Rut: la straniera fedele alla propria storia, di suor Pina Ester De Prisco
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Riprendiamo sul nostro sito un contributo preparato da suor Pina Ester De Prisco per il Sussidio del Centro Oratori Romani 2017/2018. I neretti sono nostri ed hanno l’unica finalità di facilitare la lettura on-line. Per altri articoli su Giosuè, cfr. la sezione Sacra Scrittura.
Il Centro culturale Gli scritti (5/11/2017)
Il libro di Rut si apre con uno scorcio tematico che richiama una profonda contraddizione: Betlemme - casa del pane - si ritrova priva di pane. Una carestia improvvisa si abbatte sulla città e il popolo deve cercare altrove il cibo. Tra costoro troviamo anche un uomo che, insieme alla sua famiglia, è costretto ad emigrare: Elimèlech con la moglie Noemi, e i loro due figli, Maclon e Chilion. Una famiglia che appartiene ad un piccolo borgo, Efrata di Betlemme, che rievoca una profezia del libro di Michea: «E tu Betlemme di Efrata così piccola per essere fra i capoluoghi di Giuda, da te mi uscirà colui che deve essere il dominatore di Israele; le sue origini sono dall’antichità dai giorni più remoti» (Mi 5,1).
Il nucleo familiare arriva a Moab e lì Elimèlech muore, lasciando Noemi sola con i suoi figli, i quali sposano due donne moabite: Rut e Orpa; ma dopo dieci anni, all’improvviso, muoiono anche i due giovani, lasciando vedove anche le due donne.
Noemi in poco tempo si ritrova vedova e priva dei due figli, in un paese straniero, con a carico due giovani donne vedove, senza figli! Così decide di ritornare a Betlemme, perché ha saputo che il Signore si è mostrato ancora una volta benevolo con la sua terra d’origine, donando ancora pane.
Si mette in cammino verso Betlemme insieme a Rut e Orpa, ma Noemi a questo punto chiede loro di compiere una scelta diversa dalla sua, ossia di non seguirla più, di tornare dalle loro madri, alla loro terra, e soprattutto cercare un nuovo marito; le bacia ed è decisa ad accomiatarsi da loro, ma esse piangono a voce alta, si disperano, non vogliono lasciarla. Noemi insiste, sa che non può assicurare loro un futuro e soprattutto sente che la mano del Signore si è manifestata contro di lei, sente tutta l’amarezza della sua nuova condizione.
Orpa dopo alcuni tentennamenti decide di tornare alla sua terra. Rut, invece, si mostra irremovibile e prosegue nel viaggio; non vuole lasciare l’anziana Noemi, già così provata. La giovane non solo è decisa a non abbandonarla, ma sancisce con Noemi un patto molto forte, un’alleanza, che ricorda quelle pronunciate da Dio nelle grandi promesse con i suoi servi: «Dove andrai tu andrò anche io; dove ti fermerai mi fermerò; il tuo popolo sarà il mio popolo e il tuo Dio sarà il mio Dio; dove morirai tu, morirò anche io e vi sarò sepolta. Il Signore mi punisca come vuole, se altra cosa che la morte mi separerà da te» (Rt 1,17).
Un giuramento che lega le due donne per tutta la vita, ma è anche la dichiarazione di fedeltà di Rut alla propria storia, alla propria scelta, alla propria condizione. Noemi, vedendola così decisa non contesta più la scelta di seguirla e arrivavano insieme a Betlemme; qui tutta la città si interessa a loro, in particolare di Noemi, la quale chiede di non essere chiamata più con il suo nome, bensì “Mara”, perché il Signore ha reso amara la sua vita, rendendola vedova e priva di figli. È un ritratto amaro, quello che Noemi restituisce alla sua terra d’origine, era partita “piena” e ora si ritrova vuota, perché il Signore si è dichiarato contro di lei. Il primo capitolo del libro, però, si chiude con una gradazione di speranza: a Betlemme è il tempo della mietitura dell’orzo, è tempo di gioia, perché viene raccolto l’orzo, l’orzo che porterà il pane e finalmente la fine della carestia. Nonostante Rut e Noemi siano attraversate da una grande sofferenza, nonostante Noemi senta contro di sé la mano di Dio, nonostante tutto il dolore vissuto… il grano già biondeggia ed è pronto per essere raccolto. La stipulazione della fedeltà di Rut a Noemi coincide con i campi che si colorano di dorato per l’abbondanza del grano.
