Vacanze, tempo propizio, di Giovanni M. Capetta
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Riprendiamo sul nostro sito un articolo, inviato agli amici, di Giovanni M. Capetta. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. la sezione Tempo libero.
Il Centro culturale Gli scritti (6/8/2017)
“Quando andate in vacanza?” Siamo nell’era della globalizzazione selvaggia, in cui le logiche di un mercato disumanizzante hanno il sopravvento su tutto; in Italia e in Europa viviamo gli effetti nefasti e pervasivi di una crisi economica ancora lontana dall’essere superata; se non ci riguarda direttamente, di certo conosciamo qualcuno che cerca lavoro, che lo ha perso, o non lo ha mai trovato… In questo contesto sembra quasi fuori luogo parlare di riposo settimanale ed ormai è un tabù rivendicare il diritto alla domenica o al giorno sabbatico in cui potersi fermare tutti, senza essere fagocitati dalla logica del turn over ad oltranza e dell’apertura 24 ore su 24 sette giorni su sette.
Nella stessa logica le cosiddette vacanze o ferie sono diventate un’entità appartenente più al mondo dei privilegi che dei diritti… Non sono sempre dovute, spesso sono negate, ancor più frequentemente sia dipendenti sia liberi professionisti devono rinunciarci o ridurle al minimo. Di fronte a chi muore in mare o a chi, sopravvissuto, è destinato ad un centro di accoglienza; a chi, senza essere profugo o immigrato, non sa come arrivare alla fine del mese; a chi, semplicemente, anche nei mesi estivi, bussa alle porte di aziende ed uffici con il suo spesso inutile curriculum.
Di fronte a questa moltitudine di uomini e donne in balia di una precarietà più o meno devastante, è una mosca bianca chi può permettersi di sbuffare di stanchezza e agognare due settimane di riposo. Eppure molti di noi staranno facendo il conto alla rovescia; tanti avranno prenotato la vacanza da mesi sognata o la villeggiatura, balsamo abituale alle grigie fatiche di un lungo anno.
Anche se è lontana l’epoca in cui al chiudere delle fabbriche le città si svuotavano nello stesso giorno con le inevitabili code ai caselli autostradali, agosto resta il mese dell’evasione per eccellenza, della discontinuità, della cosiddetta (sacrosanta) “pausa estiva”.
Ebbene se tutto ciò è fisiologico, in famiglia le logiche cambiano e non si tratta tanto di smettere di fare qualcosa, quanto di essere più pienamente se stessi. Possono un padre e una madre andare in vacanza dal loro essere genitori o i figli dall’essere tali?
Questa enclave di tempo che si può trascorrere davvero tutti insieme è un sorta di polla d’acqua pura a cui si potrà attingere con la mente e il cuore per tutto l’anno a venire. Un tempo propizio, un kairos dello Spirito, quello delle vacanze, che in famiglia trova il suo alveo naturale. Tutt’altro quindi che uno periodo vuoto, come l’etimologia della parola “vacanza” potrebbe far credere, ma piuttosto un tempo “svuotato” dai doveri ordinari, per essere riempito di senso, in un rinnovato impegno a rendere autentiche e vere - reciprocamente nutrienti - le relazioni, in primo luogo proprio quelle famigliari.
Ciascuno allora è invitato ad essere più se stesso e più per gli altri, ad amarsi per amare, a riscoprire le proprie passioni e a condividerle. In automobile una canzone che andava quando i figli non erano ancora nati, sulla spiaggia il passo di un libro che non puoi tenere solo per te; in montagna una salita in cui è bello spezzare insieme la fatica come si fa con un pezzo di pane; il calore profumato di una visita ad una persona cara che non si incontra da tempo; le lacrime dolci e amare per la nostalgia di un ricordo che di notte si specchiano sulle guance di chi si ha di fronte attorno ad un falò.
Ognuno può scrivere il suo diario, ogni famiglia che, per grazia, può concedersi il balsamo di questo tempo speciale porta a casa uno zaino di doni da centellinare nelle stagioni più faticose. Ancora una volta chi si vuol bene deve farsi custode altrui, in una reciprocità esigente che può spingere i coniugi a vigilare sul riposo l’uno dell’altro e a spronare i figli a non sprecare il tempo. Un riposo fatto non tanto di ore e giorni, quanto di momenti e dimensioni.
La vera vacanza non si misura con l’orologio, ma attraverso l’intensità di gesti e pensieri donati, di gratuità autentica, di condivisione, come quella della mano di un bambino nella mano di un adulto che cammina al suo fianco. Quando il proprio riposo poggia sul riposo dell’altro, quando in cima ad un passo di montagna la testa di una moglie sfiora la spalla di un marito il loro sguardo nella stessa direzione ha davvero il colore dell’infinito.