San Paolo e le origini della Riforma. Alla ricerca di un cammino comune. Antologia di testi preparata per la lezione del Corso di formazione per guide turistiche "Luoghi dei santi a Roma. Memorie e reliquie" (Ufficio per le aggregazioni laicali e le confraternite e Ufficio catechistico di Roma)
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Andrea Lonardo www.gliscritti.it
1/ È più grande ciò che ci unisce di ciò che ci divide
1.1/ Principio teologico e spirituale che illumina ogni dettaglio e che quindi illumina ogni successivo discorso
Giovanni Paolo II, Enciclica Ut unum sint, 20
Così credeva nell'unità della Chiesa Papa Giovanni XXIII e così egli guardava all'unità di tutti i cristiani. Riferendosi agli altri cristiani, alla grande famiglia cristiana, egli constatava: "È molto più forte quanto ci unisce di quanto ci divide".
Papa Francesco discorso tenuto il 31/10/2016 a Malmö in Svezia
«Tra di noi è molto più quello che ci unisce di quello che ci separa». Ne è segno anche il lavoro comune che luterani e cattolici fanno insieme per testimoniare nell’amore verso gli uomini la scoperta che Dio è amore
1.2/ Lo sguardo è ormai quello del Concilio Vaticano II che mostra come la discussione sul principio della sola Scriptura sia totalmente superato: Gesù è la Parola
Dei Verbum: la Parola di Dio completa è Gesù: noi non siamo un “popolo del libro”
La Parola di Dio è trasmessa dalla chiesa
La Parola di Dio è messa per iscritto come “regola” della fede. La Bibbia è Parla di Dio, non è “la” Parola di Dio
Tutte le lettere di san Paolo brillano della consapevolezza che il volto di Dio ci è stato rivelato in Gesù
Cfr. la Lettera ai Romani, la più importante per tutta la Riforma, scritta proprio ai cristiani di questa città
Rom 1,1-4
Paolo, servo di Cristo Gesù, apostolo per chiamata, scelto per annunciare il vangelo di Dio – che egli aveva promesso per mezzo dei suoi profeti nelle sacre Scritture e che riguarda il Figlio suo, nato dal seme di Davide secondo la carne, costituito Figlio di Dio con potenza, secondo lo Spirito di santità, in virtù della risurrezione dei morti, Gesù Cristo nostro Signore;
1 Tes 2,13
Noi rendiamo continuamente grazie a Dio perché, ricevendo la parola di Dio che noi vi abbiamo fatto udire, l’avete accolta non come parola di uomini ma, qual è veramente, come parola di Dio, che opera in voi credenti.
1.1.1/ Ma anche principio da tenere sempre presente nella presentazione di ogni cosa in un tempo di confusione
cfr. C.S. Lewis, Il cristianesimo così com’è, Adelphi
1.2/ Differenza fra ecumenismo e dialogo inter-religioso
Sura IV («Sura delle donne»), 157
Nel contesto di rimproveri fatti agli ebrei di Medina, essi sono accusati per aver detto: «"Abbiamo ucciso il Messia, Gesù figlio di Maria, l'Apostolo di Dio!", mentre non l'hanno ucciso né crocifisso, ma soltanto sembrò loro [di averlo ucciso]. In verità, coloro che si oppongono a [Gesù], sono certamente in un dubbio a suo riguardo. Essi non hanno alcuna conoscenza di [Gesù]; non seguono che congetture e non hanno ucciso [Gesù] con certezza».
-rifiuto del Battesimo da parte di gruppi che sono solo apparentemente cristiani (es. Testimoni di Geova)
1.3/ I 3 grandi punti fermi di ogni ecumenismo e di ogni fede cristiana: Gesù uomo e Dio, la Trinità, il battesimo nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito
dalla Postfazione di M. Fédou a F. Varillon, Un compendio della fede cattolica, EDB, Bologna, 2007, p. 97
Padre Varillon ha detto e ridetto l’importanza centrale di ciò che chiamava «l’essenziale dell’essenziale», ossia delle «tre verità fondamentali e congiunte» che sono «la Trinità, l’Incarnazione, la nostra divinizzazione»:
«[...] La divinizzazione della persona non è possibile che tramite l’Incarnazione, e l’Incarnazione non è possibile se Dio non è Trinità. Tutto il resto, in un modo o nell’altro, deve ricondursi a questo. Dunque che si parli di peccato o di virtù cristiane, che si commenti questa o quella scena dell’Evangelo, questo essenziale è sempre sullo sfondo» (F. Varillon, Bellezza del mondo e sofferenza umana. Colloqui con Charles Ehlinger, Bayard, Paris, p. 115)
1.4/ La realtà della chiesa e dei sacramenti
Massimamente con gli ortodossi
Riconoscere la verità del Battesimo
Ma anche con i luterani: Lutero credeva nella presenza reale di Gesù nell’Eucarestia
da A. Sabetta, Sacramento e parola in Lutero, apparso in “Rassegna di teologia” 51 (2010), pp. 583-606
La Confessio augustana (CA) definisce la chiesa «l'assemblea dei santi nella quale si insegna il Vangelo nella sua purezza e si amministrano correttamente i sacramenti» (VII), Parola e Sacramenti che, «in virtù della disposizione e dell'ordine di Cristo, sono efficaci anche se sono amministrati da malvagi» (VIII). […]
La questione dei sacramenti ha focalizzato ed è rimasta centrale nella teologia di Lutero, se si considera che tutto il decennio 1519-1528 è fortemente attraversato da una riflessione sulla tematica sacramentale, volta non solo a determinare la natura del sacramento e i suoi elementi costitutivi, ma anche ad analizzare i due sacramenti della fede, cioè il battesimo e la santa cena. [...]
-l’esemplificazione iconografica di Caravaggio nel Martirio di San Matteo
- e di Michelangelo e Caravaggio nella Cappella Paolina e nella Cappella Cerasi
-e del “teatro” barocco: il baldacchino del Bernini
1.5/ L’unica confessione dei martiri
-chi non ama il nemico e non perdona chi lo uccide non è un martire
Papa Francesco, discorso al movimento del Rinnovamento nello Spirito il 3/7/2015
«Noi sappiamo che quando quelli che odiano Gesù Cristo uccidono un cristiano, prima di ucciderlo, non gli domandano: “Ma tu sei luterano, tu sei ortodosso, tu sei evangelico, tu sei battista, tu sei metodista?”. Tu sei cristiano! E tagliano la testa. Questi non confondono, sanno che c’è una radice lì, che dà vita a tutti noi e che si chiama Gesù Cristo, e che c’è lo Spirito santo che ci porta verso l’unità! Quelli che odiano Gesù Cristo guidati dal maligno non sbagliano, sanno e per questo uccidono senza fare domande».
