«Nonostante le inconciliabili differenze teologiche, noi ebrei consideriamo i cattolici come nostri partner, stretti alleati, amici e fratelli nella ricerca comune di un mondo migliore. La libertà religiosa è sempre più minacciata dalle forze sia del laicismo sia dell’estremismo religioso. Cerchiamo la collaborazione della comunità cattolica in particolare, e di altre comunità di fede, per garantire il futuro della libertà religiosa, per promuovere i principi morali della nostra fede, in particolare la santità della vita e il significato della famiglia tradizionale, e per “coltivare la coscienza morale e religiosa della società”. Come popolo che ha sofferto la persecuzione siamo tutti sin troppo consapevoli del pericolo molto reale in cui si trovano molti cristiani in Medio Oriente e altrove, perseguitati e minacciati di violenza e di morte per mano di coloro che invocano il nome di Dio invano attraverso atti di violenza e di terrore». “Fra Gerusalemme e Roma. La condivisione dell’universale e il rispetto del particolare. Riflessioni a 50 anni di Nostra Aetate”. Documento della Conferenza dei Rabbini europei e del Consiglio Rabbinico d’America

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 05 /09 /2017 - 12:28 pm | Permalink | Homepage
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Riprendiamo sul nostro sito, nella traduzione presente sul sito www.saenotizie.it, il documento “Fra Gerusalemme e Roma. La condivisione dell’universale e il rispetto del particolare. Riflessioni a 50 anni di Nostra Aetate”, firmato dalla Conferenza dei Rabbini europei e dal Consiglio Rabbinico d’America. Il sito del SAE ricordava che la Conferenza dei rabbini europei (CER) è la principale alleanza rabbinica in Europa. Riunisce più di 700 leader religiosi delle comunità ebraiche d'Europa appartenenti alla corrente maggioritaria (Ortodossa). La conferenza è stata progettata per mantenere e difendere i diritti religiosi degli ebrei in Europa ed è diventata la voce del giudaismo per il continente europeo. Il Consiglio Rabbinico d’America (del Nord), invece, con sede nazionale a New York City, è una organizzazione professionale che serve più di 1000 rabbini ortodossi negli Stati Uniti d'America, Canada, Israele, e in tutto il mondo. Ne sono membri rabbini ortodossi debitamente ordinati che svolgono incarichi riconosciuti dall’assemblea dei rabbini, operano nel settore dell’educazione ebraica, in cappellanie e in altri campi di lavoro ebraico a livello comunitario. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. la sezione Ebraismo.

Il Centro culturale Gli scritti (5/9/2017)

Preambolo

Nel racconto biblico della creazione, Dio modella un singolo essere umano come progenitore di tutta l'umanità. Ne segue che il messaggio inequivocabile della Bibbia è che tutti gli esseri umani sono membri di una sola famiglia. E dopo il diluvio di Noè, questo messaggio si è rafforzato in quanto la nuova fase della storia è ancora una volta inaugurata da una sola famiglia. In principio, la provvidenza di Dio ha come oggetto una umanità universale indifferenziata.

Quando Dio ha scelto Abramo, e, successivamente, Isacco e Giacobbe, affidò loro una duplice missione: fondare la nazione di Israele che avrebbe ereditato, insediato e stabilito un modello di società nella santa, terra promessa di Israele, e al tempo stesso servire come sorgente di luce per tutta l'umanità. Da allora, in particolare nel periodo successivo alla distruzione da parte dei romani del Secondo Tempio di Gerusalemme nel 70 e.v., noi ebrei abbiamo affrontato l'esilio e persecuzione dopo persecuzione. E tuttavia, l'Eterno Uno di Israele non mente[1], e la sua alleanza eterna con la nazione di Israele si è manifestata più volte, nonostante le grandissime avversità che la nostra nazione ha subito[2].

