1/ «Una mia bravissima compagna di scuola, sempre stata audace e fiduciosa, sognava di diventare medico, ma il suo è rimasto solo un sogno e a 12 anni è stata costretta a sposarsi… Il mio nome è ispirato dalla Giovanna d’Arco Pashtun che si chiamava “Malalai of Maiwand”. La parola Malala significa “forte dolore”, “triste”, ma per rendermi felice mio nonno usava chiamarmi “Malala-la ragazza più felice del mondo”… Vorrei ringraziare i miei genitori per il loro amore incondizionato. Grazie a mio padre per non avermi tarpato le ali e avermi dato ancora la possibilità di volare. Grazie a mia madre che mi ha incoraggiato ad essere paziente e a dire sempre la verità… Non è tempo di dire ai leader mondiali quanto è importante l'istruzione, già lo sanno! I loro figli frequentano ottime scuole. Ora è tempo di chiamarli e agire per tutti gli altri bambini del mondo. Chiediamo ai leader mondiali di unirsi a noi e di fare dell'istruzione la loro priorità assoluta». Il discorso di Malala Yousafzai ad Oslo, in occasione del Premio Nobel per la pace 2014 2/ Nobel Lecture by Malala Yousafzai, Oslo, 10 December 2014
1/ «Una mia bravissima compagna di scuola, sempre stata audace e fiduciosa, sognava di diventare medico, ma il suo è rimasto solo un sogno e a 12 anni è stata costretta a sposarsi… Il mio nome è ispirato dalla Giovanna d’Arco Pashtun che si chiamava “Malalai of Maiwand”. La parola Malala significa “forte dolore”, “triste”, ma per rendermi felice mio nonno usava chiamarmi “Malala-la ragazza più felice del mondo”… Vorrei ringraziare i miei genitori per il loro amore incondizionato. Grazie a mio padre per non avermi tarpato le ali e avermi dato ancora la possibilità di volare. Grazie a mia madre che mi ha incoraggiato ad essere paziente e a dire sempre la verità… Non è tempo di dire ai leader mondiali quanto è importante l'istruzione, già lo sanno! I loro figli frequentano ottime scuole. Ora è tempo di chiamarli e agire per tutti gli altri bambini del mondo. Chiediamo ai leader mondiali di unirsi a noi e di fare dell'istruzione la loro priorità assoluta». Il discorso di Malala Yousafzai ad Oslo, in occasione del Premio Nobel per la pace 2014
Riprendiamo sul nostro sito il discorso di Malala Yousafzai ad Oslo, in occasione del Premio Nobel per la pace 2014, il 10/12/2014. La traduzione è stata rivista da Gli scritti a partire dal video del discorso stesso. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. la sezione Integrazione e inter-cultura.
Il Centro culturale Gli scritti (19/3/2017)
Nel nome di Dio il più misericordioso e il più benefico,
Vostre Maestà, vostre Altezze reali, membri esemplari del Comitato Norvegese per il Nobel, oggi è un giorno di grande gioia per me. Sono davvero colpita dal fatto che il comitato Nobel mi abbia scelto per questo prezioso premio.
Ringrazio ognuno di voi per il vostro continuo supporto e amore. Sono davvero grata per le lettere e i messaggi che continuo a ricevere da tutto il mondo. Leggere le vostre parole incoraggianti mi rafforza e mi ispira.
Vorrei ringraziare i miei genitori per il loro amore incondizionato. Grazie a mio padre per non avermi tarpato le ali e avermi dato ancora la possibilità di volare. Grazie a mia madre che mi ha incoraggiato ad essere paziente e a dire sempre la verità, che crediamo fortemente essere il vero messaggio dell’Islam.
Vorrei, inoltre, ringraziare i miei insegnanti meravigliosi che mi hanno ispirata a credere in me stessa e a essere coraggiosa.
Sono molto fiera di essere la prima Pashtun, la prima Pakistana e la persona più giovane a ricevere questo premio.
Inoltre, sono abbastanza certa di essere la prima a ricevere il premio Nobel per la pace che ancora litiga con i suoi fratelli minori. Voglio che ci sia pace ovunque, ma io e i miei fratelli ci stiamo ancora lavorando.
