I romani non sono consapevoli della santità che vivono, affrontando una vita in città. Breve nota di Andrea Lonardo
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Riprendiamo sul nostro sito un breve testo di Andrea Lonardo. Per approfondimenti, cfr. le sezioni Catechesi, scuola e famiglia e Maestri dello Spirito.
Il Centro culturale Gli scritti (27/5/2018)
Non è stata ancora bene esplorata la condizione di santità della vita in una città come Roma (ma il discorso vale ovviamente anche altrove).
Basti pensare ad un papà o ad una mamma che si rechino al lavoro nel traffico e che rientrino a casa alla sera, attraversando ancora chilometri e chilometri in coda. E che abbiano lo stesso la forza di volersi bene, di parlarsi a sera, di giocare con i figli e di dialogare con loro. E che preghino e che testimonino onestà e carità. Si pensi al tempo che occorre loro per portare i figli a scuola, allo sport, in parrocchia, alle lungaggini burocratiche per qualsiasi pratica, ai disservizi, alla difficoltà di trovare lavoratori onesti per le riparazioni più semplici in casa o per un elettrodomestico rotto. Si pensi al sopraggiungere di una malattia e alle traversie che essa comporta fra medici e ospedali.
Lo stress di vita a cui una città come Roma sottopone i suoi abitanti è terribilmente logorante. Conservare la pace, l’amore, la fede, addirittura essere testimoni al lavoro di una speranza grande e di un senso di vita: ebbene tutto questo è vera santità.
Ma lo stesso vale per il clero. Voler sfuggire alla vita ordinaria è pura follia. È esattamente questa la santità del clero: essere totalmente calato, come la gente, nell’ordinarietà, nella logorante ordinarietà. E non solo conservare la fede, ma anzi trasmetterla. Dover pensare alle mille questioni quotidiane, dai telefoni a Internet, dal riscaldamento alle stanze da ritinteggiare ed, insieme, educare alla preghiera alla fede, alla carità, a pensare teologicamente, accompagnare le famiglie con i bambini e i giovani e non dimenticare gli anziani.
Aver parte alla stanchezza quotidiana e non maledirla, bensì pronunciare benedizioni.
Anche l’Iniziazione cristiana è logorante, ma lo è perché è logorante l’educazione dei bambini. Si pensi a cosa vuol dire per un genitore stare anni interi appresso ai propri figli. Per un sacerdote questo non può essere qualcosa di secondario, bensì l’ordinarietà nella quale matura la sua santità.
Ogni vero adulto vive di logorante ordinarietà.
Chi volesse sfuggire alla logorante vita ordinaria rifiuterebbe con ciò stesso non solo la santità, ma più ancora il cristianesimo stesso, fatto di carne ordinaria.
Non la lamentela, bensì l’adesione alla quotidianeità della vita, alle relazioni in mezzo alle cose da fare e da aggiustare: questa è fede.
P.S. Questo permette, fra l'altro, di tenere a mente che un'"etica" cittadina che non proponesse l'alzarsi presto al mattino non sarebbe adeguata, bensì sarebbe ottocentesca e pre-conciliare, pre-moderna. Il mancato richiamo ad una sveglia mattiniera indica quanto il linguaggio educativo sia lontano dalla realtà. L'unico modo per sfuggire, anche se solo parzialmente, al traffico, è la levata anticipata o, meglio, in armonia con il creato ed il sorgere del sole.
Ovviamente questo mio articolo è un contributo alla recezione di Gaudete et exsultate di papa Francesco.
P.S. 2 Per un'immagine poetica di questa santità, leggete La passione delle pazienze della Delbrel.