La maestra che ha cambiato il minuetto di Natale. Da Gesù a Perù, così il canto è una scemenza. Il caso dell’insegnante di una scuola primaria del Pordenonese che ha fatto cantare ai suoi alunni una canzoncina di Natale; qualcuno la canticchiava anche a casa e i genitori, sorpresi, hanno sentito che la canterellavano dicendo «Perù» al posto di «Gesù», di Claudio Magris
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Riprendiamo dal Corriere della Sera un articolo di Claudio Magris pubblicato l’1/1/2018. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. la sotto-sezione Immigrazione, accoglienza, intercultura e integrazione.
Il Centro culturale Gli scritti (21/1/2018)
Opera di Giovanni Lonardo
Una maestra, si fa per dire, di una scuola primaria del Pordenonese fa cantare ai suoi alunni una canzoncina di Natale; qualcuno la canticchia anche a casa e i genitori, sorpresi, sentono che la canterellano dicendo «Perù» là dove la canzone dice «Gesù». Peccato non ci siano, nella canzone, parole quali cuor, amor, o dolor, perché in tal caso ci sarebbe posto anche per l’Ecuador. La maestra, si fa per dire, ha sostituito Gesù con Perù per non offendere alunni di altre religioni, soprattutto musulmani.
La volenterosa insegnante ha dato, credo senza volerlo, un esempio oggi particolarmente pericoloso di rifiuto del dialogo e della diversità. Dialogo significa conoscenza reciproca e dunque conoscere l’identità — culturale, religiosa, politica, sessuale — dell’altro e far conoscere la propria, ovviamente senza alcuna supponenza aggressiva e senza fanatismo, con naturalezza e libertà, senza imbarazzo. Conoscere e far conoscere il cristianesimo, l’ebraismo, il buddhismo, l’islamismo, il marxismo, il liberismo e le proprie scelte e convinzioni in merito è l’unico modo di incontrarsi. Ci sono certo, in ogni campo, specie inizialmente, maggioranze più forti e minoranze più deboli che non saranno più tali non solo quando non saranno più emarginate ma anche se, liberate dall’oppressione, si libereranno dal complesso quasi compiaciuto di sentirsi emarginati. Altrimenti si resterà nella spirale del rifiuto e del falso riguardo — è offensivo nei confronti degli islamici ritenere che possano sentirsi offesi da una canzone cristiana di Natale in un Paese di cultura cristiana, come sarebbe offensivo pensare che la preghiera del muezzin possa offendere il non musulmano che la sente. Non si dimentichi che Gesù nell’Islam è venerato, considerato il terzo in ordine di importanza dopo Maometto e Abramo, e la tradizione dice che ritornerà sulla terra alla fine dei tempi e apparirà sul minareto bianco della grande moschea di Damasco, nell’epifania della conciliazione finale. Che ci sia pure un Islam forsennato e omicida è una ragione di più per non mostrare alcuna timidezza nei suoi riguardi.
Esiste anche una dittatura delle minoranze, di cui parlava già Tocqueville. Un paio di giorni fa, poco prima di Natale, un treno partito da Parigi e diretto a Milano è rimasto bloccato per alcune ore dalla neve. Le ferrovie francesi hanno provveduto a ristorare i viaggiatori intrappolati nel freddo, offrendo loro un pasto. Un pasto unicamente e soltanto vegano. Altra stupidaggine, incosciente generatrice di futuri rifiuti violenti. Sarebbe stato giusto e doveroso offrire pasti vegani e pasti non vegani, perché i vegani non sono né inferiori né superiori agli altri nelle loro esigenze e preferenze e qualcuno desideroso, nel freddo, di carne non è meno degno di attenzione di chi mangia altri cibi, contribuendo anch’egli a distruggere esseri viventi, sia pure così piccoli da non poter suscitare l’attenzione e la compassione degli umani.
Sciocchezze come il Perù sostituito a Gesù contribuiscono a portare una valanga di voti ai partiti ostili ad ogni dialogo e ad ogni accoglienza. Non credo che l’insegnante del Pordenonese sia un’agente o una propagandista di Salvini. Sergio Bolzonello, vicepresidente del Friuli-Venezia Giulia, auspica che l’insegnante abbia agito in buona fede. Temo egli abbia ragione, ma spero di no, perché se si agisce in malafede ci si rende almeno conto di sbagliare e di far il male, consapevolezza necessaria a un’eventuale ed auspicabile correzione, ma se si fanno sbagli o si compiono atti ingiusti convinti di far bene, si continuerà a commetterli in perfetta buona fede e con buona coscienza, incapaci di poter accorgerci di aver sbagliato. Ma chi ignorantemente pecca, diceva la nonna a Biagio Marin, ignorantemente si danna.
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