1.6/ La testimonianza comune
a/ di Dio
Papa Francesco: la fede non è una sub-cultura
da Benedetto XVI nella Celebrazione ecumenica nella Chiesa dell'ex-Convento degli Agostiniani di Erfurt, del 23 settembre 2011
Testimoniare questo Dio vivente è il nostro comune compito nel momento attuale.
L’uomo ha bisogno di Dio, oppure le cose vanno abbastanza bene anche senza di Lui?
dal discorso tenuto da Benedetto XVI nell’incontro con i rappresentanti del consiglio della "Chiesa Evangelica in Germania" nella Sala del Capitolo dell'ex-Convento degli Agostiniani di Erfurt, il 23 settembre 2011
In questo cammino non gli interessava questo o quello. Ciò che non gli dava pace era la questione su Dio, che fu la passione profonda e la molla della sua vita e dell’intero suo cammino. “Come posso avere un Dio misericordioso?”: questa domanda gli penetrava nel cuore e stava dietro ogni sua ricerca teologica e ogni lotta interiore[…] La maggior parte della gente, anche dei cristiani, oggi dà per scontato che Dio, in ultima analisi, non si interessa dei nostri peccati e delle nostre virtù. […] Se si crede ancora in un al di là e in un giudizio di Dio, allora quasi tutti presupponiamo in pratica che Dio debba essere generoso e, alla fine, nella sua misericordia, ignorerà le nostre piccole mancanze. La questione non ci preoccupa più. Ma sono veramente così piccole le nostre mancanze?
papa Francesco nell’Incontro per la libertà religiosa con la comunità ispanica e altri immigrati presso l’Independence Mall, a Philadelphia il 26/9/2015
«La libertà religiosa, per sua natura, trascende i luoghi di culto, perché il fatto religioso, la dimensione religiosa, non è una subcultura, è parte della cultura di qualunque popolo e qualunque nazione».
Papa Francesco, Evangelii Gaudium 200
Dal momento che questa Esortazione è rivolta ai membri della Chiesa Cattolica, desidero affermare con dolore che la peggior discriminazione di cui soffrono i poveri è la mancanza di attenzione spirituale. L’immensa maggioranza dei poveri possiede una speciale apertura alla fede; hanno bisogno di Dio e non possiamo tralasciare di offrire loro la sua amicizia, la sua benedizione, la sua Parola, la celebrazione dei Sacramenti e la proposta di un cammino di crescita e di maturazione nella fede. L’opzione preferenziale per i poveri deve tradursi principalmente in un’attenzione religiosa privilegiata e prioritaria.
b/ dell’uomo e della società
Paolo VI all’ONU il 4 ottobre 1965
Questo incontro, voi tutti lo comprendete, segna un momento semplice e grande. Semplice, perché voi avete davanti un uomo come voi; egli è vostro fratello, e fra voi, rappresentanti di Stati sovrani, uno dei più piccoli, rivestito lui pure, se così vi piace considerarci, d'una minuscola, quasi simbolica sovranità temporale, quanta gli basta per essere libero di esercitare la sua missione spirituale, e per assicurare chiunque tratta con lui, che egli è indipendente da ogni sovranità di questo mondo. Egli non ha alcuna potenza temporale, né alcuna ambizione di competere con voi […] Ma Noi dicevamo, e tutti lo avvertite, che questo momento è anche grande. Grande per Noi, grande per voi. Per Noi, anzitutto. Oh! voi sapete chi siamo; e, qualunque sia l'opinione che voi avete sul Pontefice di Roma, voi conoscete la Nostra missione; siamo portatori d'un messaggio per tutta l'umanità; e lo siamo non solo a Nostro nome personale e dell'intera famiglia cattolica, ma lo siamo pure di quei Fratelli cristiani, che condividono i sentimenti da Noi qui espressi, e specialmente di quelli da cui abbiamo avuto esplicito incarico d'essere anche loro interpreti. Noi siamo come il messaggero che, dopo lungo cammino, arriva a recapitare la lettera che gli è stata affidata […]
1. Il Nostro messaggio vuol essere, in primo luogo, una ratifica morale e solenne di questa altissima Istituzione. […] Dicendo questo, Noi sentiamo di fare Nostra la voce dei morti e dei vivi; dei morti, caduti nelle tremende guerre passate sognando la concordia e la pace del mondo; dei vivi, che a quelle hanno sopravvissuto portando nei cuori la condanna per coloro che tentassero rinnovarle; e di altri vivi ancora, che avanzano nuovi e fidenti, i giovani delle presenti generazioni, che sognano a buon diritto una migliore umanità. E facciamo Nostra la voce dei poveri, dei diseredati, dei sofferenti, degli anelanti alla giustizia, alla dignità della vita, alla libertà, al benessere e al progresso. I popoli considerano le Nazioni Unite come il palladio della concordia e della pace; Noi osiamo, col Nostro, portare qua il loro tributo di onore e di speranza. Ecco perché questo momento è grande anche per voi.
papa Francesco tenuto il 31/10/2016 nell’evento ecumenico nella Malmö Arena, in occasione della Commemorazione Comune luterano-cattolica della Riforma (31 ottobre – 1 novembre 2016)
Grazie a questo nuovo clima di comprensione, oggi Caritas Internationalis e Lutheran World Federation World Service firmeranno una dichiarazione comune di accordi, allo scopo di sviluppare e consolidare una cultura di collaborazione per la promozione della dignità umana e della giustizia sociale. Saluto cordialmente i membri di entrambe le organizzazioni che, in un mondo frammentato da guerre e conflitti, sono state e sono un esempio luminoso di dedizione e servizio al prossimo. Li esorto a continuare sulla strada della cooperazione. […] È una buona notizia sapere che i cristiani si uniscono per dar vita a processi comunitari e sociali di comune interesse.
1.7/ Una visione sintetica della fede
I 4 pilastri (cfr. i 2 Catechismi di Lutero, il Maggiore e il Minore, il Catechismo di Calvino e il Catechismo del Concilio di Trento): la fede professata, la fede celebrata, la fede vissuta e la fede pregata
Le tre virtù: fede, speranza e carità
La fede cristiana non è complicata
2/ Le differenze possono tranquillamente essere dette nell’amore, poiché la libertà della discussione e la ricerca della verità appartengono intrinsecamente al cristianesimo
2.1/ Non le questioni periferiche delle indulgenze
- una storia più precisa, non solo su dettagli come le tesi e le indulgenze
- cfr. L'affissione delle 95 Tesi di Lutero: storia o leggenda?, di Giancarlo Pani S.J.
