Paradosso Orwell, feticcio della sinistra, di Pierluigi Battista
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Riprendiamo dal Corriere della sera del 29/1/2017 un articolo di Pierluigi Battista. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. la sezione Letteratura.
Il Centro culturale Gli scritti (5/2/2017)
Povero George Orwell. Il suo meraviglioso 1984 vola nelle classifiche Amazon sulla base di un colossale fraintendimento politico e culturale. Il libro era una geniale raffigurazione del potere totalitario di Stalin e la grancassa mediatica batte sulla descrizione profetica che Orwell avrebbe tracciato di Donald Trump. Era il racconto dell’apocalittica distorsione dell’utopia comunista e per questo Orwell veniva ostracizzato, messo al bando: non gli volevano pubblicate nemmeno La fattoria degli animali e per aver denunciato in Omaggio alla Catalogna i crimini dei comunisti stalinisti a Barcellona durante la guerra civile ai danni degli anarchici e dei trotskisti, Orwell venne bollato come un traditore. Insieme ad Albert Camus, non poteva tollerare che in nome dell’unità antifascista venissero sottaciuti gli orrori del Gulag, che tutti conoscevano ma nessuno nella sinistra filosovietica voleva che se ne parlasse. E infatti 1984 non è mai potuto uscire in Unione Sovietica fino a quando la bandiera rossa ha smesso si sventolare sul Cremlino.
Palmiro Togliatti liquidava George Orwell con un epiteto sprezzante: «Poliziotto coloniale». Italo Calvino, esponente di un’editoria che boicottò fino alla fine la pubblicazione di 1984 criticava il liberale e democratico Geno Pampaloni perché dava retta a George Orwell, dimostrando così di non essersi «premunito» dall’infezione di uno dei mali più tristi della nostra epoca: l’anticomunismo. Per anni si è cercato di rappresentare il libro di Orwell come la profezia di un cupo superpotere tecnologico, depoliticizzando radicalmente la denuncia del comunismo. Ma il premio Nobel Czeslaw Milosz si stupiva che un autore che «non aveva mai messo piede in Urss abbia avuto una visione tanto nitida di come vanno le cose». Lo scrittore polacco dissidente Gustaw Herling ha raccontato lo stupore dei suoi connazionali nel leggere 1984: «Ma questa è la mia vita». Orwell sosteneva, assieme a Camus, «che la colpa di tutte le persone di sinistra dal ’33 in avanti è di aver voluto essere antifasciste senza essere antitotalitarie». Di questa omissione si è reso responsabile un ceto intellettuale conformista che oggi vorrebbe riscattarsi distorcendo la lettura di 1984 in modo tanto strumentale. Povero Orwell.