Sono onorata di ricevere questo premio insieme a Kalish Satyarti, che è un leader dei diritti dei bambini da molto tempo. Infatti sono viva due volte. Sono felice di poter mostrare al mondo che, qui, insieme, un Indiano e un Pakistano possono lavorare insieme per i diritti dei bambini.
Cari fratelli e sorella, il mio nome è ispirato dalla Giovanna d’Arco Pashtun che si chiamava “Malalai of Maiwand”[1]. La parola Malala significa “forte dolore”, “triste”, ma per rendermi felice mio nonno usava chiamarmi “Malala-la ragazza più felice del mondo”. E oggi sono davvero felice di essere qui insieme a voi per questa importante causa.
Questo premio non riguarda solo me. È per quei bambini dimenticati che vogliono istruirsi. È per quei ragazzi spaventati che cercano la pace. È per quei bambini senza voce che vogliono un cambiamento. Sono qui per difendere i loro diritti, per alzare la voce. Non è più tempo di provare pietà per loro. È tempo di agire in modo che sia l’ultima volta che vediamo un bambino privato d’istruzione.
Ho scoperto che le persone mi descrivono in modi diversi. Alcuni mi chiamano “la ragazza che è stata colpita dai Talebani”. Altri “la ragazza che combatte per i loro diritti”. Alcuni mi chiamano “un premio Nobel”, adesso. Tuttavia, mio fratello mi chiama ancora "sorella prepotente e rompiscatole".
Per quanto ne so, sono solo una persona testarda e impegnata, che vuole vedere ogni bambino ottenere un’istruzione di qualità, che vuole gli stessi diritti per le donne e che vuole la pace in ogni angolo del mondo.
L’istruzione è una delle benedizioni della vita, ed una sua necessità. Questa è stata la mia esperienza durante i miei primi 17 anni. Nel paradiso del mio paese natale Swat ho sempre amato andare a scuola e imparare nuove cose. Ricordo quando le mie compagne e io decoravamo le nostre mani con l’hennè per le occasioni speciali. Invece di disegnare fiori e motivi ci impegnavamo a dipingere sulle nostre mani formule matematiche ed equazioni.
Avevamo sete di educazione: il nostro futuro era proprio lì, in quella classe. Stavamo seduti a leggere e ad imparare insieme. Amavamo indossare uniformi scolastiche e ci sedevamo lì, con i grandi sogni nei nostri occhi. Volevamo rendere orgogliosi i nostri genitori e provare che potevamo eccellere nei nostri studi e raggiungere obiettivi che alcune persone pensano riservati solo ai ragazzi.
Ma le cose cambiarono. Quando avevo 10 anni, Swat, che era un luogo di turismo e di bellezza, si è trasformato improvvisamente in un luogo di terrorismo. Più di 400 scuole sono state distrutte. Hanno impedito alle ragazze di andare a scuola. Le donne sono state frustate. Persone innocenti sono state uccise. Tutti abbiamo sofferto. E i nostri sogni si sono trasformati in incubi.
L’istruzione si è trasformata da diritto in crimine. Alle ragazze fu impedito di andare a scuola. E quando il mondo cambia improvvisamente, anche le tue priorità cambiano.
Avevo due possibilità: una era quella di rimanere zitta e aspettare di essere uccisa. La seconda possibilità era di parlare, alzarmi in piedi, e poi essere uccisa. Ho scelto la seconda. Ho deciso di alzarmi.
Non potevamo assistere passivamente alle ingiustizie dei terroristi che negavano i nostri diritti, che uccidevano crudelmente la gente e che usavano impropriamente il nome dell'Islam.
Abbiamo deciso di alzare la voce e dire loro: Non avete imparato che nel sacro Corano Allah dice: "Se uccidi una persona è come se uccidessi l'umanità intera"? Non sapete che Mohammed, la pace sia con lui, il profeta di misericordia, dice: "Non fare male a te stesso o agli altri"?
Non sapete che la prima parola del sacro Corano è "Iqra" che significa "leggete"?
I terroristi hanno cercato di fermarci attaccando me e le mie amiche qui presenti, sul bus scolastico, il 9 ottobre 2012, ma né le loro idee, né le loro pallottole hanno vinto. Siamo sopravvissute. E da quel giorno, le nostre voci sono diventate ancora più forti.
