Chi uccide crede in una precisa dottrina, di Wael Farouq
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Riprendiamo da Avvenire del 4/6/2017 un articolo di Wael Farouq. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. la sezione Islam.
Il Centro culturale Gli scritti (18/6/2017)
Chi uccide se stesso e gli altri crede in una precisa dottrina. E le stragi continuano a sommarsi alle stragi, dal cuore d’Europa ai tanti cuori feriti d’Asia e d’Africa. Perciò, se si vuole arrestare il fiume di sangue, questa dottrina deve purificarsi dalle interpretazioni che conducono persone di fede musulmana ad abbracciare il terrorismo.
Qualcuno potrebbe obiettare dicendo che persino il mufti saudita wahhabita condanna il terrorismo. Vero, ma quel mufti rifiuta il pluralismo e i diritti umani, e questa è una contraddizione insanabile.
Qualcuno potrebbe replicare che al-Azhar, però, difende il pluralismo, offrendo un fondamento islamico ai diritti umani. Vero anche questo, ma al-Azhar patisce la strumentalizzazione della politica.
Qualcun altro potrebbe ribattere che il presidente egiziano, tuttavia, invoca una riforma rivoluzionaria del discorso religioso. Vero, ma quella che minaccia di realizzarsi è una riforma al servizio del potere, utile a cancellare la democrazia. Altrimenti perché lo Stato egiziano consentirebbe – in aperta violazione della costituzione – l’esistenza del partito religioso salafita al-Nour che invita a non fare gli auguri ai cristiani e a non rivolgere loro neanche il saluto?
Ci potrebbe poi essere chi dice che i governi occidentali fanno di tutto per impedire la violenza, senza violare i diritti dei cittadini musulmani. Dopotutto, ciò che li distingue dai barbari terroristi è la loro fede nei diritti umani.
Vero, però questi governi combattono solo i sintomi della malattia, lasciando che la malattia stessa si aggravi. Quanti di questi governi hanno accolto terroristi in fuga dai Paesi a maggioranza islamica? Quanti ospitano organizzazioni dell’islam politico, prima fra tutte la Fratellanza Musulmana, che sono la fonte di questa ideologia violenta? Quanti si astengono dal condannare i regimi wahhabiti, anzi stringono con loro rapporti d’amicizia e vendono loro armi che poi – come hanno riconosciuto gli stessi governi – finiscono nelle mani dei terroristi? Davvero non sarebbe possibile isolare i regimi che adottano questa interpretazione malata dell’islam, come si è fatto con il governo sudafricano dell’apartheid? C’è forse razzismo più grande del versare il sangue del "diverso" e non tenere in nessun conto la sua vita?
Il pluralismo delle società occidentali, oggi, è un pluralismo che esclude, lavorando contro il fine per il quale è stato concepito. Non favorisce la persona, bensì gli stereotipi e le ideologie. In Gran Bretagna, per esempio, "integrazione" significa il riconoscimento dei tribunali sharaitici che violano i diritti della donna, significa l’affluire di milioni di sterline e di euro dagli estremisti del Golfo nelle casse delle organizzazioni islamiche d’impronta ideologica, senza controlli né restrizioni.
L’Occidente si è consacrato al pluralismo e ai diritti umani, perché non si ripetessero le dolorose esperienze di nazismo e fascismo, ma c’è da chiedersi: nazismo e fascismo non rappresentavano forse la supremazia dello stereotipo sulla persona? Non credevano forse in qualcosa di superiore alla persona umana, per il quale era giustificato morire e uccidere? E oggi, non c’è forse il rischio che anche il "multiculturalismo" si trasformi in uno stereotipo più importante della persona e dei suoi autentici diritti fondamentali?