Nell'ora più buia dalla distruzione del nostro santo tempio di Gerusalemme, quando sei milioni di nostri fratelli sono stati brutalmente assassinati e le braci delle loro ossa si sono spente nelle ombre dei crematori nazisti, il patto eterno di Dio si è manifestato ancora una volta: il resto di Israele ha raccolto le sue forze e ha prodotto un risveglio miracoloso della coscienza ebraica. Comunità sono state ristabilite in tutta la diaspora, e molti ebrei hanno risposto al vibrante appello di tornare in Eretz Yisrael, dove è sorto uno Stato ebraico sovrano.

I due obblighi del popolo ebraico - essere una luce per le nazioni[3] e assicurare il proprio futuro, nonostante l'odio e la violenza del mondo - sono stati molto difficili da soddisfare. Nonostante innumerevoli ostacoli, la nazione ebraica ha lasciato in eredità all'umanità molte benedizioni, sia nel campo delle scienze, della cultura, della filosofia, della letteratura, della tecnologia e del commercio, così come nel campo della fede, della spiritualità, dell’etica e della moralità. Anche queste sono manifestazione del patto eterno di Dio con il popolo ebraico.

Senza dubbio, la Shoah costituisce il nadir storico dei rapporti tra gli ebrei e i nostri vicini non ebrei in Europa. Proprio dal continente alimentato dal cristianesimo per oltre un millennio, è spuntata una crudele e malvagia diramazione, che ha ucciso con precisione industriale sei milioni di nostri fratelli, tra cui un milione e mezzo di bambini. Molti di coloro che hanno partecipato a questo odiosissimo crimine, sterminando intere famiglie e comunità, erano cresciuti in famiglie e in comunità cristiane[4]

Nello stesso tempo, nel corso di questo millennio e persino in tempi molto bui, sono sorti individui eroici, - figli e figlie della Chiesa cattolica, sia laici sia leader -. che si sono opposti alla persecuzione degli ebrei, aiutandoli nei periodi più oscuri della storia[5]. Con la fine della seconda guerra mondiale, è cominciata ad emergere nei paesi dell'Europa occidentale una nuova era di coesistenza pacifica e di accettazione, e si è affermata una nuova era di apertura al dialogo e di tolleranza in molte denominazioni cristiane. Molte comunità di fede hanno riesaminato criticamente l’atteggiamento di rifiuto degli altri adottato in passato, e hanno avuto inizio decenni di proficua interazione e di cooperazione.

Inoltre, benché noi ebrei avessimo raggiunto l'emancipazione politica un secolo o due prima, non eravamo ancora veramente stati accettati come pari, membri a pieno titolo delle nazioni in cui eravamo vissuti. Dopo la Shoah, finalmente, l'emancipazione ebraica nella diaspora, così come il diritto del popolo ebraico a vivere come una nazione sovrana nella propria terra, sono tati accettati come fatti ovvi e naturali. Nel corso dei successivi sette decenni, le comunità ebraiche e i leader spirituali hanno gradualmente ripreso in esame il rapporto dell'ebraismo con i membri e i leader delle altre comunità di fede.

Una svolta - Nostra Aetate

Cinquanta anni fa, venti anni dopo la Shoah, con la sua dichiarazione Nostra Aetate (n. 4)[6], la Chiesa cattolica ha avviato un processo di introspezione che ha sempre più condotto a purgare la dottrina della Chiesa dalle ostilità verso gli ebrei, consentendo un aumento di fiducia tra le nostre rispettive comunità di fede. Da questo punto di vista, Papa Giovanni XXIII è stato una personalità di riformatore sia nei rapporti ebraico-cattolici sia nella storia della Chiesa stessa.  

Ha svolto un ruolo coraggioso nel salvataggio di ebrei durante l'Olocausto e il suo riconoscimento della necessità di rivedere "l'insegnamento del disprezzo" ha contribuito a superare la resistenza al cambiamento e, in definitiva, ha facilitato l'adozione di Nostra Aetate (n. 4). Nella sua affermazione più mirata, concreta, e, per la Chiesa, più drammatica[7], Nostra Aetate ha riconosciuto che ogni ebreo non direttamente e personalmente coinvolto nella Crocifissione non assume alcuna responsabilità[8].