R. Sabene, Fede, accoglienza e indulgenze nella Fabbrica di San Pietro in Vaticano, in A. Di Sante – S. Turriziani (a cura di), Quando la Fabbrica costruì San Pietro. Un cantiere di lavoro, di pietà cristiana e di umanità. XVI-XIX secolo, pp. 43-61
L. Palermo, Le finanze pontificie all’epoca di Leone X, in Leone X. Finanza, mecenatismo, cultura, I, Roma, 2016, pp. 45-58
- cfr. anche il pellegrinaggio di Lutero a Roma
2.2/ Nemmeno di per sé la questione della Scrittura
Non era assente la Parola di Dio, bensì la lettura personale della Scrittura
da C. M. Martini, La Sacra Scrittura nutrimento e regola della predicazione e della religione, (commento al capitolo VI della Dei Verbum), in La Bibbia nella Chiesa dopo la «Dei Verbum». Studi sulla costituzione conciliare, Paoline, Roma, 1969, pp. 157-172 (in particolare 165-172)
In Germania, tra il 1450 e il 1500 furono stampate oltre 25 edizioni della Bibbia latina e 15 in lingua volgare. In Svizzera, nella sola Basilea, si produssero 18 edizioni della Bibbia tra il 1450 e il 1500. In Italia nello stesso periodo erano uscite 27 edizioni, di cui 22 nella sola Venezia e una rispettivamente a Roma, Napoli, Brescia, Piacenza e Vicenza. Di queste 27 edizioni, 10 erano in volgare, tutte edite a Venezia: 9 edizioni della versione del Malermi, e una della versione anonima detta Bibbia d'agosto, perché pubblicata il 1° agosto 1471.
Non si può dunque sottoscrivere la frase di Lutero, pronunciata in uno dei suoi discorsi conviviali (Tischreden), il 22 febbraio 1538, secondo cui prima della sua riforma la Bibbia era «a tutti sconosciuta». «A vent'anni - dice Lutero - io non avevo ancora veduto una Bibbia». L'espressione è forse un po' esagerata, e certamente non indicativa della reale situazione di allora, se si pensa che del solo periodo 1459-1500 ci sono state conservate 5400 Bibbie stampate, che non sono se non una piccola parte delle decine di migliaia allora in circolazione.
da La lettura della Bibbia nella chiesa, tra protestantesimo e cattolicesimo. Appunti (almeno in parte) controcorrente, di Andrea Lonardo (su www.gliscritti.it )
Il passaggio in area protestante ad un più accorto ed addirittura sospettoso utilizzo della Scrittura nella formazione dei laici è presentato in dettaglio da Jean-François Gilmont, Riforma protestante e lettura, in Cavallo Guglielmo - Chartier Roger, Storia della lettura nel mondo occidentale, Laterza, Roma - Bari, 2009, pp. 243-275 e da Susanna Peyronel Rambaldi, Educazione evangelica e catechistica: da Erasmo al gesuita Antonio Possevino, in Ragione e “civilitas”. Figure del vivere associato nella cultura del ’500 europeo, Bigalli Davide (a cura di), Franco Angeli, Milano, 1986, pp. 73-92.
Gilmont ricorda come Lutero, fin dal 1520, in Alla nobiltà cristiana della nazione tedesca, propendesse per un insegnamento della fede semplificato e controllato dalla nuova autorità:
«Quanto ai libri teologici, bisognerebbe anche ridurne il numero e scegliere i migliori. Non ci sarebbe neppure bisogno di leggere molto, bensì di leggere buone cose e di leggerle spesso, per poco che ciò sia. Ecco ciò che rende dotti nella Sacra Scrittura e pii al tempo stesso» (p. 251).
Ma soprattutto «dopo la Guerra dei Contadini e sotto l'effetto del proliferare di interpretazioni eterodosse della Scrittura, il suo discorso si evolve. Egli insiste a proposito del controllo della Chiesa sull'accesso alla Bibbia. La Parola racchiusa nella Bibbia resta lettera morta, se non è trasmessa dalla predicazione. “Il Regno di Cristo - afferma in una predica del 1534 - è fondato sulla Parola, che non si può afferrare né comprendere senza i due organi, le orecchie e la lingua”. Nel 1529, dopo aver composto i suoi due catechismi, egli insiste perché questo manuale sia messo nelle mani di tutti: “Il catechismo è la Bibbia del laico; contiene tutto ciò che un cristiano deve conoscere della dottrina cristiana”» (pp. 251-252).
Una analoga evoluzione si può riscontrare in Melantone: «Nella Prefazione ai Loci communes del 1521, egli presenta il proprio libro come una modesta introduzione destinata a scomparire di fronte alla lettura della Bibbia; auspica ardentemente che “tutti i Cristiani si applichino in assoluta libertà alla sola lettura delle Scritture Sante”. Al contrario, nella Prefazione del 1543, egli insiste sulla necessità di questi ministri del Vangelo, che Dio desidera far preparare nelle scuole. Sono loro che Egli ha voluto come guardiani dei Libri dei Profeti e degli Apostoli e dei dogmi autentici della Chiesa» (p. 252).
Anche nella nuova Inghilterra anglicana la direzione è la medesima:
«A lungo Enrico VIII interdice ogni diffusione della Bibbia in inglese. Infine, nel 1543, cede alle pressioni della propria cerchia. Ma l'autorizzazione a stampare la Bibbia in inglese è corredata da restrizioni significative. Egli distingue tre categorie di persone e di letture. Nobili e gentiluomini possono non solo leggere, ma anche far leggere a voce alta la Scrittura in inglese per se stessi e per tutti coloro che abitano sotto il loro tetto. Basta la presenza di un membro della nobiltà per autorizzare il libero accesso alla Scrittura. All'altro estremo della scala sociale, la lettura della Bibbia in inglese è totalmente interdetta a “donne, artigiani, apprendisti e dipendenti al servizio di persone di rango pari o inferiore a quello di piccoli proprietari, agricoltori e manovali”. Quanti si situano fra queste due categorie - di fatto i borghesi come le donne nobili, “possono leggere, per se stessi e per altri, tutti i testi della Bibbia e del Nuovo Testamento”. Questa categoria intermedia ha dunque la competenza bastante a non lasciarsi fuorviare, ma manca dell'autorità per imporsi sul proprio ambiente» (p. 253).
Nella Svizzera calvinista si incontrano analoghe cautele. Pesò evidentemente in tutti quei padri riformatori che spinsero verso una direzione istituzionale i nuovi fermenti il giudizio negativo sull’utilizzo della Scrittura fatto dai capi della rivolta dei contadini, così come da altre letture del testo sacro dissonanti con quella proposta dalle correnti ufficiali della riforma. Si ebbe insomma cura di vigilare affinché una “corretta” interpretazione della Scrittura non portasse al sovvertimento dell’autorità politica e della nuova autorità religiosa.
