Est-Ovest, Nord-Sud o altrimenti? Nell’economia moderna la divisione fra ricchi e poveri passa ormai dentro ogni città, a Nuova Delhi come a Parigi, a Nairobi come a New York, alla Mecca come a Roma, a Pechino come al Cairo, di Giovanni Amico

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 25 /09 /2016 - 16:19 pm | Permalink | Homepage
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Riprendiamo sul nostro sito un articolo di Giovanni Amico. Per approfondimenti, cfr. la sezione Carità, giustizia e annunzio.

Il Centro culturale Gli scritti (25/9/2016)

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N.B. de Gli scritti Nonostante non condividiamo interamente questo scritto di Giovanni Amico, lo pubblichiamo per il coraggio con il quale apre una discussione importante da progeguire.

La grande distinzione Est-Ovest è stata abbandonata non appena è divenuto evidente che l’Est del mondo (dai paesi comunisti europei alla Cina, si pensi) non aveva logiche macro-economiche sostanzialmente diverse dai paesi dell’Ovest (ma si pensi anche alla corruzione di personaggi come Mao-Tzetung, apparsa anni dopo la sua morte da testimonainze di chi gli ha vissuto vicino).

Oggi è, invece, lo schema Nord-Sud a dimostrarsi obsoleto e l’inadeguatezza di tale mappa concettuale sarà negli anni sempre più fuorviante dato che alcuni paesi occidentali sono in recessione, mentre sono in grande crescita alcune economie che un tempo appartenevano al cosiddetto Sud del mondo.

I paesi un tempo classificati come appartenenti al Sud del mondo non hanno oggi, infatti, impostazioni di macro-economia sostanzialmente differenti dagli altri paesi, pur provenendo  da diverse culture e tradizioni.

La linea di demarcazione fra poveri e ricchi non passa più fra un paese e l’altro – salvo rare eccezioni di paesi soprattutto africani – bensì attraversa oggi i paesi musulmani (dall’Arabia Saudita alla Turchia all’Iran) come quelli atei (dalla Cina alla Corea del nord), quelli di tradizione induista (il riferimento è ovviamente all’India, dove persiste e anzi si accentua oggi la differenza ideale e reale all'interno del sistema castale induista), come quelli della laica Europa, ma divide le stesse grandi capitali africane dove politici e manager economici locali sono ricchissimi, mentre gran parte della popolazione è ridotta alla fame. In alcuni paesi tuttora poverissimi dell’Africa sono spesso i nuovi potenti della Cina, dell’India o della penisola arabica a dettare legge e non più solo i paesi cosiddetti “occidentali”, che sono anzi “in  ritirata”.

I rapporti di potere si sono modificati negli ultimi decenni per cui non è più corretto dire, solo per fare un esempio, che è l’occidente a condizionare univocamente le politiche mediorientali, perché sempre più spesso sono alcuni paesi a maggioranza islamica molto più forti economicamente che dettano legge in scelte decisive di carattere politico ed economico dei paesi arabi più poveri o sconvolti dalla guerra, perché più floridi di molti dei paesi occidentali che si piegano alle loro posizioni, pur di non ricevere danni nei rapporti economici con super-potenze come l’Iran, l’Arabia Saudita o la Turchia.

I quotidiani occidentali continuano a ripetere che è l’occidente a dettare la linea politica, mentre gli intellettuali arabi medio-orientali sono sempre più consapevoli delle gravi ingerenze di altri paesi arabo-musulmani – solo per fare un esempio, la tragedia che ha visto la morte di Aylan Kurdi è stata giustamente vista come un evento causato dai potentati della Turchia e della penisola arabica e non dell’Europa, come ha dichiarato lo stesso padre del bambino.  

Molti giornalisti e intellettuali non riescono a cogliere la novità dell’evoluzione in corso e si rifugiano in schemi obsoleti nei quali si muovono più a loro agio perché da loro stessi costruiti, quasi un rifugio intellettuale di comodo cui tornare sempre in tempi difficili da interpretare.

Lo schema Nord-Sud è stato recepito acriticamente  anche da alcuni movimenti terroristici islamisti che utilizzano ancora il termine “occidentale” o “crociato” per descrivere il presente, senza comprendere che oggi alcuni paesi a maggioranza islamica o atea o con tradizioni estremo-orientali decidono alla pari con gli USA - e certamente più dell’Italia o della Grecia - le politiche internazionali. Altri gruppi armati islamisti più accorti hanno, invece, maggiore consapevolezza della leadership mondiale della Cina, dell’India o dei diversi regni ed emirati della penisola arabica e, tragicamente, attaccano quei paesi più che non i paesi occidentali, seminando dolore e morte in tutto il Medio Oriente molto più che in occidente.

