«La rivoluzione sessuale non ci ha liberati, la chiesa sì. parola di femminista». Un’intervista a Thérèse Hargot di Antonio Sanfrancesco

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 19 /03 /2017 - 15:00 pm | Permalink | Homepage
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Riprendiamo da Famiglia cristiana del 13/3/2017 un’intervista a Thérèse Hargot di Antonio Sanfrancesco. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. 

Il Centro culturale Gli scritti (19/3/2017)

In Francia l’hanno definita la “cattocompatibile”. Lei, Thérèse Hargot sorride: «Sì, è vero. A volte le idee che difendo sono vicine alla dottrina cattolica e anche un po' polemiche ma finora non ho ricevuto particolari opposizioni o censure». Ma cosa dice di tanto scandaloso questa giovane sessuologa belga di 32 anni, terapeuta e insegnante, laica, che ha tre figli, una laurea in filosofia e un master in Scienze sociali alla Sorbona?

Che la liberazione sessuale conquistata negli anni Sessanta non ha liberato nessuno ma, al contrario, ha deresponsabilizzato gli uomini e isolato le donne a vedersela da sole con la maternità. Che i metodi naturali sono il modo migliore per vivere responsabilmente la propria sessualità.

Che i divieti servono eccome per crescere liberi e il "vietato vietare" si è rivelato solo una trappola. Che siamo passati dal “non bisogna avere relazioni sessuali prima del matrimonio” al “bisogna avere relazioni sessuali il prima possibile” di cui sono schiavi i giovani di oggi dei quali ha raccolto innumerevoli testimonianze. Che nelle scuole - lo afferma lei che ci insegna e si confronta tutti i giorni con i ragazzi -, più che corsi di educazione sessuale servirebbero corsi di filosofia.

Insomma, tutta la summa del politicamente scorretto. L’intervista si svolge al telefono, mentre Hargot sta raggiungendo Cesano Boscone, ultima tappa del suo tour italiano organizzato dall'associazione Monte di Venere che l’ ha portata a presentare il suo libro Una gioventù sessualmente liberata (o quasi) (Sonzogno, traduzione di Giovanni Marcotullio) a Roma, Arezzo, Cremona e Milano.

Dopo la Francia, il suo libro ha riscosso grande successo (e polemiche) anche in Italia. Se l’aspettava?

«No, in realtà sono stata molto sorpresa che le persone fossero disposte a trattare questo argomento. Finora non ho ricevuto un’ opposizione ferma o una censura. Certo, le idee che difendo sono alle volte polemiche, ma sono molto felice perché l’obiettivo del libro era di aprire la discussione e la riflessione, uscire dal contrasto sterile tra posizioni pro o contro, credo di essere riuscita in questa sfida e ne sono molto felice».

Perché l’ educazione sessuale che c'è oggi nelle scuole non funziona?

«Perché propone mezzi cattivi per rispondere a bisogni veri degli adolescenti come quello di costruire la loro identità. I ragazzi sono abitati da grandi questioni esistenziali: chi sono io? Qual è il senso della vita? Sono una persona amabile e unica? La risposta che gli adulti danno loro sono il preservativo e la pillola. Ed è chiaro che è un fallimento perché il preservativo e la pillola non sono risposte a questi interrogativi. Dobbiamo raggiungere i ragazzi in queste grandi questioni esistenziali, proponendo loro corsi di filosofia invece che corsi di educazione sessuale, dobbiamo proporre degli atelier di sviluppo personale, dobbiamo dare la possibilità ai giovani di fare esperienze che permettano loro di conoscere se stessi molto di più di quanto facciano andando a bere o facendo sesso promiscuo. Nelle nostre società occidentali abbiamo soppresso tanti riti d’iniziazione ma i giovani ne hanno trovati altri: l’alcol, il sesso, la droga. Ovviamente tutte queste esperienze anziché consolidare la loro identità di uomini e donne la rendono fragile e precaria. Questo libro è un appello a tutti i genitori, educatori, insegnanti: come accompagniamo noi i ragazzi a diventare persone libere e responsabili?».

Perché sostiene che la liberazione sessuale ha avuto conseguenze negative per la donna?

