1/ File audio della presentazione della Madonna dei Pellegrini a cura di Andrea Lonardo 2/ La Madonna dei Pellegrini di Caravaggio. Cavalletti percorse a piedi l’ultimo tratto di strada nel pellegrinaggio a Loreto, come era usanza all’epoca. È chiara la volontà del pittore di impostare su differenti registri la presenza divina e quella umana, i due pellegrini sporchi e la purissima Madonna che scende dal cielo con i suoi piedi nudi bianchissimi (da Alessandro Zuccari)
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Riprendiamo alcuni passaggi da A. Zuccari, Caravaggio controluce. Ideali e capolavori, Milano, Skira editore, 2011. Li pubblichiamo unitamente al file audio della presentazione della Madonna dei Pellegrini a cura di Andrea Lonardo tenutasi nel corso delle tre serate Roma by night, il 12/5/2017. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. la sezione Caravaggio.
Il Centro culturale Gli scritti (14/5/2017)
1/ File audio della presentazione della Madonna dei Pellegrini a cura di Andrea Lonardo:
- Caravaggio: la Madonna dei Pellegrini spiegata da Andrea Lonardo durante le tre sere Roma by night
2/ Da A. Zuccari, Caravaggio controluce. Ideali e capolavori, Milano, Skira editore, 2011
pp. 187-190
La cosiddetta Madonna dei Pellegrini, secondo i primi documenti rintracciati, fu commissionata al Caravaggio dagli eredi del bolognese Ermes Cavalletti, "ratiocinator" della Camera apostolica, morto il 21 luglio 1602. Nel testamento stilato il 19 luglio, cioè due giorni prima del decesso, Cavalletti aveva espresso la volontà di essere sepolto nella prima cappella di sinistra in Sant'Agostino, che si sarebbe dovuta acquistare e ornare per una somma di cinquecento scudi. Dall'atto di acquisto del sacello, stipulato con i padri agostiniani il 4 settembre 1603, risulta che i figli del defunto, Pietro Paolo e Agostino Cavalletti, dettero seguito alle volontà testamentarie del padre. Queste prevedevano l'erezione di un altare "cum pictura", intitolato alla beatissima Vergine di Loreto "sub cuius invocatione nuncupari voluit".
Tuttavia, nuovi dati documentari chiariscono che la commissione del dipinto al Caravaggio non si deve ai figli di Ermes, che a quel tempo erano ancora minorenni, ma a sua moglie Orinzia de Rubeis (de Rossi o de Rossis) tutrice e amministratrice dei loro beni. Il primogenito Pietro Paolo Cavalletti, nato il 5 luglio 1591, era appena dodicenne al momento dell'acquisto della cappella. Suo fratello Agostino era più giovane di lui di almeno due anni: infatti, nel 1592 era nato il secondogenito, di nome Antonio, che quasi certamente morì in tenera età dato che non compare nel testamento del padre. Ermes Cavalletti fu provvisoriamente sepolto nella chiesa di San Pantaleo (risiedeva nell'area di quella parrocchia) e la sua inumazione nella nuova cappella avvenne dopo la fine dei lavori. Queste notizie riconducono, dunque, a Orinzia de Rossi l'attuazione delle volontà testamentarie del marito e non è da escludere che lei stessa abbia avuto un qualche peso sulla loro formulazione.
Non è stato finora rintracciato il contratto di commissione della tela e il terminus ante quem del suo completamento è stabilito, com'è noto, dal fatto che i padri del capitolo di Sant'Agostino il 2 marzo 1606 decisero di donare al cardinal Scipione Borghese "L'immaggine antica della Pietà che già stava all'altare della Fiammetta hora delli Cavalletti". Si deduce, dunque, che a questa data il quadro del Caravaggio aveva già preso posto sul nuovo altare.
La scelta del soggetto della pala - come risulta dall'atto di acquisto della cappella - risale alla volontà di Ermes Cavalletti. Nel testamento non compare alcuna indicazione in proposito, ma è evidente che Orinzia de Rossi, al momento di stipulare l'accordo con gli agostiniani, abbia voluto dichiarare la nuova intitolazione del sacello facendosi interprete della volontà del marito. La devozione di Ermes per la Vergine lauretana viene ora confermata da alcuni documenti rintracciati da Marco Pupillo, che ne attestano la partecipazione a un pellegrinaggio a Loreto svoltosi nella primavera del 1602 e conclusosi il 3 maggio, cioè a meno di tre mesi dalla sua morte[1]. Il patrizio bolognese aveva forse fatto un voto alla Madonna lauretana e intendeva scioglierlo con la visita del santuario marchigiano e con la dedicazione della cappella di Sant'Agostino.
Di particolare interesse è il fatto che il Cavalletti, per recarsi a Loreto, si sia unito a un pellegrinaggio organizzato dalla nota arciconfraternita romana della Santissima Trinità dei Pellegrini: vi parteciparono trecento persone, in gran parte confratelli, accompagnati da alcuni servitori e da una banda di musici. Dai registri del sodalizio si evince che egli fu presente ad alcune riunioni, svoltesi tra il gennaio e l'aprile di quell'anno, nelle quali i confratelli affrontarono le questioni relative alla preparazione del pellegrinaggio.
