L'incontro del Dio "piccolo" con i piccoli, nonostante noi adulti, di Paolo Ricciardi
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Riprendiamo sul nostro sito un testo di S.Ecc. mons. Paolo Ricciardi, vescovo ausiliare di Roma, da lui inviatoci l’11/5/2018. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. la sezione Catechesi, famiglia e scuola.
Il Centro culturale Gli scritti (13/5/2018)
Un Grazie di cuore a tutti le catechiste e i catechisti, i sacerdoti, le religiose, le famiglie, i giovani, le comunità parrocchiali di Roma, d'Italia e del mondo, che, in questo tempo di Grazia, aiutano centinaia e centinaia di bambini ad incontrare Gesù e a nutrirsi di Lui.
Ancora una volta, nelle chiese d’Italia e del mondo, in queste domeniche di aprile, di maggio e di giugno, profumate di primavera, c’è un esercito vestito di bianco che attira l’attenzione di molti, anche se non ne troveremo traccia nelle notizie dei quotidiani o navigando sui siti più “cliccati” della rete.
“Viaggeranno” sì, centinaia di foto, nei gruppi whatsapp di genitori, catechisti, forse anche dei sacerdoti o di qualche suora, con frasi di auguri, commozioni delle mamme e di spaesati papà non più abituati, da tempo, a ritrovarsi eleganti in una celebrazione in chiesa che coinvolga la famiglia.
Le prime comunioni dei nostri figli: movimento di intere comunità, gigli o calle tra le mani di questi bambini, che “giocano” con la croce di legno sul petto o con il cordoncino intorno alla vita. Catechiste più o meno agitate, anche loro emozionate, dopo che forse per mesi si sono lamentate con il parroco perché i loro bambini erano troppo vivaci e i loro genitori praticamente indifferenti. Volontari dispiegati in servizi d’ordine “stile concerto”, parenti che vogliono per forza stare davanti per fotografare tutto e tutti; segni che addobbano la chiesa, cartelloni, canti di festa, prove, mani giunte, inchini, in ginocchio, seduti. Chiacchiericcio in fondo e fuori della chiesa, con il parroco che invita al silenzio, una, due, tre volte… e poi si rassegna. Regali presi all’ultimo momento, “forse ti arriva il primo telefonino” (altro che il “compasso” o addirittura il “microscopio” dei nostri tempi), buste con centinaia di euro in mano ai ragazzini. E poi il ristorante, i nonni, gli zii, i cugini, le bomboniere, i confetti, i palloncini, magari per qualcuno pure i fuochi d’artificio.
In tutto questo, nella mitezza e nell’umiltà che Gli sono proprie, Lui si dona. È Pane di vita, in mezzo alla nostra confusione, nelle nostre fragilità (e a volte nella banalità delle nostre forme esteriori). Lui si dona, entrando nelle bocche di questi bambini come entrò a Gerusalemme, nella semplicità di un Re che cavalca un asinello. Forte nella sua tenerezza. Buono come il Pane.
Così, quasi chiedendoci il permesso, si dona ai nostri bambini, ai nostri figli. E a noi. Noncurante del resto, Egli va all’essenziale, nella semplicità e nel sapore del Pane. Desiderando un Incontro. Per nutrirci di Lui. È Corpo e Sangue donato per noi, che nutre le nostre vite, affamate d’Amore.
Noi crediamo in un Dio che si fa piccolo, perché l’Amore è attento ai piccoli particolari. Un Dio vicino, realmente presente nell’Eucaristia, che addirittura permette, nella libertà che ci dona, di non crederGli.
Ho avuto la Grazia più di una volta di incontrare bambini realmente (e non solo emozionalmente) attratti dal Signore, quasi capaci di incrociare il Suo sguardo.
Spesso noi adulti (a volte anche noi preti) non siamo capaci di aiutare i piccoli a vivere questo incrocio di Sguardi e questa unione. Ci mettiamo in mezzo e li ostacoliamo, questi bambini, impedendogli di vedere veramente Dio, oppure concedendo loro questo Incontro solo per qualche volta.
Mi auguro che possiamo, in queste domeniche di primavera, metterci accanto ai nostri figli, per percepire l’essenzialità del Momento, ed impegnarci, con loro e per loro, affinché questa Amicizia con Cristo sia il vero nutrimento della loro vita.
don Paolo Ricciardi