Gilmont ricorda che solo nelle frange più estremiste della riforma, in effetti, si mantenne la libera interpretazione della Scrittura. Ma, anche qui, egli sfuma poi subito il giudizio, attestando che presto si giunse anche in quelle ad una nuova ortodossia che restringeva le letture possibili per uniformarsi a quella dei leaders dei gruppi stessi: «A Zurigo, gli anabattisti restano fedeli alle prime prese di posizione di Zwingli e aderiscono ad un'interpretazione radicale della Scrittura: “Dopo aver preso anche noi fra le mani la Scrittura e averla interrogata su tutti i punti possibili, siamo divenuti più istruiti e abbiamo scoperto gli errori enormi e vergognosi commessi dai pastori”. Con sfumature diverse, gli spiritualisti adottano posizioni vicine, rifiutando ogni intervento autoritario nel contatto con i libri sacri. La loro posizione è strettamente connessa alla convinzione della priorità dello Spirito sul testo. Nel Manifesto di Praga, del 1521, Thomas Münzer squalifica i preti che propongono una Scrittura “celata con fare sornione nella Bibbia, con la furberia dei briganti e la crudeltà degli assassini”. Solo gli eletti sono beneficiari della Parola vivente: “Quando il seme cade sul campo fertile, vale a dire nei cuori riempiti del timor di Dio, lì si trovano la carta e la pergamena su cui Dio scrive non con l'inchiostro, ma col suo dito vivente la vera Scrittura santa, di cui la Bibbia esteriore è autentica testimonianza. Münzer però sa di vivere in una società poco adatta alla lettura individuale. Così egli auspica, in testa alla sua Predica ai prìncipi, del 1524, “che i servitori di Dio, zelanti e infaticabili, diffondano quotidianamente la Bibbia attraverso il canto, la lettura e la predicazione”. Nella stessa logica, egli desidera una liturgia che si svolga in una lingua compresa dal popolo. E si augura che la Bibbia sia letta ad alta voce di fronte al popolo, per consentirgli di appropriarsene. È vero che questo ideale fu disatteso e che Münzer sostituì ben presto la propria predicazione al dettato della Bibbia» (pp. 254-255).
Recentemente è stato Luther Blisset, l’autore collettivo di Q (Einaudi, Torino, 1999), a ricordare in forma romanzata come tutti i rami della riforma si siano presto irrigiditi a propugnare la loro visione dell’ortodossia. Nel romanzo storico Q i gruppi minoritari della riforma divengono alla fin fine ancora più integralisti dei gruppi maggioritari e la narrazione evidenzia non solo le tensioni fra cattolicesimo e mondo protestante, ma anche quella violenta fra luteranesimo e calvinismo da un lato ed i gruppi più rivoluzionari dall’altro.
2.3/ Una modalità di presentare la Parola di Dio secondo i “misteri” di Cristo, cioè secondo le feste dell’anno liturgico
- il Concilio di Trento
Secondo decreto del Concilio stesso Sulla lettura della S. Scrittura e la predicazione
«1. […] perché non avvenga che il tesoro celeste dei libri sacri, che lo Spirito Santo ha dato agli uomini con somma liberalità, rimanga trascurato, ha stabilito e ordinato che nelle chiese, in cui vi sia una prebenda o una dotazione, o uno stipendio comunque chiamato destinato ai lettori di sacra teologia, i vescovi, gli arcivescovi, i primati e gli altri ordinari locali obblighino, anche con la sottrazione dei frutti relativi, quelli che hanno questa prebenda, dotazione o stipendio, ad esporre e spiegare la Sacra Scrittura personalmente, se sono idonei, altrimenti per mezzo di un sostituto adatto, da scegliersi dai vescovi, dagli arcivescovi, dai primati e dagli altri ordinari stessi.
Per il futuro tale prebenda, dotazione o stipendio non dovrà esser conferito se non a persone adatte, che siano capaci di esplicare tale ufficio da se stessi. Ogni provvista fatta altrimenti sia nulla e invalida. [...]»
- Il ciclo della Chiesa Nuova (Santa Maria in Vallicella), ma anche i mosaici di Santa Maria Maggiore, cero pasquale di San Paolo fuori le Mura, gli affreschi di San Giovanni a Porta latina, i mosaici con le storie della vergine di Santa Maria in Trastevere, frammenti di affreschi del cavallini in Santa Cecilia in Trastevere nelle pareti a fianco del Giudizio, gli stucchi di San Giovanni in Laterano, ecc. cc.
- il San Matteo di Caravaggio
2.4/ La grande questione della tradizione (cioè della presenza di Dio nella Chiesa, nella Chiesa che dona la Parola agli uomini in ogni epoca)
- Gesù ha voluto la Chiesa, Gesù ha voluto Pietro, Gesù ha voluto la presenza sacramentale in maniera indissolubile da quella scritturistica
U. Betti, La trasmissione della divina rivelazione, in La costituzione dogmatica sulla divina rivelazione, LDC, Torino-Leumann, 1967, pp. 234-250
A differenza della Scrittura, la predicazione viva traduce in pratica quanto annunzia e ne attualizza, per quanto possibile, la realtà intera. Una cosa, per esempio, è raccontare l’istituzione e la celebrazione dell’eucarestia; altra cosa è celebrarla e parteciparne. Il racconto rimane sul piano storico e nozionale; la celebrazione ne dà esperienza spirituale e conferisce la grazia che salva. La trasmissione della predicazione apostolica al di fuori della Scrittura, come pure tutto ciò che ne è oggetto, si chiama Tradizione. […]
Ai fini della trasmissione e della conoscenza di tutta la Rivelazione, la Tradizione e la Scrittura, sono tutt’e due necessarie, e quindi né l’una né l’altra è sufficiente da sola. Questo dice che tra di esse esiste un rapporto di mutua interdipendenza, fondato su elementi che ambedue hanno in comune e su elementi propri a ciascuna.
- l’una dona la Parola viva, l’altra è “regola”; Cfr. S. & K. Hahn, Roma dolce casa, Ares, Milano, 2012
- L’aggiunta di San Pietro nella Vocazione di Matteo di Caravaggio
- Qui ancora Paolo e Pietro
Gal 2,14 Quando vidi che non si comportavano rettamente secondo la verità del Vangelo, dissi a Cefa in presenza di tutti: «Se tu, che sei Giudeo, vivi come i pagani e non alla maniera dei Giudei, come puoi costringere i pagani a vivere alla maniera dei Giudei?».