Racconto la mia storia, non perché sia unica, ma proprio perché non lo è. È la storia di tante ragazze. Oggi, racconto anche la loro storia. Ho portato con me a Oslo alcune delle mie sorelle, che hanno condiviso con me questa storia, le mie amiche del Pakistan, della Nigeria e della Siria. Le mie coraggiose sorella Shazia e Kainat, che quel giorno furono colpite dalle pallottole insieme a me sul bus scolastico. Hanno subito un trauma fortissimo. Anche mia sorella Kainat Somro, dal Pakistan.
Esse hanno subito violenze estreme e abusi. Kainat ha subito la morte del fratello, ma ha deciso di non soccombere.
E ci sono ragazze con me, che ho incontrato durante la mia campagna, che oggi sono come mie sorelle: la sedicenne Mezon dalla Siria, che ora vive in Giordania in un campo di rifugiati e va di tenda in tenda per aiutare affinché ragazzi e ragazze imparino. E mia sorella Amina, dal nord della Nigeria, dove Boko Haram minaccia, ferma e rapisce ragazze solo perché vanno a scuola.
Sebbene io appaia come una ragazza sola, un'unica persona alta 157 cm, inclusi i tacchi - significa che sono alta solo 152 cm - non sono una voce solitaria, ma ne sono molte.
Sono Malala, ma sono anche Shazia.
Sono Kainat Riaz.
Sono Kainat Somro.
Sono Mezon.
Sono Amina.
Sono quei 66 milioni di ragazze che non possono andare a scuola. Oggi non sto alzando la mia voce, ma la voce di quelle 66 milioni di ragazze.
Talvolta le persone amano chiedermi: «Perché le ragazze dovrebbero andare a scuola? Perché è importante per loro?». Ma io credo che la domanda più importante sia: "Perché non dovrebbero avere il diritto di andare a scuola?".
Cari fratelli e sorelle, oggi in mezzo mondo vediamo rapido progresso e sviluppo. Tuttavia, ci sono molte nazioni dove milioni di persone ancora soffrono dei vecchissimi problemi di guerra, povertà e ingiustizia. Vediamo ancora conflitti in cui persone innocenti perdono la vita e i bambini diventano orfani. Vediamo molte persone che diventano rifugiate in Siria, a Gaza e in Iraq. In Afghanistan, vediamo famiglie uccise in attacchi suicidi e in esplosioni di bombe.
Molti bambini in Africa non hanno accesso all'istruzione a causa della povertà e, come ho detto prima, vediamo ancora bambine prive della libertà di andare a scuola, nel nord della Nigeria. Come Kailash Satyarti ci riferisce, molti bambini, soprattutto in India e in Pakistan, sono privati del diritto dell'istruzione a causa di tabù sociali, oppure vengono costretti a matrimoni precoci o al lavoro minorile.
Una mia bravissima compagna di scuola, mia coetanea, che è sempre stata audace e fiduciosa, sognava di diventare medico, ma il suo è rimasto solo un sogno e a 12 anni è stata costretta a sposarsi. Presto ha avuto un bambino, quando lei stessa era ancora una bambina, avendo solo 14 anni.
Sono convinta che poteva diventare un ottimo medico, ma non ne ha avuto la possibilità perché era femmina. Dalla sua storia deriva il motivo per cui dedico il ricavato del premio Nobel alla Fondazione Malala per aiutare a dare alle ragazze un'istruzione di qualità ovunque nel mondo, e per alzare le loro voci.
Il primo luogo dove andrà questo contributo è dove risiede il mio cuore, in Pakistan, per costruire scuole soprattutto nelle mie zone di Swat e Shangla. Nel mio villaggio ancora non ci sono scuole secondarie per le ragazze, ed è il mio desiderio, il mio impegno e ora la mia sfida di costruirne una in modo che i miei amici, le mie sorelle possano andare a scuola, ricevere un'istruzione di qualità e avere la possibilità di realizzare i loro sogni.
Comincerò da qui, ma non mi fermerò qui. Continuerò a lottare finché non vedrò ogni singolo bambino andare a scuola.
Cari fratelli e sorelle, i grandi del passato che hanno portato un cambiamento, come Martin Luther King e Nelson Mandela, Madre Teresa e Aung San Suu Kyi, un tempo sono saliti su questo palco. Spero che i passi che io e Kailash Satyarthi abbiamo fatto finora e che faremo in futuro porteranno a un cambiamento duraturo.
