1/ La Storia dell’Orto Botanico di Roma, appartenente all’Università di Roma – La Sapienza fin dal 1660, per volere di papa Alessandro VII, requisito alla Chiesa alla nascita dell’Unità d’Italia, ma conservatosi come in origine in qualità di istituzione universitaria 2/ L’Orto Botanico di Roma, più di un giardino, più di un’istituzione scientifica, vero museo di piante vive. Un’intervista di Gabriella Belisario e Maurizio Calò al prof. Giancarlo Avena
1/ La Storia dell’Orto Botanico di Roma, appartenente all’Università di Roma – La Sapienza fin dal 1660, per volere di papa Alessandro VII, requisito dopo l’Unità d’Italia, ma preservatosi come istituzione universitaria, come era nella Roma papale
Riprendiamo dal sito dell’Orto botanico di Roma un breve scritto sulla sua storia. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.
Il Centro culturale Gli scritti (25/6/2017)
Nota di Andrea Lonardo Per un’analisi critica delle notizie relative agli antecendeti dell’Orto Botanico voluto da Alessandro VII, cfr. lo studio Andrea Ubrizsy Savoia, 500 anni fa iniziava l’insegnamento della Botanica s.l. all’Università ‘La Sapienza’ di Roma
Nella Serra Corsini
Le origini dell´Orto Botanico di Roma si possono far risalire al papato di Nicolò III (1277-1280) con l´istituzione di un pomerium o verziere, capostipite della lunga serie dei giardini vaticani all´interno dei quali si sviluppò l'Orto Botanico.
Nel 1660 papa Alessandro VII si prodigò affinchè l´Università avesse il suo Orto Botanico, svincolato da quello del Vaticano e la sede fu stabilita in un´area alle spalle della Fontana Paolina al Gianicolo.
Successivamente, nel 1820, la sede dell´Orto Botanico fu spostata nel giardino di Palazzo Salviati alla Lungara, perchè aveva strutture idonee per la coltivazione delle piante e, nel 1873, dopo l´Unità d´Italia, nel giardino dell´ex convento di San Lorenzo in via Panisperna, al fine di riunire tutti gli Istituti scientifici nella zona del Viminale.
La sua sistemazione definitiva nell´attuale sede del giardino di Palazzo Corsini risale al 1883, quando la proprietà passò allo Stato, con l´impegno di realizzare la sede dell´Accademia dei Lincei nel palazzo e quella dell´Orto Botanico nel giardino.
L´Orto Botanico, che si sviluppa nell´area archeologica delle Terme di Settimio Severo e di suo figlio Geta, ospita collezioni di specie vegetali, coltivate in serra e all´aperto, di elevata valenza (specie rare o a rischio di estinzione) e alberi monumentali.
2/ L’Orto Botanico di Roma, più di un giardino, più di un’istituzione scientifica, vero museo di piante vive. Un’intervista di Gabriella Belisario e Maurizio Calò al prof. Giancarlo Avena
Riprendiamo da "La rivista dei Curatori Fallimentari" (gennaio/dicembre 1998) alcuni brani di un’intervista di Gabriella Belisario e Maurizio Calò al prof. Giancarlo Avena. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.
Il Centro culturale Gli scritti (25/6/2017)
Prima di tutto, professor Avena [all’epoca direttore dell’Orto Botanico], ci spieghi che cosa è un Orto Botanico moderno. Quali sono le sue funzioni e che tipo di rapporto ha la città di Roma con questo riservato angolo verde che si nasconde dietro il poetico Largo Cristina di Svezia?
“È difficile spiegare ai visitatori, più di centomila ogni anno, che, varcati questi cancelli, l’aspetto esteriore del giardino contiene, in realtà, una istituzione universitaria, un luogo di ricerca e di studio. Questo perché nella nostra epoca il giardino ha perso le sue connotazioni filosofiche e teoriche, sulle quali sarebbe lungo dissertare in questa sede, per acquisire quelle più popolari di parco pubblico dove passeggiare e sostare al fresco. Nel tipico parco le piante e gli alberi sono quinte più o meno evocative di luoghi ameni e fanno parte del paesaggio. Invece, in un orto botanico, sono loro le protagoniste e noi gli intrusi.