Eppure tutti gli apostoli riconoscono il ruolo di Cefa/Pietro
Giovanni che attende ad entrare nel sepolcro e ricorda poi il dialogo con Gesù su Gv e Pt
Così i sinottici
Così Paolo: sia in Atti, sia sempre in Galati
Gal 2,8-9: Colui che aveva agito in Pietro per farne un apostolo dei circoncisi aveva agito anche in me per le genti – e riconoscendo la grazia a me data, Giacomo, Cefa e Giovanni, ritenuti le colonne, diedero a me e a Bàrnaba la destra in segno di comunione, perché noi andassimo tra le genti e loro tra i circoncisi.
1 Cor 15,3-8: A voi ho trasmesso, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto, cioè
che Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture
e che fu sepolto
e che è risorto il terzo giorno secondo le Scritture
e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici.
In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta: la maggior parte di essi vive ancora, mentre alcuni sono morti. Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli apostoli. Ultimo fra tutti apparve anche a me come a un aborto.
Anche con turisti e pellegrini protestanti, come con cattolici o atei, si può presentare il legame fra Pietro e Paolo
Cfr. iconografia del loro abbraccio, del loro comune martirio (e sostituzione ai 2 fondatori di Roma, Romolo e Remo): i nuovi fondatori di Roma
Senza Pietro e Paolo Roma non sarebbe ciò che è
- Giovanni Paolo II, Ut unum sint 95
Sono convinto di avere a questo riguardo una responsabilità particolare, soprattutto nel constatare l'aspirazione ecumenica della maggior parte delle Comunità cristiane e ascoltando la domanda che mi è rivolta di trovare una forma di esercizio del primato che, pur non rinunciando in nessun modo all'essenziale della sua missione, si apra ad una situazione nuova.
- difficoltà del non accettare più il sola Scriptura da parte protestante
2.5/ L’iconografia dai primi secoli, al II Concilio di Nicea, a Lutero, a Calvino (un’esemplificazione della “tradizione”)
II Concilio di Nicea (787)
«Se qualcuno rifiuta che i racconti evangelici siano rappresentati con disegni, sia anatema. Se qualcuno non saluta queste (immagini), (fatte) nel nome del Signore e dei suoi santi, sia anatema. Se qualcuno rigetta ogni tradizione ecclesiastica, sia scritta che non scritta, sia anatema».
«Se qualcuno non ammette che Cristo, nostro Dio, possa essere limitato, secondo l'umanità, sia anatema».
Il problema iconoclastico dopo Lutero
da Olivier Christin, I protestanti e le immagini, in Arti e storia nel Medioevo. IV Il Medioevo al passato e al presente, Einaudi, Torino, 2004, pp. 99-100
La posizione di Lutero riguardo alle immagini si modifica sensibilmente intorno al 1520-22 in parte a causa del conflitto con Carlostadio. La svolta può essere forse individuata, in questo caso, nei sermoni della Quaresima del 1522. Pur mantenendo vivi gli attacchi contro la falsa sicurezza delle buone opere e il lusso inutile, Lutero sottolinea che nessuno, nemmeno il più semplice di spirito, è tanto sciocco da confondere l'immagine con chi essa rappresenta, e prendere per divini dei segni umani. Inoltre, Lutero contesta l'efficacia politica dell'iconoclastia.
L'iconoclastia luterana non esiste in sé. È tutta questione di contesto locale, di rapporti di forze tra il clero, il magistrato del luogo, la popolazione urbana. Non c'è un unico modello di ritiro delle immagini.
In un grande numero di casi, il magistrato cittadino, il Rat, intende conservare il controllo del processo di trasformazione delle chiese. Il fine e la giustificazione di questo atteggiamento sono quelli di evitare tumulti, di mantenere l'ordine, di impedire gli scandali. D'altronde, fu questo uno degli argomenti principali di Lutero nel suo scontro con Carlostadio: le violenze iconoclastiche scandalizzano i semplici, li turbano profondamente, urtando la loro sensibilità. Le violenze impediscono o allontanano il trionfo del Vangelo, più di quanto non lo favoriscano. Inoltre, la confisca o l'eliminazione delle immagini pongono immediatamente problemi giuridici complessi: a chi appartengono realmente questi beni dall'ambiguo statuto?
da Olivier Christin, I protestanti e le immagini, in Arti e storia nel Medioevo. IV Il Medioevo al passato e al presente, Einaudi, Torino, 2004, pp. 108-109
L'iconoclastia è divenuta endemica nel corso degli anni 1550. Fino dagli anni 1560-61, vale a dire prima delle guerre, assume una dimensione rivoluzionaria, suscita le sommosse che radunano centinaia di partecipanti, tocca pressoché tutte le regioni del regno, specie quelle sudoccidentali. Una marea di pubblicazioni, anonime o no, di libelli, di canzoni, di componimenti poetici giustifica e celebra la distruzione degli idoli. Le prudenze di Calvino sono dimenticate: questi testi violenti e gioiosi invitano i fedeli ad agire, a non perdere tempo, a instaurare al più presto il regno del Vangelo in terra. Un canto anonimo di questi primi anni di guerra civile così chiama alla distruzione immediata delle immagini: «ôte la toile de tes yeux / Et reconnais le Dieu des cieux, / Peuple abruti. Tombe par terre / Tes idoles de bois et de pierre» («strappa il velo dai tuoi occhi / E riconosci il Dio dei cieli, / Popolo abbrutito. Getta a terra / I tuoi idoli di legno e di pietra»). Abbattere gli idoli è dunque il primo passo verso la vera fede, il presupposto indispensabile, la condizione necessaria per riconoscere il vero Dio. Una volta fatto questo, il trionfo della Parola di Dio sarà imminente. [...] [A Lione], da un lato, i soldati protestanti entrano nella chiesa di San Giusto e cominciano subito, secondo un testimone, ad «abbattere, demolire e frantumare tutte le immagini, i reliquiari e gli altari della chiesa». Allo stesso modo, si impadroniscono di «libri e abiti che offrono in strada al dileggio». Altri testimoni confermano che i soldati si sono introdotti nelle case dei canonici e hanno rubato o distrutto ciò che vi hanno trovato. Fanno nelle strade parate e sfilate parodistiche. Dall'altro lato, tuttavia, alcuni gesti si rifanno con tutta evidenza a un rituale più sofisticato. Quella stessa mattina, il pastore Ruffy entra nella cattedrale di San Giovanni e fa cadere a terra il grande crocifisso. Ci salta sopra a piedi giunti sguainando la sua spada; mozza la testa del Cristo e la brandisce in alto gridando: «Ecco la testa dell'idolo». Il pastore ordina quindi di ridurre il resto del corpo in quattro pezzi e si reca alla residenza episcopale con la testa in mano. Infine, qualche giorno più tardi, il barone des Adrets, comandante delle truppe protestanti della regione, giunge a Lione. Molto rapidamente, pone fine a questa prima iconoclastia, indotto a questo da una lettera di Calvino in data 16 maggio 1562. Da quel momento, l'iconoclastia cambia radicalmente. Sono stati stipulati dei contratti tra il barone des Adrets, i suoi rappresentanti o il consolato, e alcuni demolitori privati, pagati per il loro lavoro. Alcuni notai o librai sono incaricati di redigere inventari esatti dei beni sequestrati nelle chiese e di consegnarli alle autorità. Gli iconoclasti privati sono perseguiti dalla giustizia come razziatori.