Sono particolarmente degne di nota le elaborazioni e le spiegazioni su questo punto da parte di Papa Benedetto XVI[9]. Inoltre, basandosi sulle Scritture cristiane, Nostra Aetate ha affermato che l'elezione divina di Israele, che essa definisce "il dono di Dio", non sarà revocata: "Dio ... non si pente dei doni elargiti o delle chiamate che ha fatto" e ha ordinato che "gli ebrei non devono essere presentati come rigettati o maledetti da Dio". Più tardi, nel 2013, Papa Francesco ha approfondito questo tema nella sua esortazione apostolica Evangelii Gaudium: "Dio continua a operare tra la gente dell’Antico Patto per portare avanti i tesori della sapienza che gli derivano dal loro incontro con la sua parola"[10].

Nostra Aetate ha anche aperto la strada all’instaurazione di piene relazioni diplomatiche con lo Stato di Israele da parte del Vaticano nel 1993. Attraverso la creazione di tali relazioni, la Chiesa cattolica ha dimostrato che aveva veramente ripudiato la sua rappresentazione del popolo ebraico come nazione condannata a vagare fino all'avvento finale. Questo avvenimento storico ha facilitato il pellegrinaggio di Giovanni Paolo II in Israele nel 2000, che ha costituito un’altra potente dimostrazione di una nuova era nelle relazioni tra cattolici ed ebrei. Da allora, i successivi due ultimi papi hanno fatto anch’essi simili visite di stato.

Nostra Aetate fortemente "deplora odi, persecuzioni, manifestazioni di antisemitismo dirette contro gli ebrei, in ogni tempo e da chiunque" trattando il tema alla stregua di dovere religioso. Di conseguenza, Papa Giovanni Paolo II ha più volte affermato che l'antisemitismo è "un peccato contro Dio e l'umanità". Al Muro del Pianto a Gerusalemme, ha recitato la seguente preghiera: "Dio dei nostri padri, tu hai scelto Abramo e i suoi discendenti per portare il tuo Nome alle nazioni.  Siamo profondamente addolorati per il comportamento di coloro che nel corso della storia hanno causato sofferenze a questi tuoi figli e, chiedendo perdono, vogliamo impegnarci a vivere una fraternità autentica con il popolo dell'Alleanza". Papa Francesco ha recentemente riconosciuto una forma di antisemitismo nuova, pervasiva e persino alla moda, quando ha detto ad una delegazione del World Jewish Congress (Congresso ebraico mondiale): "Attaccare gli ebrei è antisemitismo, ma un attacco diretto allo Stato di Israele è pure antisemitismo. Ci possono essere divergenze politiche tra governi e su questioni politiche, ma lo Stato di Israele ha tutto il diritto di esistere in sicurezza e prosperità"[11].

Infine, Nostra Aetate ha invitato a favorire "la comprensione e il rispetto reciproci", e lo svolgimento di “dialoghi fraterni". Nel 1974, Papa Paolo VI ha accolto questo invito con la creazione della Pontificia Commissione per i rapporti religiosi con l'Ebraismo; la comunità ebraica, in risposta a questo invito, si è incontrata regolarmente con i rappresentanti della Chiesa. Ci complimentiamo con il lavoro di papi, leader religiosi e studiosi che con passione hanno contribuito a questi sviluppi, tra cui, alla fine della seconda guerra mondiale, coloro che hanno proposto con forza e determinazione il dialogo ebraico-cattolico ed il cui lavoro collettivo è stato la principale fonte di ispirazione per Nostra Aetate.

Le tappe più importanti sono state il Concilio Vaticano II, l'istituzione della Pontificia Commissione per i Rapporti Religiosi con l'ebraismo, il riconoscimento del giudaismo come religione che vive con un'alleanza eterna, il giudizio sulla Shoah e sui suoi antecedenti e la creazione di rapporti diplomatici con lo Stato di Israele. Gli scritti teologici dei presidenti della Commissione per i Rapporti Religiosi con l'Ebraismo hanno dato un importante contributo ai documenti della Chiesa che hanno fatto seguito a Nostra Aetate, così come gli scritti di numerosi altri teologi.