La mia grande speranza è che questa sarà l'ultima volta che lottiamo per l'istruzione. Risolviamo questa questiona una volta per tutte. Abbiamo già fatto molti passi. Adesso è ora di fare un salto di qualità.
Non è tempo di dire ai leader mondiali quanto è importante l'istruzione, già lo sanno! I loro figli frequentano ottime scuole. Ora è tempo di chiamarli e agire per tutti gli altri bambini del mondo.
Chiediamo ai leader mondiali di unirsi a noi e di fare dell'istruzione la loro priorità assoluta.
Quindici anni fa, i leader mondali hanno stabilito una serie di obiettivi globali, gli obiettivi di sviluppo del Millennio.
Negli anni che sono seguiti, abbiamo visto dei progressi: il numero di bambini che non frequentano la scuola è stato dimezzato, come Kailash Satyarthi riferisce. Tuttavia, il mondo si è focalizzato solo sull'istruzione primaria e il progresso non ha interessato tutti.
Nel 2015, i rappresentanti di tutto il mondo si incontreranno nelle Nazioni Unite per stabilire i prossimi obiettivi legati allo sviluppo sostenibile. Questo sarà l'obiettivo mondiale per le prossime generazioni. Il mondo non può più accettare che l'istruzione di base sia sufficiente. Perché i leader accettano che nelle nazioni in via di sviluppo l'alfabetizzazione di base sia sufficiente mentre i loro figli fanno i compiti di algebra, matematica, scienze e fisica?
I leader devono cogliere questa opportunità di garantire istruzione gratuita, di qualità, primaria e secondaria per ogni bambino.
Alcuni diranno che questa è impraticabile, o troppo costosa, o troppo difficile, o, forse, addirittura impossibile, ma è arrivato il momento di pensare in grande.
Cari fratelli e sorelle, il cosiddetto mondo degli adulti può capirlo, ma noi ragazzi no.
Perché quelle nazioni che consideriamo "forti" sono così potenti nel creare guerre, ma così deboli nel garantire la pace?
Perché?
Perché fornire armi è così facile, ma dare libri è così difficile?
Perché?
Perché costruire carri armati è così facile, ma costruire scuole è così difficile?
Viviamo nell'epoca moderna e crediamo che nulla sia impossibile. Siamo sbarcati sulla luna 45 anni fa e, forse, sbarcheremo presto su Marte. Quindi, nel ventunesimo secolo, dobbiamo essere in grado di garantire a ogni bambino istruzione di qualità.
Cari fratelli e sorelle, cari amici, dobbiamo lavorare, non aspettare. Non solo i politici e i leader mondali, ma tutti dobbiamo contribuire.
Io, voi, noi. È nostro dovere.
Che questa sia la prima generazione a decidere di essere l'ultima.
Che questa sia la prima generazione a decidere di essere l'ultima a vedere classi vuote, infanzie perdute e potenziali sprecati. Che questa sia l'ultima volta che una ragazza o un ragazzo trascorra l'infanzia in una fabbrica. Che questa sia l'ultima volta che una ragazza sia costretta a sposarsi ancora bambina. Che questa sia l'ultima volta che un bambino perda la vita in guerra.
Che questa sia l'ultima volta che vediamo un bambino non andare a scuola. Poniamo fine a tutto ciò.
Diamo inizio a questa fine insieme, oggi, qui, ora.
Diamo inizio a questa fine, adesso!
Grazie.
2/ Nobel Lecture by Malala Yousafzai, Oslo, 10 December 2014
Bismillah hir rahman ir rahim.
In the name of God, the most merciful, the most beneficent.
Your Majesties, Your royal highnesses, distinguished members of the Norweigan Nobel Committee,
Dear sisters and brothers, today is a day of great happiness for me. I am humbled that the Nobel Committee has selected me for this precious award.
Thank you to everyone for your continued support and love. Thank you for the letters and cards that I still receive from all around the world. Your kind and encouraging words strengthens and inspires me.
I would like to thank my parents for their unconditional love. Thank you to my father for not clipping my wings and for letting me fly. Thank you to my mother for inspiring me to be patient and to always speak the truth - which we strongly believe is the true message of Islam. And also thank you to all my wonderful teachers, who inspired me to believe in myself and be brave.