Cfr. Iconoclasme. Vie et mort de l’image médiévale, Ed. Musées de Strasbourg, Berne, Somogy, 2001 (catalogo di una mostra del 2001)… cfr. anche le tombe, come la tomba di Erasmo da Rotterdam
- cfr. Martin Lutero e Cranach, suo pittore ufficiale; cfr. la chiesa parrocchiale di Santa Maria di Wittenberg
- cfr. la distruzione di abbazie (e cattedrali presso gli scozzesi)
III/La purificazione della memoria, una caratteristica del cristianesimo
- Chiedere tutti perdono di intolleranza e censura e ancor più violenze fisiche: non una difesa a priori, bensì un’apertura di orizzonti. La fede nella grazia che opera nel peccato
Presso i cattolici
cfr. il monumento a Giordano Bruno a Campo dei Fiori
Ma esso comprende, fra gli altri, anche:
- Lucilio (Giulio Cesare) Vanini, perseguitato dai cattolici perché si fa protestante e dagli anglicani perché torna ad essere cattolico, ucciso infine a Tolosa. Nel medaglione di Vanini, si vede in piccolo la testa di Lutero, perseguitato e a sua volta persecutore di eretici e di streghe.
-Aonio Paleario, ucciso come eretico dall'Inquisizione nel 1570 e Michele Serveto, ucciso come eretico dal tribunale di Calvino a Ginevra nel 1553.
Presso i protestanti
Da A. Lonardo, Galilei fu il fondatore degli studi biblici moderni, più che il padre dell’eliocentrismo. Una nuova prospettiva sull’astronomo pisano (on-line su www.gliscritti.it)
La straordinaria vicenda della badessa Caritas Pirckheimer e delle clarisse di Norimberga (monasterodi Santa Chiara) che vennero costrette ad ascoltare 111 prediche protestanti perché si convertissero al luteranesimo e, unica fra le comunità religiose, poterono sussistere fino all’estinzione, senza poter però più accogliere novizie e senza poter più ricevere la Comunione fino alla morte (poiché tutti i preti cattolici erano stati espulsi dalla città)[1], mostra quanto il principio del cuius regio eius religio ebbe effettivamente vigore. Si pensi che In Svezia venne nuovamente permesso il culto pubblico cattolico solo a partire dal 1951, dopo un divieto di più di quattro secoli[2].
Similmente nell’Inghilterra della regina Elisabetta I, dopo che già Enrico VIII aveva espulso tutti i frati e i monaci e distrutto le loro abbazie, un prete cattolico trovato a celebrare messa era condannato a morte dopo tortura, insieme ai laici che lo avessero ospitato[3]. Molti storici ritengono addirittura che W. Shakespeare fosse in realtà cattolico, ma che, essendogli vietata tale professione di fede, l’abbia vissuta in segreto[4]: la figlia Susanna compare nelle liste di “ricusanza” del 1606, mentre il padre John era certamente cattolico e sembra che non intendesse piegarsi alla fede anglicana allora al potere.
Negli anni immediatamente successivi alla questione galileiana, addirittura, i puritani in Inghilterra inasprirono le misure di stampo religioso, perseguitando ormai non più solo i cattolici, ma anche gli anglicani che li avevano perseguitati a loro volta. Nel 1642, cioè 9 anni dopo la condanna di Galilei, essi emanarono le prime misure restrittive nei confronti dei teatri e nel 1647, cioè 14 anni dopo la condanna di Galilei, ne decretarono la sistematica distruzione in tutta l’Inghilterra, perché ritenevano che gli spettacoli teatrali corrompessero i costumi del popolo[5]. I puritani decretarono contemporaneamente, sempre in età barocca, la distruzione di tutti gli organi nelle chiese e imposero l’abbandono di strumenti come i violini, in quanto strumenti che avevano il potere di distrarre il popolo (solo con la “restaurazione” di Carlo II si ebbe una rinascita musicale in Inghilterra con figure come quella di Henri Purcell[6]).
Tali fatti sono qui evocati non in chiave giustificativa dell’atteggiamento cattolico di allora, bensì a stigmatizzare ancor più quell’errato atteggiamento che fu di un’epoca che cercò di controllare l’“espressione pubblica”, ritenendo che ciò avrebbe giovato al mantenimento dei buoni costumi.
D’altro canto è interessante come altri uomini del tempo lavorassero fianco a fianco al di là delle loro appartenenze religiose, come nel caso del canonico cattolico Copernico che approfondì le sue ricerche astronomiche insieme a protestanti come Retico e Osiander che gli furono vicini negli ultimi anni della sua vita, in una sorta di ecumenismo ante litteram.
Presso le sinagoghe
da H. Méchoulan, Gli ebrei di Amsterdam all’epoca di Spinoza, ECIG, Genova, 1991, pp. 145-146
I Signori del ma'amad [consiglio degli anziani] comunicano alle vostre Grazie che, essendo venuti a conoscenza da qualche tempo delle cattive opinioni e della condotta di Baruch de Spinoza, si sforzarono in diversi modi e promesse di distoglierlo dalla cattiva strada. Non potendo porre rimedio a ciò e ricevendo per contro ogni giorno le più ampie informazioni sulle orribili eresie che praticava e sugli atti mostruosi che commetteva, e avendo di ciò numerosi testimoni degni di fede che deposero e testimoniarono soprattutto alla presenza del suddetto Spinoza, egli è stato riconosciuto colpevole; esaminato tutto ciò alla presenza dei Signori rabbini, i Signori del ma'amad hanno deciso, con l'accordo dei rabbini, che il suddetto Spinoza sia messo al bando ed escluso dalla Nazione d'Israele a seguito del cherem che pronunciamo ora in questi termini: Con l'aiuto del giudizio dei santi e degli angeli, noi escludiamo, cacciamo, malediciamo ed esecriamo Baruch de Spinoza con il consenso di tutta la santa comunità, in presenza dei nostri libri sacri e dei seicentotredici precetti in essi racchiusi. Formuliamo questo cherem come Giosuè lo formulò contro Gerico. Lo malediciamo come Elia maledisse i figli e con tutte le maledizioni che si trovano nella Legge. Che sia maledetto di giorno, che sia maledetto di notte; che egli sia maledetto durante il sonno e durante la veglia, che sia maledetto quando entra e che sia maledetto quando esce. Voglia l'Eterno accendere contro quest'uomo tutta la Sua collera e riversare su di lui tutti i mali menzionati nel libro della Legge. E voi restiate legati all'Eterno, vostro Dio, che Egli vi conservi in vita. Sappiate che non dovete avere con (Spinoza) alcuna relazione né scritta né verbale. Che non gli sia reso alcun servizio e che nessuno l'avvicini a meno di quattro cubiti. Che nessuno viva sotto lo stesso tetto con lui e che nessuno legga alcuno dei suoi scritti.