Nelle sue recenti riflessioni su Nostra Aetate, "I doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili", la Pontificia Commissione sottoscrive senza ambiguità l’idea che gli ebrei sono partecipi della salvezza di Dio, chiamando questa idea "un insondabile mistero divino"[12]. Essa ha inoltre proclamato che "la Chiesa cattolica non conduce né supporta alcuna iniziativa specifica di missione istituzionale rivolta agli ebrei"[13]. Anche se la Chiesa cattolica non ha sconfessato la testimonianza agli ebrei, ha comunque dimostrato comprensione e sensibilità nei confronti di sensibilità ebraiche profondamente radicate, e ha preso le distanze da ogni azione missionaria indirizzata agli ebrei.

La trasformazione dell'atteggiamento della Chiesa verso la comunità ebraica è straordinariamente esemplificata dalla recente visita di Papa Francesco ad una sinagoga, che farà di lui il terzo Papa a compiere questo gesto altamente significativo. Facciamo eco al suo commento: "Da nemici e sconosciuti siamo diventati amici e fratelli. La mia speranza è che la vicinanza, la comprensione reciproca e il rispetto tra le nostre due comunità continuino a crescere”. Questi atteggiamenti e azioni di accoglienza sono in netto contrasto con i secoli di insegnamenti di disprezzo e di ostilità diffusa, e preannunciano un capitolo molto incoraggiante di un memorabile processo di trasformazione della società. 

Valutazione e rivalutazione

Inizialmente, molti leader ebrei[14] erano scettici sulla sincerità delle aperture della Chiesa verso la comunità ebraica, a causa della lunga storia di antigiudaismo cristiano. Nel corso del tempo, è diventato chiaro che le trasformazioni negli atteggiamenti e negli insegnamenti della Chiesa non solo sono sincere, ma anche sempre più profonde, e che stiamo entrando in un'era di crescente tolleranza, di rispetto reciproco e di solidarietà tra i membri delle nostre rispettive fedi. Il Giudaismo ortodosso - attraverso l'Unione ortodossa americana e il Consiglio rabbinico d'America - aveva già fatto parte dell’International Jewish Committee for Interreligious Consultations (IJCIC - Comitato Internazionale Ebraico per le consultazioni interreligiose) istituito alla fine degli anni sessanta, come rappresentante ufficiale ebraico per i rapporti con il Vaticano.  

Una nuova pagina nei rapporti del giudaismo ortodosso con la Chiesa cattolica è stata aperta con l'istituzione del comitato bilaterale del Gran Rabbinato di Israele con il Vaticano, avvenuta nel 2002 sotto la presidenza del rabbino capo di Haifa Rabbi She'ar Yashuv Cohen. Le dichiarazioni pubblicate relative a tredici riunioni di tale commissione bilaterale (che hanno avuto luogo alternando ogni anno la sede tra Roma e Gerusalemme) evitano accuratamente le questioni relative ai fondamenti della fede, ma piuttosto affrontano un ampio spettro di sfide sociali e scientifiche contemporanee, mettendo in evidenza i valori condivisi, nel rispetto delle differenze.

Noi, sia cattolici sia ebrei, riconosciamo che questa fraternità non può spazzare via le nostre differenze dottrinali; rafforza piuttosto le autentiche disposizioni positive reciproche verso i valori fondamentali che condividiamo, che includono il rispetto della Bibbia ebraica ma non si limitano ad esso[15]. Le differenze teologiche tra ebraismo e cristianesimo sono profonde. Le credenze fondamentali del cristianesimo, centrate sulla persona di Gesù come il Messia e sull'incarnazione della seconda persona di un Dio trino, creano una separazione inconciliabile rispetto al giudaismo. La storia del martirio ebraico nell'Europa cristiana costituisce una tragica testimonianza della devozione e tenacia con cui gli ebrei hanno resistito a credenze incompatibili con la loro antica ed eterna fede, che richiede assoluta fedeltà alla Torah sia scritta, sia orale.

