Perché i musulmani siriani sognano l’Europa e non i paesi arabi? Meglio profughi che schiavi. L’islamologo gesuita padre Samir Khalil Samir: «Sanno che nei paesi arabi i lavoratori sono trattati come schiavi. Il modello di società poi è lo stesso che vuole applicare l’Isis»
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Il Centro culturale Gli scritti (7/1/2018)
Foto Ansa/Ap
La stragrande maggioranza dei profughi che scappano dalla guerra in Siria è musulmana. Perché allora cerca rifugio in Occidente e non nei paesi islamici del Golfo, più vicini a loro sia dal punto di vista geografico che della cultura? Non è solo perché le monarchie arabe hanno sbattuto loro la porta in faccia, spiega ad AsiaNews padre Samir Khalil Samir.
«LAVORATORI IMMIGRATI COME SCHIAVI». Il gesuita islamologo di origini egiziane, già professore all’università St. Joseph di Beirut e attuale rettore pro tempore del Pontificio Istituto Orientale a Roma, spiega: «I profughi siriani pensano essenzialmente all’emigrazione in Occidente», perché qui sperano di trovare «più lavoro e più apertura di cuore. Non sognano di andare in altri paesi musulmani o in nazioni arabe ricche come Arabia Saudita, Qatar ed Emirati Arabi Uniti dove, se anche c’è lavoro, essi sono trattati come bassa manovalanza». I siriani infatti sanno bene che nei paesi musulmani «vi è un concetto di classe, che si somma a quello religioso» e «trattano i lavoratori immigrati pakistani e indiani come schiavi, stessa sorte per i filippini e non parliamo degli africani». Inoltre la religione islamica non è più qualcosa che unisce in Medio Oriente, ma che divide.
«NON SOGNANO I PAESI MUSULMANI». All’origine dei successi dell’Isis, continua padre Samir, c’è «l’odio secolare dei sunniti» nei confronti delle altre fazioni dell’islam. «In Siria hanno approfittato del fatto che il 70% della popolazione era sunnita, gli alawiti il 15%, i cristiani il 9% e poi una piccola percentuale di drusi. I siriani che non hanno più casa non sognano certo di andare nei paesi musulmani o nelle nazioni arabe ricche».
CITTADINANZA. Se in Occidente, poi, i migranti avrebbero la possibilità di stabilirsi per tutta la vita, la stessa cosa non vale per i paesi arabi, dove la cittadinanza non viene mai concessa agli immigrati. «Il problema demografico è un aspetto reale», afferma l’islamologo. Non concedendo la cittadinanza, Arabia Saudita, Qatar e gli altri Stati arabi possono «mantenere gli immigrati in condizioni di sfruttamento per un periodo limitato di tempo».
«NESSUN RISPETTO PER LA PERSONA». Infine, scappare dallo Stato islamico per entrare nei paesi arabi sarebbe come cadere dalla padella nella brace. Nel Golfo, infatti, «non c’è rispetto per i diritti, non c’è rispetto per la persona, il modello è quello della società islamica del VII secolo, lo stesso anche l’Isis vuole applicare e riprodurre in scala».