Paolo: quelle tre lettere perdute, di Romano Penna

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 07 /05 /2010 - 16:06 pm | Permalink | Homepage
- Tag usati:
- Segnala questo articolo:
These icons link to social bookmarking sites where readers can share and discover new web pages.
  • email
  • Facebook
  • Google
  • Twitter

Riprendiamo dal volume Sulle orme di Paolo, allegato alla rivista “Jesus” 2009, VI , pp. 76-81, un articolo di Romano Penna. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la loro presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.
Il Centro culturale Gli scritti (5/5/2010)


Lettere di Paolo: tiriamo le somme. Quelle che portano il suo nome nell’intestazione sono tredici. Seconda studi recenti, però, alcune di esse sarebbero "pseudonime", cioè scritte da altri col suo nome: ma non c'è accordo completo nell'indicare quali siano. L’unica cosa chiara è che su sette di esse non c'è discussione e tutti le attribuiscono concordemente a Paolo. Esse sono: la prima ai Tessalonicesi, le due ai Corinzi, quella ai Galati, quella ai Romani, quella ai Filippesi, il biglietto a Filemone. Poi c'è quella ai Colossesi, considerata dai più anch'essa come paolina.

Ma Paolo ne ha scritte di più; e proprio dalle lettere concordemente riconosciute come sue si viene a sapere che almeno tre altre non ci sono pervenute come scritti a sé stanti. Sono lettere "perse": ma solo fino a un certo punto. Infatti, su due di esse è Paolo stesso a darci indicazioni circa il contenuto e il tenore.

La più antica tra quelle che si suppongono perdute è citata in un passo della prima Lettera ai Corinzi: «Vi ho scritto nella lettera precedente di non mescolarvi agli impudichi: non però agli impudichi di questo mondo o agli avari e ladri o agli idolatri, altrimenti dovreste uscire dal mondo! Vi ho scritto di non mescolarvi con chi si dice fratello ed è impudico o avaro o idolatra o maldicente o ubriacone o ladro» (5,9-11). In base a quest'informazione, dovremmo concludere che quella che noi chiamiamo prima Lettera ai Corinzi è in realtà la seconda e che la vera prima lettera ci è sconosciuta.

Alcuni studiosi la pensano diversamente. E fanno quest'ipotesi: il testo della supposta lettera perduta può essere stato inserito, nell'attuale prima Lettera ai Corinzi, da un redattore che verso la fine del I secolo raccolse in un unico corpus le lettere paoline.

E precisamente si troverebbe nel capitolo 6, versetti 1-11, e nel capitolo 11, versetti 2-34 (oltre che nel capitolo 15). Ma è un'ipotesi tutta da dimostrare.

Si può fare di meglio, piuttosto. Cioè: si può rileggere il brano citato della prima Lettera ai Corinzi, per indovinare dalle stesse parole di Paolo che cosa contenesse la lettera precedente.

E allora vediamo, innanzi tutto, che egli distingue tra chi «si dice fratello» (cioè cristiano) e i pagani, cioè «quelli di fuori». E naturalmente è dai cristiani che pretende di più: se gli stessi vizi si trovano da una parte come dall’altra, “chi si dice fratello” è però più colpevole e quindi occorre che gli altri cristiani lo escludano dalla loro compagnia.

Questo castigo così severo che Paolo prescrive si spiega con due ragioni: quei cristiani "freschi", da poco battezzati, avevano bisogno di correzioni tempestive e chiare, per essere costanti nel mutamento di vita; essi poi erano anche più tentati di altri vivendo nella Corinto dei traffici della ricchezza e del culto di Afrodite. C'è tanta corruzione che un cristiano se volesse evitare tutti i corrotti sarebbe costretto a isolarsi: «Dovreste uscire dal mondo!», scrive ironicamente Paolo. Egli sa che i cristiani devono vivere gomito a gomito con gente di ogni risma e da buon realista non chiede che si abbandoni il mondo. Però non vuole che la comunità cristiana si confonda con quel mondo, fino al punto di subire l'invadenza dei suoi vizi: facciano almeno rigorosa pulizia in casa propria. Poco dopo dirà: «Non illudetevi: né immorali, né idolatri, né adulteri, né effeminati, né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriaconi, né maldicenti, né rapaci erediteranno il regno di Dio. E tali eravate alcuni di voi. Ma siete stati lavati, siete stati santificati, siete stati giustificati nel nome del Signore Gesù Cristo e nello Spirito del nostro Dio» (6,9-11).

Dunque, la prima lettera "perduta" - per quanto ne possiamo sapere - esprimeva certo una seria preoccupazione pastorale di Paolo circa la vita morale dei cristiani di Corinto.

Ed eccoci a un'altra di queste lettere misteriose. La troviamo citata nell'attuale seconda ai Corinzi: “Vi ho scritto in un momento di grande afflizione e col cuore angosciato, tra molte lacrime, però non per rattristarvi, ma per farvi conoscere l'affetto immenso che ho per voi... E se me ne è dispiaciuto, poiché vedo che quella lettera anche se per breve tempo soltanto vi ha rattristati, ora ne godo... dato che quella tristezza vi ha portati a pentirvi” (2,4; 7,8-9). La lettera a cui Paolo qui allude non è certo l'attuale prima ai Corinzi, il cui contenuto non giustifica le sue lacrime né la tristezza dei destinatari. È uno scritto diverso, comunemente designato come «la lettera dalle molte lacrime». Ed è più difficile ricostruire il suo contenuto, anche sommariamente.