Nonostante queste profonde differenze, alcune delle più alte autorità del giudaismo hanno affermato che i cristiani mantengono uno status speciale perché adorano il Creatore del cielo e della terra, che ha liberato il popolo di Israele dalla schiavitù d'Egitto e che esercita la provvidenza su tutta la creazione[16]. Le differenze dottrinali sono di carattere essenziale e non possono essere discusse o negoziate; il loro significato e la loro importanza appartengono alle deliberazioni interne alle rispettive comunità di fede. L’ebraismo, attingendo la sua particolarità dalla tradizione ricevuta, che risale ai tempi dei suoi gloriosi profeti e in particolare alla rivelazione sul Sinai, rimarrà per sempre fedele ai suoi principi, alle leggi e agli insegnamenti eterni.  

Inoltre, le nostre discussioni interreligiose sono informate dalle profonde intuizioni di grandi pensatori ebrei come il rabbino Joseph Ber Soloveitchik[17], Rabbi Sir Emanuel Jakobovits[18], e molti altri, che hanno eloquentemente sostenuto che l'esperienza religiosa è personale e può essere veramente compresa solo nell'ambito della propria comunità di fede. Tuttavia, le differenze dottrinali e la nostra incapacità di capire veramente il significato e i misteri della fede dell’altro non possono ostacolare il cammino della nostra pacifica collaborazione per il miglioramento del nostro mondo comune e della vita dei figli di Noè. Per raggiungere questo fine, è fondamentale che le nostre comunità di fede continuino a incontrarsi, ad accrescere la conoscenza reciproca e a ottenere sempre maggiore fiducia l’una dell’altra.

La strada verso il futuro

Nonostante le inconciliabili differenze teologiche, noi ebrei consideriamo i cattolici come nostri partner, stretti alleati, amici e fratelli nella ricerca comune di un mondo migliore che possa godere pace, giustizia sociale e sicurezza[19]. Comprendiamo la nostra missione di essere una luce per le nazioni come contributo all’apprezzamento dell'umanità per la santità, la morale e la pietà. Il mondo occidentale, invece, cresce sempre più secolare, abbandona molti dei valori morali condivisi da ebrei e cristiani. La libertà religiosa è quindi sempre più minacciata dalle forze sia del laicismo sia dell’estremismo religioso.

Per questo motivo cerchiamo la collaborazione della comunità cattolica in particolare, e di altre comunità di fede, in generale, per garantire il futuro della libertà religiosa, per promuovere i principi morali della nostra fede, in particolare la santità della vita e il significato della famiglia tradizionale, e per “coltivare la coscienza morale e religiosa della società”[20]. Come popolo che ha sofferto la persecuzione e il genocidio durante tutta la nostra storia, siamo tutti sin troppo consapevoli del pericolo molto reale in cui si trovano molti cristiani in Medio Oriente e altrove, perseguitati e minacciati di violenza e di morte per mano di coloro che invocano il nome di Dio invano attraverso atti di violenza e di terrore.

Chiediamo alla Chiesa di unirsi a noi nell’approfondire la lotta contro la nuova barbarie della nostra generazione, vale a dire le propaggini radicali dell'Islam, che mettono in pericolo la nostra società globale e non risparmiano i numerosissimi musulmani moderati. Esse minacciano la pace mondiale in generale e i cristiani e gli ebrei in particolare. Ci appelliamo a tutte le persone di buona volontà perché uniscano le forze per combattere questo male. Nonostante profonde differenze teologiche, cattolici ed ebrei condividono credenze comuni: l'origine divina della Torah e una redenzione finale, e ora, anche l'affermazione che le religioni devono utilizzare il comportamento morale e l'educazione religiosa - non la guerra, la coercizione o la pressione sociale - per esercitare la propria capacità di influenzare e di ispirare.

Noi siamo soliti astenerci dall'esprimere aspettative per quanto riguarda le dottrine di altre comunità di fede. Tuttavia siamo convinti che alcuni tipi di dottrine sono causa di vera sofferenza; le dottrine cristiane, i rituali e gli insegnamenti che esprimono atteggiamenti negativi verso gli ebrei e l'ebraismo si ispirano davvero all'antisemitismo e lo alimentano. Pertanto, per estendere le relazioni amichevoli e coltivare le cause comuni tra cattolici ed ebrei a seguito della Nostra Aetate, invitiamo tutte le confessioni cristiane che non l’hanno ancora fatto, di seguire l'esempio della Chiesa cattolica e di rimuovere dalle loro liturgie e dalle loro dottrine le espressioni di antisemitismo, di interrompere le azioni missionarie verso gli ebrei, e di operare per un mondo migliore in pieno accordo con noi, il popolo ebraico.

