Lo sguardo capovolto verso il cielo, di Paolo Ricciardi
Riprendiamo da Romasette di Avvenire del 24/6/2018 un articolo di Paolo Ricciardi. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. la sezione Roma e le sue basiliche.
Il Centro culturale Gli scritti (1/7/2018)
La solennità dei santi apostoli Pietro e Paolo, patroni di Roma, si colloca al termine di un anno pastorale, mentre nelle nostre comunità iniziano le esperienze estive e si guarda al nuovo anno, con progetti e speranze, tradizioni e cambiamenti. Per qualche parrocchia c’è un avvicendamento di sacerdoti, un momento di passaggio non indolore che, come ogni prova, può essere occasione di verifica e di maggior corresponsabilità. Inoltre, alla vigilia di questa festa, il nostro vicario, creato cardinale, esprime ancor più la chiamata al martirio della nostra comunità diocesana, al rosso dell’amore e del sangue che ha imporporato Roma. Tutta la nostra Diocesi, inoltre, stimolata dalle parole del Papa e dal cammino di verifica e di discernimento sulle malattie spirituali, sta vivendo un tempo favorevole per una maturazione comunitaria.
Per questo dobbiamo guardare a Pietro e Paolo. Roma è stata fecondata dal sangue di questi due apostoli e di tanti altri martiri. A loro ci affidiamo, all’inizio di questa estate, per ripartire. La tradizione vuole che, sulla via Appia, mentre Pietro si allontanava da Roma, incontrò di nuovo Gesù e gli domandò: «Quo vadis, Domine? Dove vai, Signore?», ottenendo la risposta: «Vado a Roma, a farmi crocifiggere di nuovo». È lì che Pietro capì che per seguire il suo Maestro, doveva morire come Lui. Nella solennità del 29 giugno, guardando Pietro, vogliamo chiedere a lui di aiutare la nostra Chiesa di Roma a “ritornare a Roma”, a non fuggire da questo mondo difficile, da questa città caotica, da questa umanità ovunque dispersa.
Nel circo di Nerone, Pietro viene crocifisso. Lui chiede di non morire come Cristo, non se ne sente degno. E si fa mettere a “testa in giù”. In quella posizione, capovolto, non vede più come prima la terra sotto il cielo, ma vede il Cielo che sostiene la terra. E capisce – e ci fa capire – che il Cielo illumina e sostiene la terra. Capisce quanto siamo amati. Quanto è amata Roma. In questo capovolgimento dello sguardo, anche noi siamo chiamati a vedere Roma come la vede Dio.
E, capovolgendo “Roma”, si ottiene “Amor”. Un po’ più lontano, sull’antica via Laurentina, nella zona delle “Acque Salvie”, c’è una spada sul collo di Paolo. La spada della Parola lo porta a donare la vita. Persecutore perseguitato, l’Apostolo delle genti perde la testa per Cristo e per i cristiani. Per Roma e per i romani. E quella testa rimbalza, per tre volte, “accendendo” sorgenti, tre fontane di Grazia. Tre sorgenti, nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Martirio fecondo per questa nostra città. Abbiamo un tesoro inestimabile, noi cristiani di Roma.
Mentre il sole di fine giugno accende al mattino la cupola di San Pietro e la sera illumina il mosaico della facciata di san Paolo, anche noi capovolgiamo lo sguardo, desiderando di perdere la testa per Cristo e per la Chiesa. Per Roma e per i romani. Solo così Roma diventerà di nuovo “Amor”.