Lo schema Nord-Sud traballa – solo per fornire un ulteriore altro esempio – anche dinanzi agli interventi militari ed economici della Turchia che sono ben più decisi e decisivi che non quelli dell’occidente, in numerose questioni di politica internazionale (si veda la loro aggressività nei confronti dei curdi come nei confronti di Assad).

L’accresciuta consapevolezza che la distinzione fra chi cerca la pace e chi vuole la guerra, fra chi accoglie i migranti e chi li rifiuta, fra chi lotta contro la povertà e chi la accresce, non è fra Nord e Sud del mondo, bensì taglia oggi in due i paesi di qualsiasi tradizione culturale o religiosa (compresi i paesi “atei” e quelli musulmani) permette di rileggere con maggiore equilibrio anche la storia passata e di accorgersi che è esistito un colonialismo arabo ed un colonialismo turco, durati entrambi secoli e carichi di nefaste conseguenze, così come è esistito un colonialismo cinese, mongolo, indù, occidentale e così via. Lo stesso si deve dire dello schiavismo che è stato proprio di alcuni paesi occidentali, come del mondo musulmano arabo e turco, come di numerosi paesi dell’estremo oriente con tradizioni che affondavano le radici nelle religioni estremo-orientali.

Ma non è solo il passato, bensì soprattutto il presente a chiedere nuovi parametri di comprensione che superino il troppo facile e talvolta un po’ moralistico schema Nord-Sud del mondo. La nuova situazione emerge da numerosi indicatori che – pur dovendo essere sempre presi con le molle - indicano chiaramente un’evoluzione progressiva verso nuovi equilibri  (e purtroppo squilibri) futuri.

Ad esempio, se si guarda la classifica degli Stati per PIL pro capite, ci si accorge che nel 2015 fra i primi 15 paesi ci sono ben 5 stati arabo-musulmani (con il primo posto assoluto del Qatar), ci sono 3 stati asiatici e 7 europei (ma l’Italia e la Spagna sono al 31esimo e al 32esimo posto e la Grecia al 44esimo).

Posizione

Paese

$

1

Qatar

132,099

2

Lussemburgo

98,987

3

Singapore

85,253

4

Brunei

79,587

5

Kuwait

70,166

6

Norvegia

68,430

7

Emirati Arabi Uniti

67,617

8

San Marino

63,104

9

Svizzera

58,551

Hong Kong

56,701

10

Stati Uniti d'America

55,805

11

Irlanda

55,533

12

Arabia Saudita

53,624

13

Bahrain

50,095

14

Paesi Bassi

49,166

15

Svezia

47,922

La situazione economica dei paesi del sud d’Europa spiega bene perché i migranti, in gran parte, vedano tali nazioni solo come dei luoghi di passaggio, perché essi vorrebbero recarsi nei paesi scandinavi o in Canada, ma non permanere in  stati come l’Italia o la Grecia (che, da questo punto di vista, non sono più visti come l’occidente desiderato).

L’ Economist Intelligence Unit prevede per il 2026 l’annunciato sorpasso della Cina sugli Stati Uniti (PIL nominale in termini di US$). L’India si attesterà entro il 2050 al terzo gradino registrando una crescita media di quasi il 5%. Indonesia e Messico entreranno per la prima volta nella Top 10 (4° e 8° posizione).

Cina, USA e India saranno – prese singolarmente – più ricche delle successive 5 maggiori economie mondiali messe insieme (Indonesia, Germania, Giappone, Brasile e Messico).

La ricchezza del mondo arabo, d’altro canto, è ingente e fra i 100 arabi più ricchi, 41 sono sauditi, 13 egiziani, 8 libanesi e 7 degli Emirati Arabi – come afferma un articolo di Arabpress del 18 settembre 2013.

Il rapporto Forbes, invece, segnala – anche questo è un dato interessantissimo – che l’uomo più ricco del mondo sembra essere Bill Gates, non un uomo cioè che si occupa di materie prime, bensì di tecnologia – segno che ogni volta che utilizziamo tecnologia informatica contribuiamo in qualche modo ad aumentare il divario fra ricchi e poveri nel mondo!

Il divario fra ricchi e poveri tragicamente aumenta, ma non è più un divario fra paesi, bensì, ben più profondamente, un divario che segna le storie interne di ogni paese e di ogni cultura.

Infine, non si può dimenticare che si è sempre più consapevoli che il divario economico all’interno di uno stesso paese, ma anche fra nazione e nazione, ha anche cause culturali profonde. Gran parte dei paesi a maggioranza islamica sono rallentati nella crescita dalla mancanza di libertà concessa alle donne, che non possono studiare come vorrebbero e che sono tuttora costrette a sposarsi con mariti decisi dai loro parenti con l’impedimento di sposare uomini di altre religioni.

Una figura come Malala ricorda quante donne musulmane desiderano crescere tramite la cultura per contribuire alla maturazione anche economica dei loro paesi.