Rut è decisa a fare la sua parte, vuole guadagnarsi il pane per lei e Noemi, e il racconto anticipa che c’è un parente di Noemi, un certo Boaz, uomo potente e ricco che apparteneva alla famiglia di Elimelech, il quale possedeva un campo.
Rut si reca a spigolare in campagna, dietro ai mietitori e per caso si trova nel campo di Boaz, il quale vedendola, subito, chiede al suo servo incaricato di sorvegliare i mietitori chi sia quella giovane donna. E il servo racconta dell’appartenenza con Noemi, ma soprattutto evidenzia quanto la giovane abbia lavorato tutto il giorno, senza mai fermarsi. Boaz, guardandola e ascoltando il racconto della sua indefettibilità, rimane intenerito, tanto da dirle di non cercare altri campi in cui spigolare, ma la invita a rimanere lì, ove lui assicurerà la sua protezione. Rut è stupita da tanta generosità e chiede cosa abbia suscitato l’abbondanza di benedizione nella sua vita, la risposta di Boaz la rimanda alla sua fedeltà a Noemi, al suo andare presso un popolo e una terra non sua. È proprio la fedeltà di Rut alla sua storia che le consente ora di “usufruire” di questa grazia. Boaz, però, le assicura che è lo stesso Signore a consegnarle il salario per ciò di cui ha bisogno, in quanto sottraendosi alla protezione della sua famiglia d’origine, si è posta sotto le ali del Dio d’Israele, presso il quale è venuta a rifugiarsi. Boaz non solo si impegna a proteggerla, ma cerca anche di agevolarla, chiedendo ai mietitori di lasciarla spigolare anche laddove non è permesso e addirittura esigendo di far cadere le spighe dai loro mantelli, così da fargliene raccogliere in più. Alla fine della giornata Rut fa ritorno in città dalla suocera, la quale chiede il resoconto della sua giornata; a questo punto Noemi che, per due volte, aveva affermato che la mano del Signore era contro di lei, qui benedice Dio, perché le sta usando bontà, aggiungendo che Boaz, in quanto suo parente stretto ha su di loro il diritto di riscatto.
Rut anche qui, per la seconda volta nella storia, decide di radicarsi, non vuole andare in altri campi, in cerca di altri padroni, non vuole tentare oltre la bontà di Dio; ma rimane laddove il Signore l’ha posta. Noemi nella sua sapienza intuisce che Boaz è l’uomo giusto per Rut e le indica cosa fare per conquistarlo; e difatti i due sentono di essere uniti, ma non possono sposarsi senza il permesso del parente più prossimo a Noemi, ed è così che Boaz si reca alla porta della città per contrattare con colui avente il diritto di riscatto.
Il parente prossimo si mostra interessato a comprare il campo di Noemi, ma non a sposare Rut e l’uomo alla presenza di testimoni, si toglie i sandali, per significare il suo cedere il diritto a Boaz. Dopo tale rinuncia Boaz e Rut si uniscono in matrimonio e tutte le donne si complimentano con Noemi, perché il bambino nato da tale unione significherà per lei più di sette figli. Il bambino sarà chiamato Obed e così in un modo originale e misterioso inizia la genealogia di Gesù, di cui la vergine Maria sarà madre. Dal servo Obed al servo Gesù, da Rut a Maria, la storia della salvezza si snoda attraverso storie di fedeltà al Signore.
All’Expo di Milano, di qualche anno fa, nel padiglione dello Stato Vaticano era stato allestito un grande tavolo, all’apparenza vuoto, ma toccandolo con le mani, esso si animava di immagini, che raffiguravano cibo, mani che lavoravano, che giocavano, che si incontravano. Più persone toccavano il tavolo, più esso diventava “vivo”, fino a un’interazione di immagini tra le persone presenti intorno al tavolo.
E quando ci consegniamo al rischio della relazione, tutto diventa dono, anche il pane!