Eliseo come erede profetico di Elia: «La doppia parte dell’eredità del tuo spirito, cioè quella che spetta all’erede, al primogenito, sia in me», non «due terzi del tuo spirito» come traduce erroneamente la Bibbia CEI, di Andrea Lonardo (Brani di difficile interpretazione della Bibbia, XXIX)
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Il Centro culturale Gli scritti (7/1/2018)
Alla domanda di Elia, ormai prossimo alla morte «Domanda che cosa io possa debba fare per te, prima che sia portato via da te», Eliseo risponde «La doppia parte del tuo spirito sia in me» (2 Re 2,9).
L’espressione numerica recita letteralmente in ebraico pi-shnaim, cioè “due misure”, “due parti”. Ma, come spiega bene lo Zorell (Lexicon hebraicum Veteris Testamenti, Roma, Pontificio Istituto Biblico, 1984, p. 643, voce Peh, os) il riferimento è a quella «portio copiosor, qualem pater primogenito dare solebat» con riferimento a Dt 21,17: insomma il padre era tenuto per la legge ebraica a dare al primogenito una parte più copiosa, una doppia parte, a colui che era il suo vero erede. Eliseo insomma chiede ad Elia di ricevere lo spirito del Signore per essere il suo erede, il suo primogenito, il vero erede che profetizzi da ora in avanti con lo stesso spirito profetico del padre Elia.
Le note della Bibbia di Gerusalemme (redatte dai domenicani dell’École biblique et archéologique française de Jérusalem – EBAF) spiegano correttamente: «Il figlio maggiore riceveva una doppia parte dell’eredità paterna (Dt 21,17). Eliseo vuole essere riconosciuto come il principale erede spirituale di Elia».
Non quindi “due terzi” dello spirito di Elia, come recita la Bibbia CEI 2008 che traduce erroneamente, sulla scorta della precedente edizione, quasi che Eliseo ricevesse solo una parte “diminuita” dello spirito di Elia, bensì la parte dell’erede, quella “doppia”, quella che solo uno dei figli, il primogenito, riceveva.
Elia non si oppone alla richiesta, anche se sa che è una richiesta estremamente impegnativa («Tu pretendi una cosa difficile» 2 Re 2,10) ma pone solo la condizione che Eliseo lo veda fino all’ultimo momento, fino al momento in cui sarà “portato via” da Dio: è come se gli ponesse come condizione di essere discepolo fino alla fine, perché solo dalla morte del maestro si possa apprendere definitivamente la presenza di Dio e solo Dio possa dare lo spirito profetico che, di per sé, nessun suo messaggero è in grado di offrire da solo al suo discepolo.