’arte parlarci in modo più contemporaneo e rilevante? Quali altre storie potrebbero raccontare queste opere e i loro personaggi? Quali altri temi sarebbero interessanti da esplorare nella galleria»?

Colpo di spugna arbitrario

La parete vuota si è immediatamente riempita di Post-it. Quasi tutti contrari alla decisione: «Un pericoloso precedente» (ma anche «Un atto politicamente corretto)», «Repressione in stile talebano. E da parte di una donna!», si legge. Su Twitter, all'hashtag #MAGSoniaBoyce, c'è chi si indigna: «Avete appena comunicato a milioni di donne che devono vergognarsi del proprio corpo. Burqa per tutti», scrive @Saffron—Blaze. «I totalitarismi e l'arte non vanno d'accordo», commenta @BateComedy. Peter Sharp cita Frank Zappa: «Il politicamente corretto è solo un'altra forma di fascismo». Mentre Ian Kikuchi riassume: «L'unica conversazione che la Galleria di Manchester sembra aver avviato è un gigantesco coro contro la censura».

Atto artistico

Michael Browne, artista che ha partecipato all’evento in cui è stato rimosso il dipinto (un atto artistico in sé, che farà parte di una personale di Sonia Boyce, alla Gam dal 23 marzo), intervistato dal Guardian si è detto preoccupato da questo «colpo di spugna arbitrario sul passato»: «Non mi piace l’idea che un’opera d’arte venga rimossa, che qualcuno si arroghi il potere di dire cosa sia giusto o sbagliato esibire. I curatori stanno usando il loro potere di veto in una collezione pubblica. Se passa questa linea, anche altri dipinti storici che giacciono nei sotterranei della galleria, o in altri musei, potrebbero essere considerati offensivi e non vedere mai la luce».

«Non è censura»

Clare Gannaway, la curatrice di arte contemporanea della Gam, ha assicurato che obiettivo della rimozione non è censurare, ma provocare il dibattito. Il dipinto si trovava in una sala intitolata «In Pursuit of Beauty», (alla ricerca della bellezza), che contiene dipinti del XIX secolo che esibiscono molti nudi femminili. Un titolo «infelice», secondo la Gannaway, che rappresenta solo opere di artisti maschi che usano il corpo femminile come elemento decorativo passivo. «Avverto un senso di imbarazzo che non avevo mai provato prima - dice -. È come se la nostra attenzione finora fosse stata rivolta altrove, ci siamo dimenticati di guardare». E ha poi ammesso che a far maturare la decisione ha sicuramente contribuito anche il dibattito generato dalle campagne femministe «Time’s Up» e «#MeToo».

Il precedente

La mossa della Gannaway in realtà potrebbe essere solo un abile strategia di marketing. «Mai così tanti, gli ammiratori di questo dipinto», si legge tra i tweet. Intanto, sempre il Guardian ricorda un precedente, relativo a Waterhouse: nel recensire la mostra alla Royal Academy of Arts del 2009, dedicata all'artista, il critico Waldemar Januszczak aveva scritto di un dipinto che rappresentava la morte di Sant’Eulalia , una ragazza di 12 anni: «Non sapevo se ridere, piangere o chiamare la polizia».

© Corriere della Sera RIPRODUZIONE RISERVATA

N.B. de Gli scritti Dopo le proteste, l'opera è stata ricollocata al suo posto