«In realtà, ha avuto conseguenze negative anche per l’uomo. Oggi assistiamo a una vera e propria crisi della mascolinità, gli uomini non sanno cosa significhi essere un uomo di fronte alla donna, abbiamo avuto l’uguaglianza, certo, ma di fatto tutto il femminismo che ha predominato in questi anni ha prodotto un’ indifferenziazione sessuale: le donne si sono virilizzate e hanno voluto copiare gli uomini e li hanno pure destabilizzati. Oggi i rapporti tra uomo e donna, nella relazione di coppia e nell’intimità sessuale, sono minacciati e resi fragili. Perché la mescolanza sia riuscita e una coppia felice nel tempo ci vogliono delle identità distinte e affermate. La liberazione sessuale si è rivoltata contro gli uomini. Quello che dobbiamo fare adesso è proporre un nuovo femminismo che includa gli uomini. Basta con la guerra dei sessi, ci vuole una vera riconciliazione».

E sulle donne che conseguenze ha prodotto?

«Le ha isolate. Al momento la responsabilità ricade tutta sulle spalle della donna, è lei che deve assumersi tutte le conseguenze delle sue scelte per esempio nella questione della maternità. Di fatto, il diritto all’aborto e alla contraccezione hanno reso la maternità un affare prettamente femminile: tutti dicono che in fondo è una scelta della donna e la deve portare avanti da sola. Anche nella questione dell’aborto si dice la stessa cosa e che col suo corpo la donna può fare quello che vuole. Ma questo permette a tutta la società di lavarsi le mani di fronte a questo vero e proprio dramma umano».

Perché scrive che l’aborto è una conseguenza della contraccezione e i metodi naturali sono la vera libertà per vivere responsabilmente la propria sessualità?

«Bisogna capire bene che aborto e contraccezione vanno insieme. La pillola del giorno dopo ti garantisce la possibilità di poter avere rapporti sessuali quando vuoi, con chi vuoi e le donne si permettono di avere rapporti oggettivamente a rischio. Se c’è un fallimento dell’ atto contraccettivo perché non è stato utilizzato bene il preservativo o c’è stato un difetto tecnico, cose che possono accadere, si può semplicemente andare ad abortire. Queste situazioni non invitano donne e uomini a essere responsabili della propria sessualità e della fecondità. La contraccezione è una falsa promessa e ne è la prova il numero ancora considerevole di aborti che ci sono nei nostri paesi occidentali».

Cosa bisogna fare, allora?

«Io penso che bisogna insegnare ai ragazzi fin dalla pubertà a conoscere il proprio corpo, a meravigliarsi della capacità che abbiamo di generare la vita e prendere coscienza di questa grande responsabilità. Si parla di sesso solo nel senso che c’è la possibilità che arrivi un bambino o una malattia ma non si parla mai delle conseguenze emozionali dell’atto sessuale. Quello che voglio dire è che questa conoscenza del corpo ci permette di cambiare la nostra visione del corpo e della sessualità che non è solo una questione meccanica o tecnica ma include e riguarda tutta la nostra persona e l’altro e ha questa conseguenza incredibile di generare la vita. E quindi è irresponsabile avere degli atti sessuali con chiunque e quando si vuole. I metodi naturali permettono di prendere coscienza di tutto questo perché la coppia è portata a confrontarsi tutti i giorni con questa realtà del corpo e con la responsabilità dell’avere o no un figlio, ne parla insieme, ci riflette su. Ciò che voglio dire è che questi metodi naturali portano la donna ad avere maggiore maturità mentre la contraccezione ormonale può mantenere uomini e donne in una sessualità compulsiva e adolescenziale. Certo, i metodi naturali non sono validi per tutti in ogni momento della vita però penso che simbolicamente significhino molte cose, per questo ne faccio un simbolo di liberazione, di ciò che è al servizio dell’ amore e della responsabilità».

Quali sono le principali responsabilità della pornografia sulle relazioni sessuali degli adolescenti?

«La responsabilità è enorme e noi dobbiamo prenderne coscienza perché l’industria pornografica impone a soggetti ancora immaturi la sua visione della sessualità. Questo effetto è tanto più pernicioso in quanto si compie nel segreto della stanza in un contesto che per sua natura non è portato al confronto con gli educatori. In fin dei conti quella pornografica è l’unica visione della sessualità che arriva ai ragazzi e si impone nella loro vita. Oggi la pornografia ha fagocitato l’erotismo nel senso etimologico di “manifestazione del desiderio” anche carnale. In senso etimologico, l’erotismo risveglia la sensualità e il sentimento mentre la pornografia li consuma e basta. Gli adolescenti ritengono spesso di poter padroneggiare tutto questo e che in fin dei conti questa influenza non ci sia affatto, ma è falso e questo si vede chiaramente dal modo come vivono la loro sessualità e intimità erotica».

