Gli affreschi sulla vita di sant’Antonino di Firenze, il priore del Beato Angelico, nel convento di San Marco a Firenze, di Elisabetta Galeffi
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Gli affreschi sulla vita di sant’Antonino di Firenze, il priore del Beato Angelico, nel convento di San Marco a Firenze, di Elisabetta Galeffi
Riprendiamo da L’Osservatore Romano del 17-18/5/2010 un articolo scritto da Elisabetta Galeffi con il titolo originario Squarci di Firenze seicentesca. Restaurati parte degli affreschi sulla vita di sant'Antonino nella basilica di San Marco a Firenze. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Sulla figura di sant’Antonino, nella Firenze umanistica dell’epoca, vedi su questo stesso sito L'umanesimo a Firenze (1350-1500): ascoltando il prof. Garfagnini (di A.L.).
Il Centro culturale Gli scritti (18/5/2010)
Si può dire che maggio è, a Firenze, il mese di sant'Antonino. Il 10 del mese è stata celebrata la sua festa, il Papa Adriano VI lo elesse alla gloria degli altari il 31 del 1523, mentre Giovanni XXIII, lo dichiarò patrono dell'arcidiocesi fiorentina, nel quinto centenario della sua morte, anche questa avvenuta a maggio, il giorno 2 del 1429.
Proprio in questo mese l'associazione "Friends of Florence", benefattori americani dell'arte fiorentina, ha ricordato il santo con la presentazione della prima parte del restauro delle lunette delle Scene dalla vita e dai miracoli di sant'Antonino: un ciclo pittorico seicentesco. Gli autori degli affreschi sono Bernardino Poccetti, Lorenzo Cerrini, Ludovico Buti, Alessandro Tiarini e in un secondo tempo, anche Giovanbattista Vanni.
Il restauro è un evento molto importante, perché l'enorme quantità di opere d'arte di primo piano, presenti nel capoluogo toscano, rende a volte impossibile il restauro di quelle di valore appena inferiore, come era avvenuto fino all'interessamento di "Friends of Florence" per questo ciclo. Nel riportare al loro quasi originario splendore questi dipinti, oltre a buona parte dei 48 medaglioni, che ritraggono Papi e cardinali dell'ordine domenicano, e le iscrizioni sottostanti, si è offerta la possibilità di riscoprire, anche la vita cittadina della Firenze seicentesca, narrata, con perizia di particolari, negli affreschi.
Il chiostro quattrocentesco sotto le cui volte si svolgono le storie è del Michelozzo, che dal 1437, su incarico di Lorenzo e Cosimo dei Medici, ridisegnò l'antico Convento e la Chiesa di San Marco, di base pretrecentesca, appartenuta fino ad allora ai monaci silvestrini. L'opera fu realizzata per accogliere il nuovo ordine dei frati domenicani osservanti di Fiesole, che Papa Eugenio IV, anch'egli domenicano, aveva voluto nella basilica.
Michelozzo concluse la costruzione del chiostro prima del 1440. Quattro lati porticati, coperti da volte a crociera, sorrette da slanciate colonne su cui si affacciano da ovest in senso antiorario: la chiesa, l'antico ospizio, la sala del refettorio e quella del Capitolo. Fra il 1439 e il 1444, il Beato Angelico, che fu monaco in questo convento, ornò il chiostro allora completamente spoglio, con gli affreschi sulle lunette delle porte de: Il Crocifisso e san Domenico, Cristo pellegrino, San Tommaso, San Pietro martire, San Domenico e Cristo in Pietà.
Frate Antonino, che nel 1437 era vicario generale dell'ordine dei domenicani osservanti a Firenze, fu tra i suggeritori dell'imponente ristrutturazione della basilica, che, all'epoca, si trovava al centro della vita di Firenze, accanto al Palazzo Medici Riccardi, residenza della famiglia Medici.
Antonio Pierozzi, nato a Firenze nel 1389, era figlio di un notaio. Riuscì, non con poche difficoltà a causa della sua figura molto gracile che faceva temere per la sua salute, a entrare nell'ordine domenicano e, in breve, divenne uno dei frati più influenti.
Con spirito consono a un uomo rinascimentale, umanesimo e razionalità, fra Antonino si preoccupò di dare un nuovo volto all'arcidiocesi fiorentina, partendo dalla organizzazione delle parrocchie, sorvegliando l'osservanza degli ideali evangelici nel clero e dell'istruzione dei fedeli. Esempi sono la ristrutturazione dell'Ospedale degli innocenti per orfani e trovatelli, l'introduzione della Compagnia dei Buonuomini di San Martino per dare un luogo dove vivere a chi da benestante era caduto in disgrazia e la creazione dell'Oratorio di Gesù pellegrino per il ricovero dei sacerdoti anziani.
Sant'Antonino non smise mai di essere un frate di grande spiritualità: malgrado il suo fisico mingherlino, la carriera ecclesiastica e gli onori, continuò per tutta la vita a compiere regolari visite pastorali nelle varie chiese cittadine e del contado predicando al popolo dei fedeli. Questo racconto della sua vita è quello che si trova nel chiostro del convento domenicano, reso più intenso dalla narrazione dei miracoli del santo e dalla vivacità delle figure e dei contesti paesaggistici.
Il 20 agosto del 1602 i frati della basilica di San Marco deliberarono che "fossero dipinte a fresco nel primo chiostro di quel convento alcune storie di sant'Antonino a maggior devozione verso il santo". La scelta rientrava nel clima della riforma cattolica, che divulgando la storia degli avvenimenti personali dei santi, rendendoli così psicologicamente più accessibili, voleva rendere le loro figure, anche emotivamente, esemplari per la gente comune.
Furono i signori della Firenze dell'epoca, riuniti in congregazioni, a finanziare ogni lunetta della vita del santo. L'Arme dei Guidi sottoscrive la scena della Consacrazione di San Marco, la notte dell'Epifania del 1442, oggi il loro nome e quello del pittore, Alessandro Tiarini unico bolognese di un gruppo di artisti tutti fiorentini, si leggono chiaramente a seguito dell'attuale restauro.
Un lavoro di recupero iniziato esattamente due anni fa e molto complicato dalle condizioni compromesse degli affreschi, che avevano subito forti danni sia dal pesante inquinamento dell'aria fiorentina in questa parte della città, sia da restauri precedenti, dove un abuso di resine estremamente nocive stava favorendo il distaccamento dei colori dalle pitture. Il video illustrativo, del prima e il dopo degli affreschi, mostra un risultato sorprendente. Visi e storie scomparse che riemergono, quasi per incanto, da macchie scure e illeggibili, grazie a tecnologie avanzate di lavoro e alla grande manualità dei restauratori.
(©L'Osservatore Romano - 17-18 maggio 2010)