Pastorale battesimale in Italia: situazione, prospettive, opportunità, di Fabio Narcisi

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 05 /04 /2010 - 09:29 am | Permalink | Homepage
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In questo articolo Fabio Narcisi, catechista della parrocchia della Trasfigurazione in Roma, giornalista ed autore del volume “Comunicare la fede ai bambini. Pastorale battesimale ed educazione religiosa in famiglia”, Edizioni Paoline, Milano, 2009, presenta una riflessione sull’importanza della pastorale battesimale. Sulla pastorale battesimale, vedi su questo stesso sito la Presentazione al libro di Fabio Narcisi, Comunicare la fede ai bambini. Pastorale battesimale ed educazione religiosa in famiglia, di d. Andrea Lonardo
e L'educazione alla fede dei bambini dai 0 ai 3 anni: schede per i genitori. La proposta della parrocchia della Trasfigurazione in Roma.
Il Centro culturale Gli scritti (5/4/2010)



Pastorale battesimale in Italia: situazione, prospettive, opportunità
di Fabio Narcisi


1. Nel nostro paese per un tempo molto lungo il cammino dell’iniziazione cristiana dei bambini, avviato con il battesimo, proseguiva verso gli altri due sacramenti (cresima ed eucaristia), senza soluzione di continuità. Era infatti l’ambiente esterno, familiare e sociale, a trasmettere la visione cristiana della vita e la grammatica fondamentale del vivere cristiano (pregare, celebrare…). Il cristianesimo prima veniva vissuto e celebrato, poi lo si “imparava” al catechismo. La parrocchia non aveva il compito di iniziare all’esperienza cristiana, ma quello di sviluppare in maniera organica e di coltivare un’iniziazione già avvenuta, almeno per quanto riguarda la sostanza del vivere cristiano.

Negli ultimi decenni questa situazione si è venuta progressivamente modificando sotto la spinta della secolarizzazione. L’educazione religiosa nella fascia pre-scolare (0-6 anni) ha perso consistenza fino a subire, in molti casi, una vera e propria eclisse. Lo si vede in maniera chiara nelle parrocchie quando i bambini, di solito in terza elementare, iniziano la catechesi per la prima comunione. Ebbene, ogni anno tra loro cresce il numero di quelli che non sanno fare il segno della croce, non conoscono preghiere fondamentali come il Padre Nostro e l’Ave Maria, non hanno mai sentito parlare di personaggi ed episodi fondamentali del Vangelo, in chiesa provano un senso di estraneità… Si tratta di segni piuttosto chiari di una tendenza alla scristianizzazione, e al tempo stesso di come si vada interrompendo, o fortemente attenuando, la comunicazione della fede in famiglia da una generazione all’altra; una comunicazione che proprio nella vita domestica ha sempre avuto il suo centro motore.

2. Da tempo i vescovi italiani hanno avvertito la preoccupante situazione che si andava determinando. Almeno dal 2001, quando con il documento “Comunicare la fede in un mondo che cambia”, sottolinearono la necessità di una “conversione pastorale”. Qualcosa da allora si è messo in moto: sono sorte alcune esperienze interessanti, hanno preso il via sperimentazioni significative. Il tutto però ancora confinato in aree ristrette del paese, senza produrre un cambiamento reale e diffuso a livello di diocesi e di parrocchie. Nella grande maggioranza dei casi la pastorale battesimale si conclude con la celebrazione del sacramento, lasciando un vuoto nei lunghi anni che seguono; anni importanti per le giovani famiglie e soprattutto per i bambini nell’età in cui il “potenziale religioso” è particolarmente vivo. Nei loro confronti quasi mai vengono messi in atto degli interventi pastorali ad hoc.

3. Le carenze esistenti sono evidenti anche attraverso una rapida ricognizione su alcuni punti essenziali della pastorale in questo campo.

* La catechesi battesimale e la preparazione al battesimo dei genitori continuano in larga misura ad essere svolte dai parroci (una valutazione assai vicina alla realtà parla di un 70% dei casi), senza valorizzare le esperienze e il particolare il carisma in proposito dei laici i cui vissuti, come padri e come madri, creano i migliori presupposti per l’accoglienza delle famiglie e per porre le basi di un rapporto che prosegua nel tempo.

* Ancora pochissime diocesi offrono alle parrocchie indirizzi e sostegni per una pastorale che, partendo dal battesimo, crei un ponte verso gli altri sacramenti dell’iniziazione cristiana. Molto rari sono, solo per fare un esempio, i corsi per i catechisti impegnati in tale ambito, sebbene il loro compito richiederebbe conoscenze significative in campo biblico, teologico e liturgico, come pure a livello antropologico e della comunicazione. Alcuni operatori pastorali, presenti nel settore da tempo e con competenza, sottolineano infine l’importanza di un pieno coinvolgimento del vescovo locale nei progetti portati avanti: quando esso manca le iniziative incontrano difficoltà a decollare e a produrre frutti importanti.

