Bastiano Baldassarre Bucci, protagonista de La storia infinita di Michael Ende. Può un adolescente entrare nella vita?, di Andrea Lonardo
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Riprendiamo sul nostro sito un articolo di Andrea Lonardo. Per approfondimenti, cfr. la sezione Letteratura.
Il Centro culturale Gli scritti (20/5/2018)
N.B. Il seguente articolo deve tutto alla presentazione de La storia infinita, realizzata in forma recitata da don Andrea Cavallini, direttore dell’Ufficio catechistico di Roma, e da Giovanni Scifoni, attore. Qui il file audio dell'incontro La storia infinita di Ende, raccontata e recitata da Andrea Cavallini e Giovanni Scifoni. Vedi anche: Ende: «Ma la mia Fantàsia non è apolitica». Davvero la scrittura è "impegnata" solo se parla esplicitamente di contenuti sociali? Dall'autore de "La storia infinita" un secco «No!», di Michael Ende.
1/ Può un lettore entrare nella storia stessa del libro?
Leggendo La storia infinita si resta colpiti innanzitutto da un espediente letterario che è però la grande questione della letteratura. Può un lettore entrare nella storia stessa del libro? Apparentemente no. Eppure un lettore che non entrasse nella storia raccontata, avrebbe perso il suo tempo. Solo un lettore che entra nella storia è stato cambiato dal libro stesso.
Un grande libro ha la pretesa di interpretare la nostra vita. Non solo: la interpreta di fatto. Il lettore, dinanzi ad un grande libro, fa l’esperienza di essere compreso da quel libro più di quanto egli stesso capisca stesso.
Quel libro parla di me! Quel libro parla dei miei amici! Quel libro parla del mio tempo! Ed ecco la domanda che nasce sempre nel cuore: come è possibile che un libro, che non mi conosce, parli di me? Questa è anche la pretesa del racconto biblico, la pretesa di conoscere me più di quanto io stesso conosca me stesso. Solo nell’esperienza dell’incontro con la rivelazione divina le scelte della vita si illuminano e la vita si “orienta”, trova luce per camminare.
Ma questa esperienza che si compie in maniera suprema dinanzi alla storia della salvezza, avviene dinanzi a qualsiasi grande libro. Quel libro mi spalanca i segreti della vita, almeno alcuni.
Solo gli sciocchi separano la cultura dall’esperienza, come se la lettura (ma anche la visione di un film o l’ascolto di un brano musicale) non fosse una vera esperienza. Forse hanno letto solo testi insignificanti. O non si sono commossi dinanzi ad essi.
Per questo Bastian Balthasar Bux (in italiano Bastiano Baldassarre Bucci) non solo entra nella storia dell’Infanta imperatrice, ma cambia la propria vita leggendo quella storia: quella storia è la sua storia, attraverso la quale cresce.
2/ Assediati dal nulla
La malattia dell’Infanta imperatrice e il nulla che avanza mangiano via via la realtà. Questo è il nemico dinanzi al quale Bastiano si desta: il nulla. Non un nemico preciso, ma il nulla. Dinanzi al più preciso dei nemici: il nulla, il fatto che tutto finisca e scompaia. Che niente sia più ricordato. Che non esista niente che abbia valore, niente che abbia senso.
Ogni ragazzo – ma è così di ogni adulto – sa che il nulla è il vero nemico. Anche la teologia cristiana, in questo unica, è giunta a comprendere che il male è assenza di bene, è cioè nulla, rifiuto del bene che esiste, distruzione del bene che è insito nel creato, non senso del creato. Il nihilismo è il vero problema e la grande questione.
Il giovane si sente assediato dal nulla. Dal vuoto e dall’insignificanza. Da un mondo adulto che appare vuoto e inconsistente.
Bastiano deve dare una risposta al nulla, deve nominare ciò che vale, deve dare un volto al bene che esiste, deve dire il nuovo nome dell’Infanta imperatrice.
3/ Il problema non è solo avere coraggio, ma avere desideri e, per avere desideri, sapere cosa vale
Ma ecco che il dramma del vuoto si replica nella persona di Bastiano e nella vita del lettore che legge di Bastiano che legge dell’Infanta imperatrice. Si ha paura di guardarsi dento, per timore di accorgersi di essere vuoti. Il problema non è mai semplicemente quello di avere coraggio, di vincere le paure, di non esser timidi.
Il problema è quello di scegliere: per scegliere bisogna avere la certezza che esista qualcosa che vale, qualcosa per cui vale la pena dare la vita, anche perdendola. Qualcosa per la quale valga la pena trovare coraggio e vincere le paure.
