“Il tessuto urbano migliora con il tempo”. La città si trasforma e turba l'architetto, di Mario Botta
Riprendiamo da L’Osservatore Romano dell’1/5/2010 un articolo scritto dall’architetto Mario Botta. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.
Il Centro culturale Gli scritti (12/10/2009)
Anticipiamo quasi integralmente uno degli articoli del numero in uscita di "Vita e Pensiero", il bimestrale dell'Università Cattolica del Sacro Cuore.
In un momento storico caratterizzato dal rapido espandersi della globalizzazione, la ricerca di una possibile identità passa attraverso il senso di appartenenza a un territorio e quindi anche a un riferimento all'immagine della città. Territorio e città sono due termini di una stessa realtà storico-geografica che connota il paesaggio umano. Il tessuto urbano attraverso le sue trasformazioni segna, forse ancor più che il contesto paesaggistico della campagna, le vicende continue delle lotte e delle passioni consumate lungo l'arco del tempo che nella polis ritrovano una propria espressione formale.
Oggi è il paradigma urbano che meglio di altre rappresentazioni riesce a sintetizzare la storia economica, politica e sociale oltre a quella infinita delle dispute ideologiche che hanno modellato le trasformazioni che viviamo. La città ritorna come nel grande passato a essere baluardo verso il quale i cittadini si rivolgono naturalmente ogniqualvolta avvertono la necessità di recuperare risorse per resistere all'appiattimento e alla banalizzazione che li travolgono nel gran correre di ogni giorno, per tentare di ancorarsi a una realtà territoriale sentita come amica.
Nel confronto con il mondo intero che ci è offerto come realtà virtuale disponibile, la città, in quanto costruzione fisica e sociale, rappresenta un punto di riferimento che riflette (oggi forse in misura maggiore che non nelle entità delle singole nazioni e delle rispettive culture) una condizione storica e antropologica capace di testimoniare un valore di unicum identificabile e riconoscibile.
La storia e le trasformazioni dei contesti urbani sono realtà a noi vicine che hanno condizionato i nostri stili di vita e hanno di fatto modellato i nostri comportamenti. Per questo riconosciamo alla cultura urbana una forza espressiva autentica e significativa della storia umana, con una pluralità di testimonianze aperte a molteplici letture dove la presenza fisica di modelli spaziali, di reperti e di tipologie reali rende l'interpretazione meno astratta e meno ideologica, vale a dire più vicina alla nostra esperienza in una realtà avvincente in grado di coinvolgere le nostre emozioni.
Non si tratta di enunciati teorici predisposti a molteplici interpretazioni, ma di reali condizioni di vita e di spazi entro i quali ci è data una conoscenza concreta. La città come punto di riferimento dentro un territorio geografico riscopre oggi talune prerogative proprie della sua stessa storia. La condizione di centro dentro un tessuto urbano che raccoglie passato e memoria, dove le stratificazioni edilizie si sono accumulate e densificate, e quella altrettanto forte di limite rispetto a una condizione esterna oltre muros, dove regna un paesaggio che è altro rispetto alla polis, sono presenti e percepibili nella maggior parte dei contesti urbani.
Tutto questo viene recepito intuitivamente e rassicura il cittadino che può, attraverso una realtà costruita, riscoprire gran parte della sua identità. Il fascino è dato dalla sensazione che dentro la complessità della trama urbana e della sua stratificazione edilizia è possibile leggere, come in uno specchio dilatato, la condizione stessa della vita con speranze e contraddizioni che si trasformano in immagini e figure reali. All'interno di questo contesto il fruitore può immergersi e vagabondare in una condizione di anonimato, osservatore sconosciuto che agisce da protagonista rispetto all'ambiente circostante.
La nostra stessa personalità si arricchisce attraverso le testimonianze e le esperienze di altri uomini; nel contesto costruito non siamo mai abbandonati, non siamo soli, lo spazio che ci circonda è un territorio di memoria con una sua storia che ci appartiene e lo riconosciamo come parte attiva del nostro essere. Attraverso il territorio fisico interpretiamo un tessuto mentale atto a filtrare i dubbi e le speranze del nostro operare. Nella città storica è sorprendente constatare come, pur essendo stato predisposto per far fronte a esigenze lontane dalla nostra sensibilità, l'impianto urbano con la sua rete distributiva e funzionale risponda concretamente agli attuali bisogni, spesso attraverso una qualità di spazi che noi stessi giudichiamo superiore rispetto a quella offerta dai nuovi insediamenti.