Desideriamo approfondire il dialogo e il partenariato con la Chiesa al fine di favorire la comprensione reciproca e far progredire gli obiettivi di cui sopra. Cerchiamo di trovare modi che ci permetteranno, insieme, di migliorare il mondo: per camminare sulle vie di Dio, nutrire gli affamati e vestire gli ignudi, dare gioia a vedove e orfani, rifugio ai perseguitati e agli oppressi, e quindi meritare le Sue benedizioni.

Note al testo

[1] 1 Samuele 15,29.

[2] Cf. Genesi 17,7; 17,19, Levitico 26,42-45, Deuteronomio 20,3-5, etc.

[3] Isaia 49,6.

[4] Papa Giovanni Paolo II ha scritto “È giusto pertanto che, mentre il secondo Millennio del cristianesimo volge al termine, la Chiesa si faccia carico con più viva consapevolezza del peccato dei suoi figli...” (Giovanni Paolo II, Lettera apostolica: Tertio Millennio Adveniente, 10 novembre 1994, 33: Acta Apostolicae Sedis 87, 1995, 25). La Pontificia Commissione per le Relazioni religiose con l’ebraismo ha scritto: “Il fatto che la Shoah abbia avuto luogo in Europa, cioè in paesi di lunga civilizzazione cristiana, pone la questione della relazione tra la persecuzione nazista e gli atteggiamenti dei cristiani, lungo i secoli, nei confronti degli ebrei”. (Noi ricordiamo: una riflessione sulla Shoah, 16 marzo 1998).

[5] Due esempi tra i molti di questi eroi della storia sono l’abate Bernardo di Clairvaux durante le Crociate e Jules Géraud cardinale Saliège di Tolosa durante la Seconda Guerra Mondiale. Quando, durante le Crociate, un collega monaco cistercense aveva iniziato a esortare i tedeschi a distruggere gli ebrei prima di far guerra ai musulmani, l’abate Bernardo di Clairvaux è andato di persona a bloccare tale iniziativa. Come ha scritto il rabbino Efraim di Bonn: “Un prete saggio di nome Bernard, una grande figura e maestro di tutti i sacerdoti, che conosceva e capiva la loro religione, disse loro: ‘Il mio discepolo che ha predicato che gli ebrei dovrebbero essere distrutti ha parlato in modo improprio, perché è scritto di loro nel libro dei Salmi: ‘non ucciderli perché il mio popolo non dimentichi’ [Sal 59,12]. Tutte le persone presenti consideravano questo prete come uno dei loro santi, e la nostra indagine non ha indicato che abbia preso tangenti per parlare bene di Israele. Udito questo, molti di loro interruppero i loro sforzi per provocare la nostra morte?” (Sefer Zekhirah, ed. by AM Haberman, p. 18). Jules Géraud Saliège (24 febbraio 1870-5 novembre 1956) arcivescovo cattolico di Tolosa dal 1928 fino alla sua morte, è stato una figura significativa nella resistenza cattolica al regime filo-nazista in Francia. È stato creato cardinale nel 1946 da papa Pio XII. Yad Vashem lo ha riconosciuto come Giusto tra le Nazioni per i suoi sforzi per proteggere gli ebrei durante la Shoah.

[6] Il principale soggetto di questa sezione è il paragrafo 4 di Nostra Aetate, che tratta in particolare delle relazioni della Chiesa cattolica con gli ebrei. Per facilitare ed alleggerire la lettura, d’ora in poi si farà riferimento solo a Nostra Aetate, ma è particolarmente al paragrafo n. 4 che fa riferimento il nostro documento.