La concezione del giardino quale riflesso ordinato del caos naturale, quale intervento qualificato dell’uomo faber, ha una storia che, in Italia, parte dai romani che lo consideravano contemporaneamente fattore estetico e di raccordo tra la villa, la campagna, gli orti e il paesaggio, per arrivare all’estremo opposto durante il medioevo, con l’hortus conclusus e cioè uno spazio chiuso realizzato presso conventi in cui venivano coltivate piante medicinali utili, orticole e alberi da frutto. A questo si contrapponeva l’hortus deliciarum, il vero giardino immaginario invitante ai piaceri della poesia e dell’amore, paradiso di frutta e fiori in una eterna primavera.
È il rinascimento che riesce a concepire una programmazione vasta e articolata degli spazi verdi. La natura si deve piegare al disegno dell’uomo, ampie geometrie di bossi disegnano i paesaggi lineari così come le potature innaturali degli alberi sono progettate in singolari misure e volumi.
A questo punto della sua evoluzione la botanica si scinde dalla medicina assurgendo al rango di disciplina autonoma. Si cominciano così a concepire i primi orti botanici là dove le aiuole, dopo aver perduto il loro senso estetico, ne acquisiscono uno più profondo di studio. Gli orti botanici insomma, nascono all’ombra dei giardini all’Italiana, anche se, in un certo senso, poi ne prescindono.
Ma per capire fino in fondo certi bizzarri andamenti (anche per le piante esistono le mode) bisogna considerare l’impulso che conferì all’arte del giardino la conoscenza dei nuovi territori, dal Nuovo Mondo all’Asia. Alla fine del 1600 molte varietà di piante furono portate in Europa da una serie di avventurosi scienziati-esploratori, cacciatori-dilettanti, che durante i loro viaggi, si misero a raccogliere fiori, piante ed alberi diversi e sconosciuti.
A volte queste nuove piante potevano avere un reale valore economico e interessare addirittura i governi, come accadde per il tè, altre volte erano specie rare e introvabili ad esercitare un fascino irresistibile sui loro possessori, come avvenne per il tulipano.
Era il momento del meraviglioso, dello strano, dell’esotico. La terra fu battuta palmo a palmo e, attualmente, tutti i nostri giardini, dal più piccolo balcone al più grande parco, sono figli di quelle spedizioni ardite”.
Dunque gli orti botanici nascono dai giardini, ma se ne separano quando vengono associati alle strutture universitarie. È successo così anche a Roma?
“L’Orto Botanico di Roma sia per la sua storia complessa, sia per la sua ubicazione nel cuore del tessuto urbano della città, sia per le croniche difficoltà dell’amministrazione statale e universitaria, si pone in una posizione del tutto eccentrica rispetto alle analoghe istituzioni europee ed agli orti botanici delle grandi capitali del mondo.
Per definire i contorni di questa problematica cominciamo a vederlo da vicino. L’Orto Botanico di Roma si estende per circa 12 ettari tra il lungotevere della Lungara e il Colle Gianicolense (quello che gli antichi romani chiamavano Monte d’Oro, famoso per i giardini di Geta); ospita attualmente una popolazione che oscilla tra le 3000 e le 3500 specie di piante, a volte assemblate in aiuole, a volte ricoverate in serre.
Ma oltre ad un patrimonio vivo di piante, l’Orto Botanico possiede anche un suo notevole patrimonio artistico. Vi è la Fontana dei Tritoni del Padda, recentemente restaurata suscitando grande interesse anche perché è contemporanea di quelle del Bernini a P.zza Navona e del Tritone, nonché del Maini a P.zza di Trevi. Vi è lo scalone monumentale con la fontana degli 11 zampilli, residuo dell’abitazione della Regina Cristina di Svezia che si trovava in alto, in una casa oggi demolita per far posto alla statua di Garibaldi. Vi è la serra dei Corsini, poi le serre storiche, busti e statue di epoca romana. Infine vi è la famosa “prospettiva”, una balconata ad emiciclo in pietra con funzione di belvedere.
Ecco quindi che l’istituzione dell’Orto Botanico va ad operare all’interno di una complessità e varietà di problematiche (artistiche - urbanistiche - storiche) che esulano dalle competenze meramente scientifiche e didattiche che competono oggi agli orti botanici. D’altra parte Roma, se da una parte rende più complicato l’esplicarsi delle attività specialistiche, dall’altra, proprio le sue peculiarità, le valorizzano”.
I visitatori stranieri percepiscono questa diversità ambientale, questa aura che distingue il nostro dagli altri orti botanici?
