Ho perso 10 mila ore di sonno per i miei figli, ma sono state spese bene, di Omar Kamal
- Tag usati: bambini, omar_kamal, sonno
- Segnala questo articolo:
Riprendiamo da L’Huffington Post del 28/8/2017 un articolo di Omar Kamal. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. per approfondimenti, cfr. la sezione Educazione e infanzia.
Il Centro culturale Gli scritti (22/10/2017)
L'APPLICAZIONE - Stando a un'applicazione che mi hanno segnalato, negli ultimi nove anni della mia vita avrei perso una cosa come 10mila ore di sonno. L'applicazione in questione si trova online e si chiama "The Lost Sleep Calculator For Parents" e una volta inserito il numero dei propri figli (e relativa età) fornisce il numero di ore perse nel cuore della notte, ore perse nel tentativo di prenderci cura dei nostri bambini. Per la precisione - nel mio caso - il sistema in questione sostiene che di ore ne avrei perse 9.990. Per capirci, entro due settimane, io e la mia signora taglieremo il traguardo delle 10mila ore di sonno saltate per aria. Perché sì, lei si è sempre alzata, e io insieme a lei. E ora devo comunicarle che dobbiamo festeggiare questo primo imponente traguardo.
DUE COSE, DUE - Sono un padre, ho tre bambini e - come molti altri padri - di notte mi sono sempre alzato per ogni loro sussulto. Senso del dovere? Certamente. Istinto? Mi piace pensarlo. Perché da quel dì in cui i bambini varcano per la prima volta la soglia di casa, ovvero pochi giorni dopo la loro nascita, tu inizi a riconoscere subito ogni loro sussulto. Distingui quell'unico suono rispetto ad ogni altro. È una sorta di imprinting: tre figli, vero, ma al primo rumore ti svegli e riesci a distinguere chiaramente chi di loro si è svegliato. E tutto questo avviene in una breve frazione di tempo.
PADRI MODERNI - Quando mi hanno girato il link di questo "simpatico" calcolatore, la mamma che lo ha menzionato in un articolo, aveva scritto di avere tre figli: proprio come me. E lei, sempre con l'ausilio del calcolatore, aveva messo nero su bianco che aveva perso (negli ultimi anni) ben 10mila ore di sonno. "Impossibile" pensai. Così, mi sono messo a fare un po' di conti, riflettendo proprio sugli ultimi 9 anni della mia - anzi - della nostra vita. Ricordo che ogni notte - soprattutto quando i bambini erano ancora molto piccoli - ero solito pubblicare un post (rigorosamente ironico) su Facebook. Una sorta di diario che usavo per raccontare col sorriso quali fossero le notti magiche di un padre della nuova generazione. Perché quando perdi così tante ore di sonno, l'unico modo per affrontare la cosa, è riderci sopra. Non c'è alternativa. Tanto più, se la sveglia suona all'alba. Insomma, i conti tornano: ciò che sembrava impossibile era diventato improbabile. Quel che pareva improbabile, era diventato quanto meno plausibile. E ora, quelle 10mila ore, sono una certezza.
PANNOLINI E LATTE - Le prove sono state tante, dal cambio pannolino all'allattamento: ehi, la corsa al microonde per il latte in polvere da diluire e scaldare nel cuore della notte (più volte) è stata una delle esperienze più sfiancanti! Alla fine ero arrivato a cronometrarmi, ottenendo oltretutto tempi accettabili. Vero, in questo mondo così prestazionale, c'è chi cronometra altro (visto che si misura tutto): io cronometravo lo scatto dal letto al microonde e ritorno. Il tutto mentre la mamma li cullava, rassicurandoli che il latte sarebbe arrivato prestissimo. Il latte notturno è stata una prova significativa: da noi, ad esempio, la fame bussava alla nostra porta per ben tre volte a notte e per i primi tre anni di vita. Senza ricevere mai uno sconto che fosse uno.