Alla luce di queste notizie, l'appellativo di "Madonna dei Pellegrini" usato per la pala di Sant'Agostino - derivato dalla presenza dei due personaggi inginocchiati davanti alla Vergine - può essergli oggi applicato con maggiore pertinenza, in riferimento all'ambiente religioso frequentato da Cavalletti. Si tratta di un rapporto con l'arciconfraternita costante e prolungato nel tempo, che vide il nobile bolognese tra gli aderenti delle prime generazioni: infatti la sua iscrizione avvenne prima del 1579. Lo chiariscono i registri della Trinità dei Pellegrini che riportano il suo nome senza la data di ammissione, perché tale uso entrò in vigore per tutti i nuovi membri soltanto a partire da quell'anno. È interessante rilevare che anche i suoi figli, Pietro Paolo e Agostino, fecero il loro ingresso nel medesimo sodalizio nel gennaio del 1600, in occasione dell'anno giubilare, ed è possibile che ne facesse parte pure Orinzia de Rossi. Tali informazioni mostrano quanto la famiglia Cavalletti fosse coinvolta nel sodalizio fondato da san Filippo nel 1548, ed è molto probabile che Ermes abbia conosciuto e frequentato il Neri nel corso dei due decenni precedenti alla sua morte, avvenuta nel 1595.
Questi dati offrono un'ulteriore conferma di quanto è stato proposto da Calvesi, da chi scrive e da altri studiosi intorno allo stretto rapporto di numerosi committenti del Caravaggio con l'ambiente oratoriano e borromaico. Lo stesso Pupillo ha documentato l'attiva appartenenza alla Trinità dei Pellegrini di una serie di personaggi che coincide in modo impressionante con i collezionisti e committenti romani del pittore: Ciriaco e Girolamo Mattei, Vincenzo e Benedetto Giustiniani, Ottavio Costa, Giovan Battista Crescenzi, Tiberio Cerasi, Massimo Massimi, Francesco de' Rustici, e i Cavalletti. A essi va aggiunto Francesco Contarelli, che nominò la medesima associazione erede universale dei suoi beni. È inoltre noto che nel 1602 fu chiesto al Caravaggio di realizzare "Una S.ma Trinità con dei bei capricci" che l'arciconfraternita romana voleva donare a un sodalizio messicano a essa affiliato. Il dipinto che fu spedito in Messico era stato eseguito dal Cavalier d'Arpino e l'opera compiuta dal Merisi (come documentano successivamente gli inventari borghesiani) finì probabilmente nella collezione del cardinal Scipione Borghese.
Un altro elemento che aiuta a comprendere le vicende e l'iconografia della Madonna di Loreto riguarda le pratiche devozionali relative al pellegrinaggio a Loreto; pratiche che i membri della Trinità dei Pellegrini rispettarono puntualmente nel corso della loro visita al santuario del 1602. Una dettagliata relazione di quel pellegrinaggio riporta che i confratelli, accolti dal cardinale Antonio Maria Gallo, entrarono nella città di Loreto "scalzi" e "a capo scoperto", e precisa che, nel giungere davanti alla chiesa, "si basciava in terra su il scalino della porta, et il simile si fece nell'entrare nella cappella della Santa casa".
Tali indicazioni conducono a un immediato accostamento ai due pellegrini raffigurati dal Caravaggio: sono entrambi scalzi e l'uomo ha il capo scoperto; il fatto che la sua compagna indossi la cuffia deriva probabilmente dalla nota tradizione che richiedeva alle donne di "velarsi" all'interno di un luogo di culto. I due personaggi si trovano in ginocchio davanti al gradino della Santa Casa: nel sollevare lo sguardo, e forse anche il busto, vedono apparire come in una visione la Vergine in persona. Il movimento che il pellegrino compie puntando a terra le dita del piede sinistro indica lo sforzo di chi si è chinato a baciare il gradino dell'antico sacello e si sta risollevando, esattamente come aveva fatto Ermes Cavalletti insieme ai suoi confratelli.
La permanenza di queste pratiche è documentata sino a tempi recenti, attraverso alcune fotografie scattate attorno al 1960: vi appare l'uso di attraversare in ginocchio e a piedi nudi la piazza antistante alla basilica di Loreto, oppure di percorrere allo stesso modo il gradino marmoreo che circonda la Santa Casa, oggi consunto per il passaggio secolare di un gran numero di persone.
p. 193
L'immagine della Madonna del Caravaggio non corrisponde - come talvolta è stato detto - a quella di una popolana: il suo aspetto, invece, è nobile sia nelle movenze sia nell'abbigliamento. Le sue vesti sono poi in contrasto con quelle umili dei pellegrini: lo mostra ancor più la recente pulitura della splendida manica di raso rosso. L'ispirazione a una scultura classica, identificata da Hess nella cosiddetta Tusnelda (che fu utilizzata anche per la Sant'Anna nella Madonna dei Palafrenieri), dimostra la volontà del pittore di impostare su differenti registri la presenza divina e quella umana.
Nel contesto delle controversie con i protestanti - com'è noto - la Vergine è anche l'immagine della Chiesa che consente ai fedeli di aver accesso al Salvatore.
Note al testo
[1] Ringrazio Marco Pupillo per avermi consentito di utilizzare documenti inediti da lui rintracciati (tra i quali il diario: Ordini presi e decreti fatti per l'andata a Loreto et viaggio fatto dalla Ven. Arch.ta della Santissima Trinità de' Convalescenti di Roma. Anno 1602. Scritto per Gio. Batt.a Capacefali fratello di detta Arch.ta) poi pubblicati in Pupillo 2002, pp. 116-117.