Come la vivono?

«In un modo molto codificato, che si risolve in una serie di pratiche da eseguire in un certo ordine. È come uno sport dove ci sono regole da seguire per giocare. La pornografia influenza molto anche le ragazze che prendono spunto per capire cosa piace ai ragazzi e conformarsi ai loro desideri. Un esempio emblematico è la mania della depilazione intima che indica un desiderio di conformazione alle attrici porno. Per questo noi adulti dobbiamo riflettere se siamo contenti che questo sia il modello che sia dato ai nostri ragazzi e chiederci, se non siamo contenti, qual è il modello che vogliamo proporre».

Ha mai riflettuto sul fatto che le sue posizioni da laica coincidono con quelle del magistero cattolico?

«Guarda che caso (ride, ndr). Diciamo che almeno fino a questo momento tutto quello che io difendo è “cattocompatibile”, in Francia mi chiamano: “Thérèse, la cattocompatibile”. Le mie riflessioni partono dall’osservazione della realtà e dall’ esperienza umana. Io mi interrogo su questa esperienza e ne tiro fuori tutte queste cose. Questo processo è sincero dentro di me, alcuni parlano della mia fede ma il mio rapporto con Dio è molto complicato e non c’entra nulla. Non si tratta di una strategia di comunicazione altrimenti se ne accorgerebbero subito. Detto questo, io amo molto la Chiesa cattolica perché rappresenta la religione dell’incarnazione. Dal momento che lavoro sul corpo è la religione più interessante per me, quest’intreccio di fede e ragione lo trovo condivisibile e pieno di sapienza umana. Io parlo dell’uomo e dell’umano ed è normale che mi ritrovi con quello che dice la Chiesa la quale, come diceva Paolo VI, è esperta in umanità. Inoltre, noto che il mio lavoro porta molti cattolici a comprendere i dogmi della loro religione. Su questo dobbiamo essere onesti: la maggior parte dei cattolici non comprende questi dogmi ai quali spesso obbedisce o non obbedisce affatto, però in ogni caso senza capirne fino in fondo il significato. È vero, in teoria, che la Chiesa è esperta in umanità, nel senso che ha tutto il bagaglio per esserlo, ma in realtà i cattolici molte volte non sono affatto eredi di quest’esperienza di umanità».

Questa visione del sesso è dovuta anche alla secolarizzazione dell'Europa che si sta sempre di più distaccando dalla visione umanistica cristiana?

«Sì, penso che ci sia un legame con la perdita della trascendenza e della verticalità. Per esempio, lo vediamo molto nei rapporti di coppia odierni: non aspettiamo più che Dio ci salvi perché Dio non esiste, però ci aspettiamo che ci salvi nostro marito o nostra moglie. Ci aspettiamo che il partner sia tutto per noi, che sia Dio stesso. Chiediamo all’altro che ci faccia sentire amati e dia un senso alla nostra vita, laddove invece uno potrebbe trovare queste risposte in una vita spirituale e in una relazione con Dio. Così nel rapporto di coppia puoi dire per scherzo “sei bello come un dio, sei il mio dio” ma il tuo partner non è Dio, è un uomo, e alla fine inevitabilmente si resta delusi. Questa delusione innesca molte rotture, ci si aspetta troppo dalla coppia e alla fine la relazione diventa fragile. Tutto questo è una delle conseguenze dell’aver tagliato fuori la verticalità e la trascendenza. Poi c’è un altro aspetto».

Quale?

«L’altra conseguenza è che non ci sono più punti di riferimento per orientarsi mentre la religione diceva quello che è permesso o no. La proibizione ci permette di costruire la nostra libertà, noi abbiamo bisogno di punti di orientamento nella nostra vita e se uno li toglie siamo perduti completamente. Penso che le religioni, anche con la loro rigidità, simile a quella dei genitori che dicono ai figli questo si fa e questo no, permettono alle persone di crescere nella libertà. Si può fare questo parallelo: la Chiesa è una specie di madre che ci dice che cosa va bene e cosa va male e se questa cosa viene meno è chiaro che i punti di riferimento non ci sono più. Infine, c’è un’ altra questione: oggi l’aspetto comunitario è sparito dalle nostre società a vantaggio di un individualismo sfrenato. Questo processo ha delle conseguenze devastanti nel senso che si arriva all’individualismo e al narcisismo e si produce una società di consumi, anche di consumi affettivi e sessuali, laddove la religione da parte sua dovrebbe fungere da contraltare e bilanciare questa deriva».