DENTI IN ARRIVO? - Tocca ai primi "dentini" e alle coliche notturne. Il tutto condito con del sano reflusso gastrico. Intanto loro piangono (specialmente di notte) tu li vedi e preghi perché questi denti escano fuori il più in fretta possibile. E tanto più preghi affinché questo succeda, tanto più questi benedetti denti tardano a venir fuori. Di rimedi soft ne hai studiati parecchi, ma è la notte - cioè quando sei meno lucido - che quegli stessi rimedi vanno messi in pratica: da quei giochini che conservi nel congelatore e che vanno messi in bocca, fino ai rimedi omeopatici. Tutto ciò che però puoi fare è consolare e camminare, camminare e consolare: e tu, padre, sei esattamente come il protagonista di Karate Kid. Dai la cera, togli la cera. Tu consoli, e cammina. Consoli e cammina. Consoli e cammina... Il tutto, mentre quel bambino che porti in braccio su una spalla, si è trasformato in un piccolo sacco di cemento.
IL FOSSO DI HELM - Ovviamente, tolto il fattore cambio-pannolino, il latte notturno e i denti che spuntano finalmente fuori, ecco l'arrivo delle prime (e inevitabili) malattie frutto di quelle deliziose (e tangibili) amicizie sviluppate tra l'asilo nido e la scuola materna. Raffreddore, febbre, influenza, varicella (solo per citare le più comuni). Va da sé che il giorno dopo ti alzi e commenti saggiamente: "Stanno sviluppando gli anticorpi". E lo dici con quel briciolo di fatalismo che oramai ti appartiene, ovviamente tra uno sbadiglio e l'altro. A tutto questo va sommata la prima vera paura: il buio, dentro ad una camerettache è tutta loro. Ecco dunque il loro primo sussulto di indipendenza; nulla di trascendentale, ma il rovescio della medaglia di una maggiore indipendenza, è banalmente una tassa: e come ogni altra tassa, bisogna pagarla. Quindi tocca far fronte a qualche cattiva abitudine, tipo il tentativo di entrare nel lettone senza che vi sia un motivo plausibile. Semplicemente perché il lettone è consolatorio. Loro arrivano, poi si addormentano, e tu - con le poche forze che ti sono rimaste - li riporti nel proprio letto. Perché il lettone (si può dire?) è soprattutto il luogo dell'intimità coniugale che provi a difendere così come Aragorn, Legolas e Gimli hanno difeso il Fosso di Helm nel "Signore degli Anelli". Solo che loro ci sono riusciti, tu - invece - un po' meno.
VARIE E EVENTUALI - Addio all'amato ciuccio consolatorio (entro i due anni) e addio al pannolino (entro i tre anni). Arrivano le prime pipì da grande (accompagnati rigorosamente in bagno) ma anche le prime pipì a letto: e mentre uno cambia il bambino, l'altro/a rifà il letto, andando a sbattere qua e là nel vano tentativo di ricordarsi dove aveva messo il cambio. Anche in questo caso, calcolando i tempi, quasi fosse un pit-stop della Formula 1. Perché in cuor tuo una lezione l'hai finalmente imparata: le ore di sonno perse, sono perse. Adieu.
È TUTTO VERO - In circa nove anni, abbiamo perso 10mila ore di sonno. Il programma in questione, per non farci mancar nulla, quantifica ben bene quelle ore di sonno e le converte in 416 giorni oppure (per esser più pacato) in 14 mesi. Tantino, insomma. Vero: direte voi, che il modo migliore per risentirne meno, è quello di alternarsi durante la notte. Oggi a te, domani a me, perché si deve fare di necessità virtù. Fosse facile, però. Perché in ogni caso li senti e comunque ti svegli: e stare lì, a rigirarsi nel letto (mentre l'altro si smazza il problema) sai che non avrebbe alcun senso. Perché questa non è la vita che ti è capitata: ma è la vita che ti sei scelto. Anche se, detto da un papà (ma questo non mi è molto chiaro) a volte risulta meno credibile.