Il tessuto urbano invecchiando migliora: questo paradosso eclatante turba gli animi di architetti e urbanisti. Dobbiamo allora ammettere come non siano gli aspetti tecnico-funzionali, che costantemente rincorriamo, a offrire una migliore qualità della vita, ma la ricchezza della stratificazione e in definitiva le memorie che riaffiorano dalle pietre della città. Attraverso l'esperienza del vivere nei centri storici, disegnati e consolidati attraverso il lavoro delle generazioni estinte, riconosciamo una maggiore qualità e ritroviamo valori che ci appagano, frutto di fatiche di comunità scomparse, lontane nel tempo dalle ansie e dalle preoccupazioni del nostro vivere.
Riemerge forte, allora, il bisogno di storia dato dal contesto costruito, continuamente modificato e ridisegnato nel trascorrere del tempo che trasforma e sconvolge gli usi e i valori originali che ora assumono nuovi significati. La città insegna che non è possibile vivere senza passato e che il territorio della memoria rappresenta una condizione del vivere presente.
Certo la città contemporanea, pur nella sua ineluttabilità, genera problemi che assillano il vivere quotidiano: dai dati allarmanti dell'inquinamento a quelli del traffico, dall'approvvigionamento energetico alle gravissime emergenze residenziali che vedono le aree più pregiate consegnate ai commerci con la conseguente espulsione di interi settori abitativi. Ma pur all'interno di queste e altre contraddizioni, il contesto urbano resta una realtà di richiamo per il vivere collettivo e nel mondo intero il processo centripeto verso la città appare irreversibile e risuona come una nuova inarrestabile frontiera.
Nel 1950 le città con più di un milione di abitanti erano ottanta; si calcola che nel 2015 saranno oltre cinquecento. Un altro dato recente ci indica che più della metà della popolazione mondiale già oggi è concentrata in grandi agglomerati urbani.
Il moltiplicarsi delle aree metropolitane ovviamente viene a sconvolgere gli equilibri propri delle città tradizionali, ma tutto questo può anche essere interpretato come una crescita favorevole per la qualità dell'abitare, se fosse possibile controllare talune contraddizioni. Il problema della densità degli insediamenti è forse la chiave di volta per la realizzazione di nuovi equilibri abitativi dentro i contesti metropolitani. Differenti modelli tipologici si offrono per realizzare queste nuove densità urbane, da quelli che vogliono uno sviluppo verticale a quelli che indicano morfologie orizzontali, ma in entrambi i casi sembra ormai consolidata l'indicazione che le città non dovrebbero espandersi oltre gli attuali limiti urbanizzati.
Lo sviluppo all'interno di aree divenute obsolete (ex industriali, ex militari) si prospetta vincente con tutti i vantaggi derivanti dalle infrastrutture e dai servizi già esistenti e il conseguente contenimento dei costi sociali. La città dunque è destinata, anche nelle sue nuove dimensioni, a crescere su se stessa, a consolidare il processo di continua stratificazione storica che d'altronde è stato una sua costante peculiarità.
L'espansione dei nuovi interventi edilizi dentro le aree dismesse segna una nuova frontiera dell'urbanistica, la quale, accanto alle inevitabili demolizioni delle costruzioni ormai obsolete, progetta nuovi territori e nuovi squarci di città in grado di ricucire e ricomporre i grandi vuoti delle aree ex industriali. È certo che la città nella totalità del suo essere contenitore sociale resterà per la maggior parte degli uomini una realtà di riferimento dove i futuri interventi (contraddicendo le nichilistiche prospettive di alcune recenti architetture votate a una completa autoreferenzialità, veri e propri oggetti autonomi svincolati dal contesto, in dialogo unicamente con se stessi) si aprono a prospettive di confronto fra le nuove architetture e l'intorno già consolidato dalla storia. Con un tessuto urbano forte, consapevole del proprio passato e del valore della propria immagine, anche la tipologia edilizia delle singole architetture dovrà concorrere a rafforzare il disegno d'insieme.