Presso le nuove inquisizioni laiche
dalla rivoluzione francese (4 gennaio 1791, obbligo per il clero di giurare fedeltà alla Costituzione: clero “giurato” e clero “refrattario” che viene dichiarato decaduto) ad oggi
- Dinanzi a Galilei
Lutero, Discorsi a tavola
dai Tischreden redatto da Anton Lauterbach e relativo al 4 giugno 1539, in D. Martin Luthers Werke, Tischreden, 6 voll., Weimar, 1912-1921, vol. 4 (1916), n. 4638, pp. 412-413 (citato in M.-P. Lerner, Aux origines de la polémique anticopernicienne (II).Martin Luther, Andreas Osiander et Philipp Melanchton, in Revue des sciences philosophiques et théologiques 90 (2006), pp. 410-411).
«Si parla di un nuovo astronomo che avrebbe dimostrato che la Terra si muove invece del cielo, del Sole e della Luna, come se un uomo su un carro o in barca pretendesse che non si muove di posto, ma che sono la Terra e gli alberi che viaggiano. Ma è così al giorno d’oggi: quando un uomo vuol fare il furbo, non gli deve piacere ciò che piace agli altri, così è colui che vuole mettere sottosopra tutta l’astronomia. Ma anche se l’astronomia è confusa, io credo nella Santa Scrittura, perché è al Sole che Giosuè ha ordinato di fermarsi e non alla Terra».
Il rifiuto dell’eliocentrismo in ambito luterano vide ulteriori tensioni fino ad oltre la metà del seicento, quando, nel 1679, Niels Celsius venne costretto ad abiurare all’eliocentrismo dai docenti dell’Università di Uppsala: lo studioso aveva difeso la centralità del sole nell’opera De principiis astronomicis propriis. (Cfr. H. Sandblad, The Reception of the Copernican System in Sweden, in Colloquia Copernicana I, Études sur l’audience de la théorie héliocentrique (Studia Copernicana V), Wroclaw, 1972, pp. 241-270, in particolare pp. 251-259).
- Madonna galileiana
- È precisamente il Galilei esegeta che imposta correttamente il problema: non basta la sola Scriptura
4/ Vedere con lo sguardo dei santi
4.1/ La questione della Riforma cattolica contemporanea alla Riforma protestante e della Controriforma è una questione storica, ma anche teologica
da H. Jedin, Riforma cattolica e controriforma, in H. Jedin (a cura di), Storia della chiesa VI, Jaca, Milano, 1975, pp. 513-514
Tanto il concetto di «riforma cattolica» quanto quello di «controriforma» presuppongono nel termine «riforma» la designazione storica della crisi protestante con la conseguente frattura della fede e della chiesa. Con «controriforma» il giurista Pütter di Gottinga (1776) intese la riconquista alla fede cattolica, operata con la forza, delle regioni divenute protestanti. Ranke parlò inizialmente di controriforme (al plurale), ma presto riconobbe il carattere unitario del movimento e ne vide la radice nella «restaurazione, quasi piantagione ex novo, del cattolicesimo». Con l'opera di Moritz Ritter Deutsche Geschichte im Zeitalter der Gegenreformation (Storia della Germania al tempo della contro-riforma, 1889), il concetto di controriforma, contre-réforme, counter-reformation, contrarreforma, prese piede anche in Germania, ma si urtò contro il rifiuto quasi unanime della storiografia cattolica, perché esso sembrava concepire il nuovo consolidarsi della chiesa cattolica in modo unilaterale, come reazione allo scisma protestante e perché portava il marchio dell'uso della forza in materia di religione. L. Pastor, J. Schmidlin e altri preferirono quindi la designazione di «restaurazione cattolica», nella quale tuttavia non si esprimono sufficientemente né la continuità col medioevo, né i nuovi elementi apportati dalla riforma tridentina.
Nel frattempo W. Maurenbrecher, in dipendenza dal Ranke, aveva adottato (1880) il termine di «riforma cattolica» per designare quel rinnovamento di sé operato dalla chiesa, specialmente in Italia ed in Spagna, che si riannodava ai tentativi di riforma del tardo medioevo. Egli era stato preceduto dai cattolici Giuseppe Kerker (Katholische Reform, 1859) e Costantino Höfler (Romanische Reformation, 1878). Noi diamo la preferenza a questa designazione di «riforma cattolica», perché allude ai tentativi di rinnovamento che si ebbero nella chiesa dal XV al XVI secolo, senza escludere, come il termine «restaurazione», i nuovi elementi che fanno la loro comparsa e l'influsso esercitato dalla crisi protestante sullo sviluppo del movimento. Tale designazione ha tuttavia bisogno di venir completata dal concetto di controriforma, perché di fatto la chiesa rinnovata e rafforzata internamente, dopo il concilio di Trento, passa al contrattacco e riconquista parte del terreno perduto, sia pure mediante un'alleanza con l'assolutismo confessionale, il cui significato è stato messo in evidenza dall'Eder.
Entrambi i concetti hanno quindi una loro giustificazione, designano però dei movimenti non separati, ma connessi tra loro. Anche autori cattolici come Paschini e Villoslada ritengono di poter usare la designazione di controriforma per l'intero movimento di rinnovamento e di riconquista.
Soltanto collegati tra loro i concetti di riforma cattolica e di controriforma possono servire a designare quest'epoca della storia ecclesiastica.
da G. Martina, Storia della chiesa, Ut unum sint, Roma, 1980, p. 244
In sostanza, il problema «riforma o controriforma?», rinnova in un altro contesto la questione del rapporto fra il momento carismatico e quello giuridico tante volte incontrato: la riforma cattolica corrisponde al momento carismatico, e mostra maggiore spontaneità e freschezza, ma è più limitata; la controriforma corrisponde al momento giuridico, e sembra rallentare lo slancio iniziale, mentre in realtà ne assicura la stabilità.