GENITORI COME AUTO - D'accordo, il paragone fa un po' ridere. Ma è pensabile paragonare i genitori a delle automobili. Quando acquisti una macchina, pensi sempre a quanti chilometri potrà mai fare con quel motore. Quelle che paghi di più, sono quelle auto con motori che promettono un lungo chilometraggio. Tanta strada, dunque, per loro (e pochi problemi, si spera). Idem dicasi per i genitori: quante ore di sonno siamo disposti a sacrificare per i nostri figli? Io ne ho messe a referto quasi 10mila, ma il punto non sono le ore di sonno che se ne sono andate, ma quelle che se ne andranno. Già, perché recita il detto: figli piccoli problemi piccoli, figli grandi problemi grandi. E allora, verrà il momento in cui i bambini saranno cresciuti: di quando saranno fuori e torneranno tardi la sera. E noi continueremo a non dormire. Verrà il momento in cui s'imbarcheranno in avventure più grandi di loro e più grandi anche di noi: e noi, chiaramente, ci saremo. Ma con un occhio sempre aperto. Insomma, il punto non sono le 10mila ore che ci siamo giocati prima: ma le 10mila ore (e oltre) che ci giocheremo in futuro. Perché tutto questo fa parte della natura delle cose.
PARITÀ - Da sempre parliamo della parità nel mondo del lavoro. Perché non c'è dubbio: a una donna (e ancor più ad una madre) vengono richiesti più sacrifici rispetto ad un uomo (o ad un padre). La nostra società però sta cambiando, lentamente - questo è vero - ma sta cambiando. Non perché sta tirando su dei "mammi" (definizione terribile), ma perché sta tirando su (è il caso di dirlo) dei padri, che come le madri, all'indomani si presentano al lavoro con volti distrutti: sono un po' più disconnessi e - in barba alle responsabilità lavorative – sanno, anche a proposito di responsabilità, che ne hanno avute altre che sono emerse (ed emergeranno) sempre nel cuore della notte. Responsabilità impareggiabili, importanti, che ci rendono storditi all'indomani, ma che - al tempo stesso - ci fanno sentire a posto con noi stessi e con chi ci sta a fianco. Perché assonnato come non mai, con quella barba che per l'ennesima volta non sei riuscito a raderti, mentre caffè dopo caffè provi invano a riprenderti, tutto ciò che puoi fare è sperare (se non addirittura pregare) in una semplice nottata di tregua. È vero, sei sempre più stanco: eppure, questa vita, così com'è, non la cambieresti con niente e nessuno.
HOOK - L'idea del padre moderno è anche questa. Tanto sonno, e durante il giorno la mancanza di concentrazione fa parte (spesso e volentieri) delle regole del gioco. Dici a te stesso: "Cresceranno". Ma in cuor tuo, sai di spararla grossa e speri che cresceranno sì, ma senza fretta alcuna. Perché ti è rimasto impresso quel dialogo con Robin Williams nel film "Hook", in cui la moglie Moira, lo redarguisce dicendogli: “I bambini ti vogliono bene, vogliono giocare con te. Quanto pensi che durerà? Presto Jack non ti chiederà più di andare alle sue partite. Abbiamo solo alcuni anni per poter stare con i nostri figli: anni in cui sono loro che vogliono stare con noi. Dopo sarai tu a doverli inseguire perché ti diano retta. Passano presto, Peter”. Solo pochi anni, ed è tutto finito...
Suona male, ma suona esattamente come deve suonare. E alla fine, ti rendi conto che quelle 10mila ore, sono state spese bene. Non per te forse, ma è certo che le hai spese al meglio nei confronti di chi, un domani (si spera), ti ricambierà con quello stesso amore. Quando i ruoli saranno invertiti e quando - per citare Al Pacino in "Ogni maledetta domenica" - le nuvole torneranno a casa.