(©L'Osservatore Romano - 1° maggio 2010)
Il Centro culturale Gli scritti (12/10/2009)
Anticipiamo quasi integralmente uno degli articoli del numero in uscita di "Vita e Pensiero", il bimestrale dell'Università Cattolica del Sacro Cuore.
In un momento storico caratterizzato dal rapido espandersi della globalizzazione, la ricerca di una possibile identità passa attraverso il senso di appartenenza a un territorio e quindi anche a un riferimento all'immagine della città. Territorio e città sono due termini di una stessa realtà storico-geografica che connota il paesaggio umano. Il tessuto urbano attraverso le sue trasformazioni segna, forse ancor più che il contesto paesaggistico della campagna, le vicende continue delle lotte e delle passioni consumate lungo l'arco del tempo che nella polis ritrovano una propria espressione formale.
Oggi è il paradigma urbano che meglio di altre rappresentazioni riesce a sintetizzare la storia economica, politica e sociale oltre a quella infinita delle dispute ideologiche che hanno modellato le trasformazioni che viviamo. La città ritorna come nel grande passato a essere baluardo verso il quale i cittadini si rivolgono naturalmente ogniqualvolta avvertono la necessità di recuperare risorse per resistere all'appiattimento e alla banalizzazione che li travolgono nel gran correre di ogni giorno, per tentare di ancorarsi a una realtà territoriale sentita come amica.
Nel confronto con il mondo intero che ci è offerto come realtà virtuale disponibile, la città, in quanto costruzione fisica e sociale, rappresenta un punto di riferimento che riflette (oggi forse in misura maggiore che non nelle entità delle singole nazioni e delle rispettive culture) una condizione storica e antropologica capace di testimoniare un valore di unicum identificabile e riconoscibile.
La storia e le trasformazioni dei contesti urbani sono realtà a noi vicine che hanno condizionato i nostri stili di vita e hanno di fatto modellato i nostri comportamenti. Per questo riconosciamo alla cultura urbana una forza espressiva autentica e significativa della storia umana, con una pluralità di testimonianze aperte a molteplici letture dove la presenza fisica di modelli spaziali, di reperti e di tipologie reali rende l'interpretazione meno astratta e meno ideologica, vale a dire più vicina alla nostra esperienza in una realtà avvincente in grado di coinvolgere le nostre emozioni.
Non si tratta di enunciati teorici predisposti a molteplici interpretazioni, ma di reali condizioni di vita e di spazi entro i quali ci è data una conoscenza concreta. La città come punto di riferimento dentro un territorio geografico riscopre oggi talune prerogative proprie della sua stessa storia. La condizione di centro dentro un tessuto urbano che raccoglie passato e memoria, dove le stratificazioni edilizie si sono accumulate e densificate, e quella altrettanto forte di limite rispetto a una condizione esterna oltre muros, dove regna un paesaggio che è altro rispetto alla polis, sono presenti e percepibili nella maggior parte dei contesti urbani.
Tutto questo viene recepito intuitivamente e rassicura il cittadino che può, attraverso una realtà costruita, riscoprire gran parte della sua identità. Il fascino è dato dalla sensazione che dentro la complessità della trama urbana e della sua stratificazione edilizia è possibile leggere, come in uno specchio dilatato, la condizione stessa della vita con speranze e contraddizioni che si trasformano in immagini e figure reali. All'interno di questo contesto il fruitore può immergersi e vagabondare in una condizione di anonimato, osservatore sconosciuto che agisce da protagonista rispetto all'ambiente circostante.
La nostra stessa personalità si arricchisce attraverso le testimonianze e le esperienze di altri uomini; nel contesto costruito non siamo mai abbandonati, non siamo soli, lo spazio che ci circonda è un territorio di memoria con una sua storia che ci appartiene e lo riconosciamo come parte attiva del nostro essere. Attraverso il territorio fisico interpretiamo un tessuto mentale atto a filtrare i dubbi e le speranze del nostro operare. Nella città storica è sorprendente constatare come, pur essendo stato predisposto per far fronte a esigenze lontane dalla nostra sensibilità, l'impianto urbano con la sua rete distributiva e funzionale risponda concretamente agli attuali bisogni, spesso attraverso una qualità di spazi che noi stessi giudichiamo superiore rispetto a quella offerta dai nuovi insediamenti.