In questo senso è stato detto, da storici laicisti, che la riforma cattolica fu sconfitta proprio nel momento in cui sembrava riportare vittoria, acquistando l'appoggio della gerarchia, mentre storici cattolici hanno opposto che la riforma cattolica poté vincere proprio perché divenne controriforma.
4.2/ I santi: dividono ed, insieme, uniscono
dall’Editoriale de “La Civiltà Cattolica”, n. 3562, 21/11/1998
Nel Cinquecento la Chiesa ha visto il trionfo del paganesimo rinascimentale, il dilagare della corruzione, giunta con Alessandro VI fino al soglio pontificio, un’incredibile ignoranza del clero, l’abbandono delle sedi vescovili, le pratiche simoniache, la scissione della cristianità occidentale a causa delle riforme luterana e calvinista, il sacco di Roma, la minaccia dell’invasione turca. Sembrava che sotto tanti colpi la Chiesa dovesse crollare, tanto più che Carlo V, il difensore ufficiale del cattolicesimo, si alleava con i principi protestanti, i quali si impadronivano della maggior parte delle regioni settentrionali dell’Europa, e Francesco I, re di Francia, si alleava con Solimano, il nemico della cristianità. Eppure, forse in nessun secolo della sua storia come nel Cinquecento la Chiesa diede segni più forti di vitalità. È straordinario il numero dei santi canonizzati vissuti nel Cinquecento. Eccone alcuni: Girolamo Emiliani, Antonio Maria Zaccaria, Ignazio di Loyola, Carlo Borromeo, Gaetano da Thiene, Giuseppe Calasanzio, Filippo Neri, Francesco Saverio, Pietro Canisio, Francesco Borgia, Giovanni di Dio, Francesco Caracciolo, Giovanni Leonardi, Andrea Avellino, Pietro di Alcantara, Tommaso da Villanova, Tommaso Moro, Giovanni Fisher, Pio V, Stanislao Kostka, Luigi Gonzaga, Pasquale Baylon, Camillo de Lellis, Lorenzo da Brindisi, Turibio di Mongrovejo, Giovanni della Croce, Francesco Solano, Roberto Bellarmino, Angela Merici, Teresa di Gesù, Maria Maddalena de’ Pazzi, ecc. È un elenco impressionante, anche se incompleto: si tratta, nella maggior parte dei casi, di giganti della santità cristiana, della carità, della mistica e dell’apostolato cattolico.
Non è tutto. Nel Cinquecento fu celebrato il Concilio di Trento il quale, da una parte, mise in chiaro la dottrina cattolica e, dall’altro, pose le basi per la riforma della vita cristiana; furono fondati molti ordini religiosi (teatini, scolopi, barnabiti, cappuccini, gesuiti, fatebenefratelli, camilliani, carmelitani scalzi, ecc.), che costituirono una delle forze ecclesiali più vive e attive; vennero aperte al Vangelo l’Asia, l’Africa e l’America Latina; fu definitivamente respinta la minaccia turca con la vittoria di Lepanto; si riuscì a fermare la diffusione del protestantesimo nel sud dell’Europa e a riconquistare in parte il terreno perduto con la riforma luterana. Lo storico che si pone di fronte a questi fatti non può non essere sorpreso dalla capacità della Chiesa di riprendersi da pesanti sconfitte e di rinnovarsi continuamente; ma la sua sorpresa crescerà, se rifletterà che non soltanto essa è stata ed è combattuta da forze esterne ad essa assai superiori, ma è debole interiormente. Certo, se la Chiesa fosse stata e fosse forte e vigorosa e potesse quindi combattere con i suoi avversari ad armi pari, la sua sopravvivenza potrebbe spiegarsi; ma sfortunatamente la Chiesa è debole e divisa; ci sono in essa mediocrità, debolezze, peccati; c’è spesso mancanza di intelligenza dei problemi, di strategie adeguate, di iniziativa e di coraggio. In realtà, i colpi più duri si sono abbattuti sulla Chiesa non dal di fuori, ma dall’interno, per opera dei suoi stessi figli: per causa loro essa ha versato le lacrime più amare e ha corso i più gravi pericoli per la stessa esistenza. La storia è piena di debolezze e di tradimenti perpetrati dai suoi figli ai suoi danni. Eppure, sottoposta ad attacchi combinati esterni ed interni, la Chiesa non è finita, ma ogni volta si è ripresa vigorosamente, mentre i suoi avversari, tanto più forti di essa, sono scomparsi.
- ma pensiamo anche all’arte (cfr. Michelangelo, il Mosè per Giulio II e la cupola): è lì, linea perpendicolare che unisce
Conclusione
- amare la fede e amare la laicità, insieme
- guide che usano il “noi” della Chiesa, senza includervi i turisti: se siete credenti, non è contro la laicità mostrare il vostro gesto di preghiera, senza chiederlo ai vostri clienti
Note al testo
[1] Cfr. su questo Nella tempesta della Riforma luterana: la straordinaria storia di Caritas Pirckheimer e delle clarisse di Norimberga (da M.C. Roussey – M.P. Gounon) disponibile on-line sul sito del Centro culturale Gli scritti.
[2] Si veda su questo La Norvegia non ha più, dal gennaio 2017, il luteranesimo come religione di Stato e diviene così finalmente laica come l'Italia (la Svezia aveva cessato di essere uno Stato confessionale luterano solo nell’anno 2000). Breve nota di Giovanni Amico, disponibile on-line sul sito del Centro culturale Gli scritti.
[3] Cfr. I primi anni della riforma anglicana ed i cattolici inglesi da Enrico VIII ad Elisabetta I, di Andrea Lonardo e I martiri cattolici della riforma anglicana sotto Enrico VIII ed Elisabetta I, on-line sul sito del Centro culturale Gli scritti..
[4] Cfr. su questo Dal Vangelo secondo Shakespeare… Un’intervista di Paolo Pegoraro al prof. Piero Boitani, disponibile on-line sul sito del Centro culturale Gli scritti.
[5] Cfr. su questo P. Spinucci, Teatro elisabettiano teatro di stato. La polemica dei puritani inglese contro il teatro nei secc. XVI e XVII, Olschki, Firenze, 1973, con la breve recensione disponibile on-line La censura degli spettacoli in età elisabettiana e la chiusura dei teatri durante il governo di Cromwell, negli anni di Galilei e del teatro barocco. Appunti di Andrea Lonardo sul volume di P. Spinucci, Teatro elisabettiano teatro di stato. La polemica dei puritani inglese contro il teatro nei secc. XVI e XVII.
[6] Cfr. su questo La “democrazia” di Cromwell non bandì solo il teatro, ma proibì anche gli strumenti musicali. Appunti di Andrea Lonardo, disponibile on-line.