* Un altro elemento di debolezza si riscontra nella celebrazione del sacramento. Al di là della cura con cui viene preparata e della solennità con cui viene vissuta (fattori della massima importanza), essa spesso finisce con l’assumere il carattere di un rito “privato”, mancando la presenza e l’accoglienza della comunità in un momento della vita del bambino che lo apre alla grazia e alla vita di fede, e che ha sempre una dimensione ecclesiale. Quest’assenza rischia di ripercuotersi nel successivo cammino post-battesimale: una comunità che in tale evento non si fa visibile, con cordialità e simpatia, mostra poi difficoltà a trasmettere il senso di un percorso da fare insieme alle famiglie; può anzi dare l’impressione che tutto per ora si fermi lì, alla celebrazione del sacramento, senza un seguito reale.

4. Nel frattempo l’avanzare della secolarizzazione comincia a riguardare anche la tradizionale propensione delle famiglie italiane a battezzare i figli. È in atto una lenta ma progressiva erosione nel numero dei battesimi celebrati ed è da considerarsi anche il notevole numero di bambini nati in Italia da genitori stranieri (in crescita: oggi rappresentano oltre il 10% del totale).
Resta comunque il fatto che una parte rilevante delle famiglie italiane continua a bussare alla porta delle parrocchie per chiedere il battesimo dei figli. Famiglie che si avvicinano alla Chiesa in un momento della vita in qualche modo straordinario: la nascita di un figlio (spesso il primo e unico), evento oggi raro che cambia nel profondo la vita della coppia e pone madri e padri di fronte al mistero della vita. Ciò può tradursi in una importante opportunità di evangelizzazione.

Ma perché l’occasione possa essere colta, occorre un investimento pastorale ben maggiore di quello messo in atto fino ad oggi, quando assai raramente si va al di là della celebrazione del battesimo. Subito dopo il battesimo, la parrocchia scompare dall’orizzonte delle famiglie, e ciò proprio quando esse ne avrebbero maggiormente bisogno: per trovare un punto di riferimento nel cammino personale dei genitori (problematico per diversi aspetti), una comunità cui rapportarsi e un sostegno all’educazione religiosa dei figli negli anni che seguono, così importanti perché la fede metta radici.

5. Se rispetto a tale opportunità il quadro complessivo delineato non appare certo incoraggiante, va però rilevato un aspetto positivo cui guardare con attenzione: le sperimentazioni condotte negli ultimi dieci anni in alcune diocesi e parrocchie. Non sono molte, ma hanno acquistando spessore e fanno emergere percorsi pastorali cui è possibile far riferimento con profitto. Osservando da vicino queste esperienze, si possono cogliere alcune interessanti linee di fondo.

* La catechesi battesimale è solo il momento iniziale di un percorso pastorale molto più ampio, proiettato a completare l’iniziazione cristiana del bambino;

* Alla base c’è la creazione di un gruppo di catechisti del battesimo che accolgono con simpatia e poi seguono le famiglie nel successivo accompagnamento. Per questi catechisti è importante una proposta formativa iniziale;

* La celebrazione del battesimo è un momento solenne e pieno di gioia, vissuto con la partecipazione della comunità;

* La parte più importante (e impegnativa) è l’accompagnamento delle famiglie dopo il battesimo. I risultati di maggiore interesse vengono da proposte capaci di coinvolgere le stesse famiglie in maniera “leggera” (senza cioè richiedere troppi impegni), ma che al tempo stesso puntano a costruire nel tempo legami solidi. In questa prospettiva una buona soluzione si dimostra quella di incontri con bambini e genitori ritmati dai tempi forti dell’anno liturgico e dalle grandi feste cristiane (specie Natale e Pasqua, ma anche Pentecoste). Feste ancora sentite che le famiglie hanno piacere di preparare insieme, incontrandosi in parrocchia e coinvolgendo i bambini. Tali incontri favoriscono la nascita di una prima rete di relazioni su cui poi è possibile innestare successive iniziative per favorire l’integrazione nella comunità.

* Questi percorsi, man mano che procedono, tendono a differenziare gli interventi per le famiglie con bambini nella fascia 0-3 anni e in quella successiva 3-6. La cosa riguarda in particolare l’educazione religiosa in famiglia, che inizia subito, con la nascita stessa del piccolo. Circa gli strumenti utilizzati in questo campo, il catechismo della Cei per l’età prescolare (“Lasciate che i bambini vengano a me”), malgrado sia stato realizzato quasi venti anni fa, sembra mantenere una sua validità di fondo. In molti casi si avverte però l’esigenza di renderlo più attivo e di integrarlo attraverso incontri con i genitori e schede che forniscano specifici riferimenti alle fasi di sviluppo del bambino.

