Brevissimi appunti sulla storia dei patriarcati di Aquileia, Grado e Venezia, di Andrea Lonardo
Presentiamo sul nostro sito questi appunti sulla storia dei patriarcati di Aquileia, Grado e Venezia al solo fine di mettere a disposizione on-line uno schema di lavoro per ulteriori ricerche. Per altri testi, cfr. la sezione I luoghi della Bibbia e della storia della Chiesa.
Il Centro culturale Gli scritti (24/6/2018)
Tiepolo, Rachele nasconde gli idoli del padre (Udine, Palazzo patriarcale)
Il patriarcato originariamente stabilito ad Aquileia ebbe una svolta quando, all’arrivo dei longobardi, il patriarca si rifugiò a Grado, che era allora un’isola, dopo il 568 (sugli edifici dell’originaria cattedrale di Aquileia, cfr. Aquileia, la sua basilica e la Südhalle: il fraintendimento del catecumenato antico negli studi sul più antico complesso basilicale ancora esistente, di Andrea Lonardo).
In occasione dello scisma dei Tre Capitoli il patriarca di Aquileia/Grado divenne scismatico.
Alla sua morte, nel 607, ne vennero eletti due, uno residente a Grado, l’altro in terraferma, a Cormons, poi trasferitosi a Cividale nel 737.
Quello di Grado gravitava ovviamente in area bizantina, mentre quello di Cividale in area longobarda.
Quello di Cormons abbandonò lo scisma riconciliandosi con la Chiesa cattolica nel 699 con il Concilio di Pavia, con il progressivo divenire cattolici dei longobardi. Ma presto lo stesso fece anche quello di Grado.
Nel 717 il patriarca di Aquileia residente a Grado prese il titolo di patriarca di Grado e non più di patriarca di Aquileia, per cui il titolo restò a quello residente in territorio longobardo.
Nel 731 vennero create infine due diocesi con Grado che aveva giurisdizione su Venezia e Istria e Cormons/poi Cividale che aveva invece giurisdizione sull’interno. Nell’827 il concilio di Mantova cercò ancora di riunire i due patriarcati ormai creatisi, ma non riuscì nel suo intento, a causa del fatto che l’uno orbitava in area bizantina e l’altro in area longobarda.
Ma un nuovo evento modificò ulteriormente la situazione. Infatti, pian piano, Venezia emerse fino a prendere il potere su Grado, al punto che i veneziani, nell’802, uccisero il patriarca di Grado, anche se esso venne poi nuovamente eletto, ma sempre più in dipendenza da Venezia.
Nell’828 i veneziani trafugarono da Alessandria d’Egitto il corpo di San Marco. L’evento ebbe un forte connotato simbolico. Infatti san Marco era, secondo la tradizione, colui che aveva inviato come suoi discepoli Ermagora (primo vescovo di Aquileia) con il diacono Fortunato a fondare quella Chiesa e quindi il patriarcato. Implicitamente Venezia poneva così le basi per pretendere di avere il primato ecclesiastico su Aquileia/Grado e su Aquileia/Cividale.
Nel 1105 Grado era ormai certamente insalubre e il patriarca gradense si trasferì nelle isole veneziane a Castello - San Pietro di Castello fu fino al 1807 la cattedrale di Venezia, mentre la Basilica di San Marco era la chiesa palatina del Doge (cfr. su questo Appunti per visitare la basilica di San Marco a Venezia, chiave per scoprire i segreti medioevali della laguna, di Andrea Lonardo).
Nel frattempo il patriarca Poppone aveva riedificato la cattedrale di Aquileia, consacrandola nell’anno 1031.
Bertoldo di Merania, poi, nel 1222, trasferì definitivamente la sede da Aquileia a Udine, conservando però il titolo di patriarca di Aquileia ai vescovi successivi.
Nel 1451 Venezia si decise al grande passo e, con l’approvazione di Roma, trasferì definitivamente il patriarcato di Grado a Venezia con il nuovo nome di patriarcato di Venezia, sempre con sede a San Pietro di Castello.
Ma, nel frattempo, nel 1420, Venezia aveva conquistato il Friuli e, quindi, divenne padrona anche di Udine, dove era il patriarcato di Aquileia, ormai l’unico a portare quel nome.
Il territorio del patriarcato di Aquileia/Udine si trovò così ad essere in parte sotto gli austriaci e in parte sotto i veneziani e i due governi civili non volevano che la giurisdizione del patriarca si estendesse su due zone che appartenevano a due stati in lotta fra di loro.
Il patriarca Dionisio Delfino (o Dolfin) cercò di mantenere l’indipendenza del patriarcato dai poteri politici e dotò il patriarcato del nuovo Palazzo patriarcale di Udine nel quale, oltre alla monumentale Biblioteca che dotò di 9000 volumi di ogni argomento, fece realizzare i famosi affreschi al giovane Giambattista Tiepolo (1726-1729).
I dipinti del Tiepolo hanno temi che, oltre ad avere contenuto biblico, fanno riferimento al diritto del patriarcato di mantenersi indipendente sia da Venezia che dall’impero, conservando giurisdizione sulle due parti dell’allora ancora unica diocesi.
Si pensi all’affresco centrale con Rachele che nasconde gli idoli portati via al padre Labano. Giacobbe aveva sposato entrambe le figlie di Labano sia Lia che Rachele e le due donne stanno a simbolizzare le due parti della diocesi legittimamente ricevute dal patriarca ancora fuse in unità e divise solo dal punto di vista politico a motivo di eventi storici determinati da Venezia e dagli austriaci. Ora Rachele, nell’affresco, siede sugli idoli presi al padre e quest’ultimo non riesce a rientrarne in possesso, poiché la figlia li nasconde. Il patriarca committente aveva esplicitamente chiesto al Tiepolo di affrescare tale storia evocativa del suo tentativo di tenere insieme le due parti della diocesi che gli stati volevano invece disgregare, contro la tradizione.
Nel 1751, però, il papa Benedetto XIV soppresse il patriarcato di Aquileia contro la volontà del patriarca che risiedeva ad Udine. Daniele Delfino o Dolfin, allora, che era il successore di Dionisio Delfino, obbedì alla richiesta del pontefice.
Vennero allora fondate le due diocesi di Udine, sotto Venezia, e di Gorizia, sotto l'impero.
In ricordo del patriarcato soppresso, ancora oggi l’arcivescovo di Udine indossa un abito di colore “rosso patriarchino” simile a quello cardinalizio, come memoria del fatto che egli è erede di una sede che in antico era patriarcale.