"A Roma vengono da tutto il mondo, ma all’Orto Botanico arrivano soprattutto tedeschi, inglesi e americani silenziosi, educati e con le loro guide sotto il braccio. La diversità tra la nostra “cultura delle piante” e la loro è enorme, come enorme è la differenza di mezzi e personale che altrove vengono dispiegati in questo settore.
A Londra e New York gli orti botanici hanno circa 100/120 ettari di estensione, con circa 400 addetti tra laureati e non. Bruxelles si estende in 93 ettari; Vienna in 80 ettari; Berlino in 42 ettari; Parigi in 20 ettari e, per ultima, viene Roma con i suoi 12 ettari e circa 20 addetti.
Dunque una grande variabilità per grandezza ed organizzazione. C’è da dire che, però, dal punto di vista giuridico e amministrativo, quasi tutte queste istituzioni dipendono dallo Stato, due, Berlino e New York, sono municipali e quello di Filadelfia, il più grande, è privato e sembra sia in attivo.
Certo c’è il peso della storia: l’orto Botanico di Roma è uno dei più antichi mentre tutti gli orti europei, ad eccezione di Parigi, non hanno più di 100 anni”.
Quali sono le funzioni di un orto botanico moderno?
“La prima è quella di essere un museo vivo, museo scientifico di piante vive. Ma questa funzione è in continuo divenire.
Gli orti botanici, fin dal loro primo apparire, hanno sempre aggiunto nuove finalità e si sono evoluti: dalla primitiva raccolta delle “semplici” piante officinali ad uso dei medici e dei cerusici, alla collezione di piante rare e preziose che hanno arricchito la nostra flora. Le nuove piante introdotte a seguito delle grandi esplorazioni, avevano bisogno di essere acclimatate per potersi riprodurre ed essere classificate; sono state così riscoperte (perché già usate dagli antichi romani) le serre riscaldate e umidificate, e gli esperimenti per selezionare le varietà più resistenti e più belle.
Infine, per molto tempo, negli orti si sono studiati gli aspetti sistematici evolutivi e gli studenti hanno potuto agevolmente esercitarsi tra le aiuole. Non bisogna poi dimenticare, oltre all’aspetto didattico, quello della ricerca.
Ultimamente negli orti botanici sta avvenendo quello che avviene negli zoo. Diventano zone selettive di ripopolamento. Si è scoperto infatti che l’azione dell’uomo tende a massificare, ad uniformare tutto, a far sparire razze più difficili da coltivare. La monocoltura fa il resto: si scelgono poche cose e sempre quelle. Ne deriva che gli orti botanici diventano una sorta di sacrario, un campo di ricerca per la conservazione della specie e della biodiversità.
Così quando, dopo attenti studi, si sceglie di ripopolare delle aeree con le specie che erano endemiche e ora sono localmente estinte, si ricorre al serbatoio degli orti botanici, alle loro banche di semi, per recuperare e mantenere la diversità originaria. Ormai la ricerca sugli ecosistemi, le simulazioni per individuare quelli fragili o instabili, l’ampliamento della scelta delle specie tra di loro biocompatibili, ci porta ad affermare che l’orto botanico è un luogo insostituibile di ricerca e un vasto ed enorme laboratorio all’aperto, offerto alla sperimentazione del nuovo ed alla conservazione dell’antico. A questo va aggiunto il senso più ampliato della didattica che è quello dello scambio con i cittadini attraverso la promozione della cultura del verde, anche a tutti i livelli scolastici.
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Qual è la stagione migliore per visitare l’orto botanico?
“Sempre quando esplodono i colori. Quelli dell’autunno, quando gli aceri assumono le loro variegate sfumature dal giallo all’arancio al rosso; oppure in occasione delle fioriture tardive di fine estate, con lo scintillio intenso del giardino dei rododendri. A maggio si può ammirare il roseto, una collezione con circa 60 specie di rose, dalle tradizionali alle ultime creazioni, che dimostrano l’evoluzione del genere Rosa negli ultimi 2000 anni. E poi la serra delle orchidee con circa 400 specie, dalla comune Cattleya fino alle orchidee “falena” o alla stranissima “vanda”, orchidea del sud-est asiatico, dal fusto lunghissimo.
Comunque passeggiate naturali, piene di spunti e di suggestioni si possono compiere in ogni epoca dell’anno.
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