I am proud, well in fact, I am very proud to be the first Pashtun, the first Pakistani, and the youngest person to receive this award. Along with that, along with that, I am pretty certain that I am also the first recipient of the Nobel Peace Prize who still fights with her younger brothers. I want there to be peace everywhere, but my brothers and I are still working on that.
I am also honoured to receive this award together with Kailash Satyarthi, who has been a champion for children's rights for a long time. Twice as long, in fact, than I have been alive. I am proud that we can work together, we can work together and show the world that an Indian and a Pakistani, they can work together and achieve their goals of children's rights.
Dear brothers and sisters, I was named after the inspirational Malalai of Maiwand who is the Pashtun Joan of Arc. The word Malala means grief stricken", sad", but in order to lend some happiness to it, my grandfather would always call me Malala – The happiest girl in the world" and today I am very happy that we are together fighting for an important cause.
This award is not just for me. It is for those forgotten children who want education. It is for those frightened children who want peace. It is for those voiceless children who want change.
I am here to stand up for their rights, to raise their voice… it is not time to pity them. It is not time to pity them. It is time to take action so it becomes the last time, the last time, so it becomes the last time that we see a child deprived of education.
I have found that people describe me in many different ways.
Some people call me the girl who was shot by the Taliban.
And some, the girl who fought for her rights.
Some people, call me a "Nobel Laureate" now.
However, my brothers still call me that annoying bossy sister. As far as I know, I am just a committed and even stubborn person who wants to see every child getting quality education, who wants to see women having equal rights and who wants peace in every corner of the world.
Education is one of the blessings of life—and one of its necessities. That has been my experience during the 17 years of my life. In my paradise home, Swat, I always loved learning and discovering new things. I remember when my friends and I would decorate our hands with henna on special occasions. And instead of drawing flowers and patterns we would paint our hands with mathematical formulas and equations.
We had a thirst for education, we had a thirst for education because our future was right there in that classroom. We would sit and learn and read together. We loved to wear neat and tidy school uniforms and we would sit there with big dreams in our eyes. We wanted to make our parents proud and prove that we could also excel in our studies and achieve those goals, which some people think only boys can.
But things did not remain the same. When I was in Swat, which was a place of tourism and beauty, suddenly changed into a place of terrorism. I was just ten that more than 400 schools were destroyed. Women were flogged. People were killed. And our beautiful dreams turned into nightmares.
Education went from being a right to being a crime.
Girls were stopped from going to school.
When my world suddenly changed, my priorities changed too.
I had two options. One was to remain silent and wait to be killed. And the second was to speak up and then be killed.
I chose the second one. I decided to speak up.
We could not just stand by and see those injustices of the terrorists denying our rights, ruthlessly killing people and misusing the name of Islam. We decided to raise our voice and tell them: Have you not learnt, have you not learnt that in the Holy Quran Allah says: if you kill one person it is as if you kill the whole humanity?
Do you not know that Mohammad, peace be upon him, the prophet of mercy, he says, do not harm yourself or others".
And do you not know that the very first word of the Holy Quran is the word Iqra", which means read"?
The terrorists tried to stop us and attacked me and my friends who are here today, on our school bus in 2012, but neither their ideas nor their bullets could win.
We survived. And since that day, our voices have grown louder and louder.
I tell my story, not because it is unique, but because it is not.
It is the story of many girls.
Today, I tell their stories too. I have brought with me some of my sisters from Pakistan, from Nigeria and from Syria, who share this story. My brave sisters Shazia and Kainat who were also shot that day on our school bus. But they have not stopped learning. And my brave sister Kainat Soomro who went through severe abuse and extreme violence, even her brother was killed, but she did not succumb.
Also my sisters here, whom I have met during my Malala Fund campaign. My 16-year-old courageous sister, Mezon from Syria, who now lives in Jordan as refugee and goes from tent to tent encouraging girls and boys to learn. And my sister Amina, from the North of Nigeria, where Boko Haram threatens, and stops girls and even kidnaps girls, just for wanting to go to school.
Though I appear as one girl, though I appear as one girl, one person, who is 5 foot 2 inches tall, if you include my high heels. (It means I am 5 foot only) I am not a lone voice, I am not a lone voice, I am many.
I am Malala. But I am also Shazia.
I am Kainat.
I am Kainat Soomro.
I am Mezon.
I am Amina. I am those 66 million girls who are deprived of education. And today I am not raising my voice, it is the voice of those 66 million girls.