[7] L'affermazione di Nostra Aetate è radicata negli insegnamenti precedenti della Chiesa, come il Catechismo del Concilio di Trento, del 1566. L’articolo 4 della sezione del documento intitolato Il Credo, relativizza la colpa imputata agli ebrei proclamando che il peccato dei cristiani ha contribuito molto di più alla crocifissione. Ciò nonostante, le accuse di deicidio nei confronti degli ebrei continuarono per diversi secoli. Se le accuse vennero attenuate nel corso del tempo, è più probabile che ciò vada ascritto all’Illuminismo, un periodo durante il quale l’odio verso gli ebrei ha perso in Europa parte del suo carattere religioso. Nostra Aetate, d'altra parte, ponendosi sulla scia di un desiderio del mondo occidentale di sconfessare i tipi di intenso odio verso l’ebreo, che ha contribuito alla Shoah, è stata un passaggio del tutto rivoluzionario nel portare avanti un cambiamento significativo nella Chiesa cattolica in questa direzione.

[8] Il grado in cui gli ebrei, anche del primo secolo, hanno avuto un ruolo nella crocifissione di Gesù è esso stesso oggetto di controversia scientifica, ma in termini di dottrina cristiana interna, ci rendiamo conto che assolvere tutti gli altri ebrei da ogni responsabilità per la crocifissione è un passo estremamente significativo per la Chiesa. 

[9] Nel libro Gesù di Nazaret: la Settimana Santa, 2011.

[10] Papa Francesco, Evangelii Gaudium, Vaticano 2013, §247, §249.

[11]http://www.worldjewishcongress.org/en/news/pope-francis-to-make-first-official-visit-torome and http://edition.cnn.com/2015/10/28/world/pope-jews/.

[12] I doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili, Pontificia Commissione per le Relazioni Religiose con l’ebraismo, 2015, §36-§39.

[13] Ibid. §40.

[14] Cfr. Per esempio Rabbi Moshe Feinstein, Responsa Iggerot Moshhe, Yoreh De’ah Vol. 3, §43, in francese Chief Rabbi Jacob Kaplan nelle sue osservazioni citate in Droit et liberté, dicembre 1964, and in Hamodia, 16 September 1965. Entrambi hanno identificato le aree dove era giustificato lo scetticismo.

[15] Commentario al Cantico dei Cantici (attributo a Nahmanides), in Kitve ha-Ramban, ed. Chavel, vol. II, p. 502-503; Ralbag, Milhamot, ed. Leipzig, p. 356 e Commentario alla Torah, ed. Venezia, p. 2.

[16] Tosafot Sanhedrin 63b, s.v. Asur; Rabbenu Yeruham ben Meshullam, Toledot Adam ve-Havvah 17,5; R. Moses Isserles to Shulhan Arukh, Orah Hayyim 156,2; R. Moses Rivkis, Be’er ha-Golah to Shulhan Arukh Hoshen Mishpat 226,1 & 425,5; R. Samson Raphael Hirsch, Principles of Education, “Talmudic Judaism and Society,” p. 225-227.

[17] Si veda particolarmente nel suo “Confrontation”, Tradition: A Journal of Orthodox Thought. 6.2 (1964).

[18] Cfr. per esempio “The Timely and the Timeless”, London 1977, pp. 119-121.

[19] Il Comunicato stampa emesso in occasione della quarta riunione bilaterale tra il Gran Rabbinato di Israele e la Santa Sede, Grottaferrata (Roma, ottobre 17-19, 2004) è particolarmente notevole a questo riguardo. Ha affermato al riguardo: “Consapevoli del fatto che nelle nostre rispettive comunità non c’è abbastanza ampia consapevolezza del cambiamento epocale che ha avuto luogo nel rapporto tra cattolici ed ebrei, e alla luce dei lavori condivisi del nostro comitato e delle nostre discussioni in corso su una visione condivisa di una società giusta ed etica, dichiariamo ancora: non siamo nemici, ma inequivocabilmente dei partner nell’articolare gli essenziali valori morali necessari per la sopravvivenza e il benessere della società umana”.

[20] Come formulato in Jacobovitz, ibid.