Il retroscena, probabilmente, è questo: Paolo, dopo aver inviato l'attuale prima Lettera ai Corinzi, dovette improvvisamente andare di persona a Corinto (da Efeso) a causa di torbidi interni alla comunità. E a Corinto qualcuno lo offese gravemente - tutto questo si desume dalla seconda Lettera ai Corinzi. Tornatosene allora umiliato a Efeso, l'Apostolo scrisse appunto la lettera in questione, quella «delle lacrime», che certamente fu assai dura, ma anche risolutrice. Difatti Tito, mandato a Corinto (e forse addirittura latore di quella lettera) ne ritornò poi con buone notizie sulla situazione interna della comunità: «Egli ci ha annunziato infatti il vostro desiderio, il vostro dolore, il vostro affetto per me» (2Corinzi 7,7).

Anche qui si pone l'interrogativo: che ne è poi stato di quella lettera? È andata persa del tutto? Oppure una parte di essa si ritrova in quelle attuali? Effettivamente molti studiosi ritengono che essa sia almeno parzialmente conservata nei capitoli 10-13 dell'attuale seconda Lettera ai Corinzi. Infatti il loro tono è diverso da quello dei capitoli precedenti, è vivace, passionale, a volte spregiudicato, oscilla tra l'apologetico e il polemico. Vi si nota che l'Apostolo è preoccupato di disgiungere il proprio stile di vita da quello di sedicenti "superapostoli", contro i quali mette in guardia i destinatari, sottolineando che quei personaggi sono subentrati nella comunità corinzia a predicare «un Gesù diverso da quello che vi abbiamo predicato noi, uno Spirito diverso da quello che avete ricevuto e un altro Vangelo che non avete ancora sentito». Paolo si scaglia contro costoro, accusandoli di essere “falsi apostoli, operai fraudolenti, che si mascherano da apostoli di Cristo”; ma rimprovera anche i Corinzi e li accusa di «sopportare facilmente chi vi riduce in schiavitù, chi vi divora, chi vi sfrutta, chi è arrogante, chi vi colpisce in faccia». In sostanza, il tono potrebbe corrispondere a quello della "lettera dalle molte lacrime». Perciò non è campata in aria l'ipotesi che i capitoli 10-13 della seconda ai Corinzi riproducano almeno in parte quello scritto.

Ipotesi diverse su una Lettera ai Laodicesi
Terza “lettera perduta": è quella ricordata da Paolo ai Colossesi: «Quando questa lettera sarà stata letta da voi, fate che venga letta anche nella Chiesa dei Laodicesi, e anche voi leggete quella inviata ai Laodicesi» (4,16). Ma nel canone del Nuovo Testamento una "Lettera ai Laodicesi" non esiste - conosciamo solo un testo apocrifo con questo titolo, ma è del II-III secolo, scritto in latino, e consiste praticamente in una ricopiatura di passi di lettere canoniche. Allora, anche qui, solita domanda: lo scritto di cui Paolo parla ai Colossesi è andato davvero perduto, oppure sussiste sotto altra forma, inserito in altri testi paolini?

Già verso la metà del II secolo Marcione sosteneva: la lettera scritta da Paolo ai Laodicesi è quella nota come «Lettera agli Efesini». E difatti [...] il suo titolo è errato, o almeno fortemente improprio. Sicché l'opinione di Marcione non è affatto da rigettare, anche se non risolve completamente la questione dei destinatari della lettera «agli Efesini». In ogni caso sappiamo che gli scritti epistolari dell'Apostolo venivano letti pubblicamente davanti a tutta l’assemblea cristiana, ma potevano avere anche una destinazione ulteriore, in altre comunità - per esempio, la 2Corinzi è indirizzata da Paolo non solo a quella comunità, ma anche «a tutti i santi dell'intera Acaia» (1,1), cioè della Grecia; così la Lettera ai Galati è indirizzata “alle Chiese della Galazia” (1,2).

Uno scambio di lettere, poi, tra Colossi e Laodicea è del tutto verosimile, dato che tra le due città c’era una distanza di pochi chilometri. Comunque le due lettere dovevano essere abbastanza simili (e tali sono le attuali Lettere ai Colossesi e agli Efesini). Infatti, lo scambio suppone che la tematica di entrambe non riguardasse in modo riservato problemi esclusivi di una comunità; per esempio, la Lettera ai Galati e quella ai Filippesi non si potevano scambiare, rispecchiando situazioni molto diverse, cosicché i destinatari dell'una non avrebbero capito l'altra. Non solo: le Chiese di Colossi e di Laodicea non erano state fondate da Paolo direttamente, perciò egli poteva scrivere a ciascuna con lo stesso tono più impersonale.

Concludendo: le "lettere perse" di Paolo sono tre. Due di esse, come abbiamo visto, potrebbero essere confluite in altri testi dell'Apostolo, almeno in parte. L’unica che sembra essere andata veramente perduta è quella citata nella prima Lettera ai Corinzi (5,9): quella «lettera precedente» di cui nessuno finora ha saputo trovare la minima traccia.

------------------------------------------------------------
Torna all'Homepage de Gli scritti. Per altri testi sulla Sacra Scrittura, su questo stesso sito, vedi la sezione Sacra Scrittura.