Se esiste qualcosa che vale, si può scegliere. Se esiste un “compito”, una “missione”, qualcosa che solo a noi è assegnato per il bene di altri, allora si può diventare coraggiosi. Ma se niente vale, ogni scelta è insignificante.
Bastiano è goffo, è preso in giro e d’altro canto è fantasioso. Ma il suo problema non è la goffaggine: il suo grande problema è non sapere cosa vuole, quali sono i suoi desideri grandi, per quale motivo deve destare il suo coraggio, a servizio di chi si deve levare in piedi. Sopravvive, non vive ancora.
Anche lui galleggia sulla riva del vuoto. Non sceglie, perché non sa cosa valga la pena. Poiché non ha mai affrontato la questione del perché valga la pena vivere e per cosa si debba offrire la vita.
Interessantissimo è come degli adolescenti, sentendosi narrare la storia, si identifichino in Bastiano, proprio per questo tratto: invitati a guardarsi allo specchio e a chiedere cosa desiderano, si trovano incerti e non bulli, come li vorrebbe un’analisi sociologica inadeguata.
Sono colpiti dalla loro stessa fragilità, che consiste nel non sapere che cosa valga la pena: se valga la pena sposarsi o generare bambini, se valga la pena impegnarsi per una società diversa, se valga la pena credere alla fantasia e al desiderio, forse anche a Dio, o se sia più adeguato rassegnarsi.
Non solo non sanno o forse non hanno ancora mai visto e mai domandato fino in fondo: è ancor più la società circostante che li scoraggia ad interrogare veramente il loro cuore, quasi lasciando loro presagire che, qualsiasi cosa scoprissero di desiderare, sarà comunque vana e irrealizzabile, poiché il nulla ha già vinto.
Bastiano – e noi con lui – si domanda se “può” entrare nella “storia”, se può entrare nella vita, se il fatto che egli entri nella storia della Infanta imperatrice sia possibile o, in fondo, assurdo. Poiché fin lì, nella sua vita, è stato evidente che un ragazzo, se anche fosse in grado di dire la sua, sarebbe cacciato fuori dalla storia della vita, troppo più grande di lui.
In Bastiano rileggiamo la nostra grande domanda, infissa nel cuore: è possibile, ha senso, ed anzi è decisivo per la storia stessa che io vi entri, o è meglio starne ai margini? È possibile, ha senso, ed anzi è decisivo per la storia stessa e non per me: cioè, c’è qualcuno che ha bisogno che io lo ami, oppure il dono di me stesso sarà inutile e preda del nulla.
4/ Essere se stessi, nella lotta contro il nulla
Una volta scoperto che vale la pena dare un nome nuovo all’Infanta imperatrice ed aver trovato il coraggio di farlo, proprio perché ne vale la pena, tutto sembrerebbe risolto. Bastiano ha scoperto, suo malgrado e proprio grazie alla storia che legge, che può incidere sulla vita di altri portando il suo contributo benefico: ha sperimentato ormai di avere un “potere” di bene.
Ma ecco che, subito, questo “potere” si muta in delirio. Egli intende diventare imperatore, come ogni giovane che, non appena resosi contro del suo potere effettivo sul mondo, pretende di ricostruirlo a suo piacimento, demolendo la vita che già esiste. Intende riprogettare tutto
Bastiano dovrà compiere un lungo cammino per rinunciare al delirio. Per accettare se stesso, i suoi amici e la sua famiglia. Un lungo cammino per tornare a casa. Dovrà comprendere, infatti, che è la vita ordinaria, la famiglia, il rapporto padre-figlio generante, l’amicizia, lo studio, i conflitti con i compagni, ad essere la vita. Cesserà, allora, di pretendere di possedere una vita diversa, per iniziare ad amare la vita che ha.
Scoprirà che si tratta di cambiare cuore, non di cambiare esistenza. Si tratta di avere un cuore nuovo precisamente nell’esistenza unica e irripetibile che ha ricevuto.
Dal nulla come nemico, alla pretesa di stravolgere l’esistenza riprogrammandola a propria immagine, pieno di sé, fino all’ingresso nella realtà. Una realtà che attende di essere amata.
Per essere se stessi. Ma non tristi e depressi, come tanti e fuori dalla storia. Bensì ormai convinti di stare al posto giusto, con un compito unico a noi affidato, con un compito che ne valga la pena. Con un compito rivolto non a ricevere gloria, bensì per servire e offrire, per vincere il nulla.