* Un’indicazione comune a tali esperienze riguarda la prospettiva temporale che è di medio-lungo termine. In questo campo non esistono infatti precedenti, abitudini, tradizioni cui far riferimento. Diocesi, parrocchie e famiglie si muovono in un terreno nuovo e di ciò va tenuto conto. Le diocesi debbono proporre indirizzi, suggerire programmi e creare strumenti per realizzarli (specie a livello formativo), e nel contempo avviare sperimentazioni dirette su cui poi realizzare opportune messe a punto. A loro volta le parrocchie sono chiamate a mettere in atto iniziative pastorali nuove verso le famiglie giovani e i bambini in età prescolare; altro loro compito è quello di dar vita a équipe di catechisti capaci di accogliere e preparare i genitori al battesimo dei figli, e poi di guidare il successivo accompagnamento. Infine le famiglie dovranno progressivamente scoprire un cammino che può accompagnarli in anni importanti della loro vita; un cammino che può ridare smalto alla fede dei genitori e sostenerli in un compito fondamentale come l’educazione religiosa dei figli. Da tutto ciò emerge che i risultati di un progetto di pastorale battesimale possono non essere immediati. Servono tempo, pazienza, perseveranza, e anche una buona dose di tenacia.

6. Un’ultima considerazione ci riporta al discorso del calo dei battesimi. In precedenza abbiamo visto come oggi in Italia, sebbene la grande maggioranza delle famiglie continui a battezzare i figli, vadano emergendo i segni di una lenta ma costante erosione; tendenza che in un prossimo futuro potrebbe subire una notevole accelerazione (come accaduto in altri paesi di tradizione cattolica)

È anche in tale prospettiva che il rinnovamento della pastorale battesimale assume un particolare rilievo. A ben vedere fenomeni di questo tipo quasi sempre sono anticipati da una perdita di interesse e di considerazione verso realtà in precedenza viste come significative, se non fondanti. Ciò accade soprattutto quando un numero crescente di persone non riesce più a cogliere i valori e i vissuti di cui tali realtà sono portatrici. Dobbiamo chiederci se da qualche tempo ciò non riguardi anche il battesimo dei bambini; se cioè oggi per molti genitori questo sacramento non rappresenti che un rito come tanti altri, una tradizione di cui hanno perso le impronte originarie e i veri significati. E la prassi attuale - in cui l’evento-battesimo si esaurisce in una breve catechesi, una celebrazione più o meno solenne e la festa che segue - finisce con il confermare questa visione.

Siamo però certi che padri e madri, forse inconsapevolmente, non si aspettino di più? Per essi la nascita di un figlio costituisce un evento straordinario che li pone di fronte al Mistero e cambia nel profondo la loro vita. Ciò, più spesso di quanto si creda, si traduce in una disponibilità (forse labile, eppure reale) a ritrovare il filo di un discorso religioso, una visione della vita più vicina al Vangelo. Ma perché ciò accada e prenda forma occorrono una proposta e insieme una comunità che indichi un cammino possibile, a misura delle famiglie di oggi, capace di coinvolgere genitori e bambini, di favorire occasioni di incontro e di scambio, di far sentire vicino e amico il Signore.

Oggi del battesimo gran parte di tali famiglie hanno un’immagine che viene loro dalla tradizione personale, da ciò che vedono o sentono attraverso parenti e amici, e più in generale dall’ambiente in cui vivono: racconti di celebrazioni e di feste che non vanno al di là di consolidati rituali sociali. Questa rappresentazione per tanti genitori (che forse conservano la fede ma non la praticano più da tempo), sarà sempre meno sufficiente per orientarli - quando viene il momento - a chiedere il battesimo per i figli. La tendenza al soggettivismo e a rendere marginali i vissuti religiosi faranno il resto, spingendo ancor più in questa direzione.

In tale contesto le cose possono cambiare solo quando dalle famiglie e dall’ambiente esterno proverranno racconti che finalmente parlano di catechesi battesimali svolte nelle case, di celebrazioni in cui si avverte il calore e l’accoglienza della comunità; e poi, a seguire, di incontri in parrocchia per preparare insieme Natale e Pasqua (anche con i bambini piccolissimi), di segni ricevuti in parrocchia da vivere quindi in casa, di consigli per l’educazione religiosa, di appuntamenti per ritrovarsi piacevolmente con altre famiglie e in cui riscoprire in maniera semplice la dimensione religiosa della vita…

Insomma, tra i frutti positivi che possono scaturire da una rinnovata pastorale battesimale c’è da mettere in evidenza anche questo: un ambiente capace di mantenere viva la tradizione del battesimo come evento che apre alla vita cristiana e alla sua dimensione comunitaria; che faccia scoprire la Chiesa e al tempo stesso la famiglia come piccola Chiesa domestica.

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