Sometimes people like to ask me why should girls go to school, why is it important for them. But I think the more important question is why shouldn't they, why shouldn't they have this right to go to school.
Dear sisters and brothers, today, in half of the world, we see rapid progress and development. However, there are many countries where millions still suffer from the very old problems of war, poverty, and injustice.
We still see conflicts in which innocent people lose their lives and children become orphans. We see many people becoming refugees in Syria, Gaza and Iraq. In Afghanistan, we see families being killed in suicide attacks and bomb blasts.
Many children in Africa do not have access to education because of poverty. And as I said, we still see, we still see girls who have no freedom to go to school in the north of Nigeria.
Many children in countries like Pakistan and India, as Kailash Satyarthi mentioned, many children, especially in India and Pakistan are deprived of their right to education because of social taboos, or they have been forced into child marriage or into child labour.
One of my very good school friends, the same age as me, who had always been a bold and confident girl, dreamed of becoming a doctor. But her dream remained a dream. At the age of 12, she was forced to get married. And then soon she had a son, she had a child when she herself was still a child – only 14. I know that she could have been a very good doctor.
But she couldn't ... because she was a girl.
Her story is why I dedicate the Nobel Peace Prize money to the Malala Fund, to help give girls quality education, everywhere, anywhere in the world and to raise their voices. The first place this funding will go to is where my heart is, to build schools in Pakistan—especially in my home of Swat and Shangla.
In my own village, there is still no secondary school for girls. And it is my wish and my commitment, and now my challenge to build one so that my friends and my sisters can go there to school and get quality education and to get this opportunity to fulfil their dreams.
This is where I will begin, but it is not where I will stop. I will continue this fight until I see every child, every child in school.
Dear brothers and sisters, great people, who brought change, like Martin Luther King and Nelson Mandela, Mother Teresa and Aung San Suu Kyi, once stood here on this stage. I hope the steps that Kailash Satyarthi and I have taken so far and will take on this journey will also bring change – lasting change.
My great hope is that this will be the last time, this will be the last time we must fight for education. Let's solve this once and for all.
We have already taken many steps. Now it is time to take a leap.
It is not time to tell the world leaders to realise how important education is - they already know it - their own children are in good schools. Now it is time to call them to take action for the rest of the world's children.
We ask the world leaders to unite and make education their top priority.
Fifteen years ago, the world leaders decided on a set of global goals, the Millennium Development Goals. In the years that have followed, we have seen some progress. The number of children out of school has been halved, as Kailash Satyarthi said. However, the world focused only on primary education, and progress did not reach everyone.
In year 2015, representatives from all around the world will meet in the United Nations to set the next set of goals, the Sustainable Development Goals. This will set the world's ambition for the next generations.
The world can no longer accept, the world can no longer accept that basic education is enough. Why do leaders accept that for children in developing countries, only basic literacy is sufficient, when their own children do homework in Algebra, Mathematics, Science and Physics?
Leaders must seize this opportunity to guarantee a free, quality, primary and secondary education for every child.
Some will say this is impractical, or too expensive, or too hard. Or maybe even impossible. But it is time the world thinks bigger.
Dear sisters and brothers, the so-called world of adults may understand it, but we children don't. Why is it that countries which we call strong" are so powerful in creating wars but are so weak in bringing peace? Why is it that giving guns is so easy but giving books is so hard? Why is it, why is it that making tanks is so easy, but building schools is so hard?
We are living in the modern age and we believe that nothing is impossible. We have reached the moon 45 years ago and maybe will soon land on Mars. Then, in this 21st century, we must be able to give every child quality education.
Dear sisters and brothers, dear fellow children, we must work… not wait. Not just the politicians and the world leaders, we all need to contribute. Me. You. We. It is our duty.
Let us become the first generation to decide to be the last , let us become the first generation that decides to be the last that sees empty classrooms, lost childhoods, and wasted potentials.
Let this be the last time that a girl or a boy spends their childhood in a factory.
Let this be the last time that a girl is forced into early child marriage.
Let this be the last time that a child loses life in war.
Let this be the last time that we see a child out of school.
Let this end with us.
Let's begin this ending ... together ... today ... right here, right now. Let's begin this ending now.
Thank you so much.
Note al testo
[1] Eroina nazionale afghana.