Il tessuto urbano invecchiando migliora: questo paradosso eclatante turba gli animi di architetti e urbanisti. Dobbiamo allora ammettere come non siano gli aspetti tecnico-funzionali, che costantemente rincorriamo, a offrire una migliore qualità della vita, ma la ricchezza della stratificazione e in definitiva le memorie che riaffiorano dalle pietre della città. Attraverso l'esperienza del vivere nei centri storici, disegnati e consolidati attraverso il lavoro delle generazioni estinte, riconosciamo una maggiore qualità e ritroviamo valori che ci appagano, frutto di fatiche di comunità scomparse, lontane nel tempo dalle ansie e dalle preoccupazioni del nostro vivere.
Riemerge forte, allora, il bisogno di storia dato dal contesto costruito, continuamente modificato e ridisegnato nel trascorrere del tempo che trasforma e sconvolge gli usi e i valori originali che ora assumono nuovi significati. La città insegna che non è possibile vivere senza passato e che il territorio della memoria rappresenta una condizione del vivere presente.
Certo la città contemporanea, pur nella sua ineluttabilità, genera problemi che assillano il vivere quotidiano: dai dati allarmanti dell'inquinamento a quelli del traffico, dall'approvvigionamento energetico alle gravissime emergenze residenziali che vedono le aree più pregiate consegnate ai commerci con la conseguente espulsione di interi settori abitativi. Ma pur all'interno di queste e altre contraddizioni, il contesto urbano resta una realtà di richiamo per il vivere collettivo e nel mondo intero il processo centripeto verso la città appare irreversibile e risuona come una nuova inarrestabile frontiera.
Nel 1950 le città con più di un milione di abitanti erano ottanta; si calcola che nel 2015 saranno oltre cinquecento. Un altro dato recente ci indica che più della metà della popolazione mondiale già oggi è concentrata in grandi agglomerati urbani.
Il moltiplicarsi delle aree metropolitane ovviamente viene a sconvolgere gli equilibri propri delle città tradizionali, ma tutto questo può anche essere interpretato come una crescita favorevole per la qualità dell'abitare, se fosse possibile controllare talune contraddizioni. Il problema della densità degli insediamenti è forse la chiave di volta per la realizzazione di nuovi equilibri abitativi dentro i contesti metropolitani. Differenti modelli tipologici si offrono per realizzare queste nuove densità urbane, da quelli che vogliono uno sviluppo verticale a quelli che indicano morfologie orizzontali, ma in entrambi i casi sembra ormai consolidata l'indicazione che le città non dovrebbero espandersi oltre gli attuali limiti urbanizzati.
Lo sviluppo all'interno di aree divenute obsolete (ex industriali, ex militari) si prospetta vincente con tutti i vantaggi derivanti dalle infrastrutture e dai servizi già esistenti e il conseguente contenimento dei costi sociali. La città dunque è destinata, anche nelle sue nuove dimensioni, a crescere su se stessa, a consolidare il processo di continua stratificazione storica che d'altronde è stato una sua costante peculiarità.
L'espansione dei nuovi interventi edilizi dentro le aree dismesse segna una nuova frontiera dell'urbanistica, la quale, accanto alle inevitabili demolizioni delle costruzioni ormai obsolete, progetta nuovi territori e nuovi squarci di città in grado di ricucire e ricomporre i grandi vuoti delle aree ex industriali. È certo che la città nella totalità del suo essere contenitore sociale resterà per la maggior parte degli uomini una realtà di riferimento dove i futuri interventi (contraddicendo le nichilistiche prospettive di alcune recenti architetture votate a una completa autoreferenzialità, veri e propri oggetti autonomi svincolati dal contesto, in dialogo unicamente con se stessi) si aprono a prospettive di confronto fra le nuove architetture e l'intorno già consolidato dalla storia. Con un tessuto urbano forte, consapevole del proprio passato e del valore della propria immagine, anche la tipologia edilizia delle singole architetture dovrà concorrere a rafforzare il disegno d'insieme.
(©L'Osservatore Romano - 1° maggio 2010)