15 anni di matrimonio, di Carlo Ancona
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Riprendiamo sul nostro sito un testo di Carlo Ancona. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, vedi la sotto-sezione Famiglia, affettività e sessualità nella sezione Carità, giustizia e annunzio.
Il Centro culturale Gli scritti (7/8/2016)
Oramai si è capito: sono un frequentatore atipico di FB, leggo post con cadenza semestrale e ne posto uno ancor più raramente… oggi, Domenica, è quel giorno.
Ho appena fatto 15 anni di matrimonio, possono sembrare tanti ma sono anche risibili se confrontati con una vita… Quale la mia esperienza del matrimonio? Una scoperta curiosa che provo a descrivere.
Il matrimonio, i figli, la famiglia in genere, ti chiedono la vita e la chiedono imperiosamente, difficile sfuggire a tale richiesta mantenendo quel certo grado di onestà intellettuale che smaschera le facili scappatoie che tutti abbiamo percorso almeno una volta.
Ho visto intorno a me, ed ho provato personalmente, la pratica della sopravvivenza a tale marea montante che ti viene addosso, attraverso “diversivi” più o meno grandi o duraturi, più o meno espliciti, personali o di gruppo, diversamente chiamati: hobby, amicizie personali, interessi, antistress, ricreazioni, lavoro, soddisfazioni, cura del corpo, ricerca di equilibrio, spiritualità, preghiera, attività parrocchiali o sportive, di circoli, associative e chi più ne ha più ne metta…
La situazione è questa: ho la percezione netta che la mia felicità, il senso al tempo, la mia soddisfazione, passi per una periodica emersione in uno di questi “diversivi” e sono portato continuamente a organizzare la vita, il tempo e gli impegni in modo da contemplare sempre uno spazio più o meno grande per me, per queste piccole deviazioni innocue nel corso del cammino che stiamo facendo. Questa è la percezione di questi 15 anni, nel senso che mi trovo albergato da questa convinzione e sento il mio cuore, i desideri, le preoccupazioni, muoversi sempre nel campo di questa regola, con queste coordinate.
Ho definito questi diversivi come innocui e banali perché tali appaiono alla mia razionalità, tuttavia una certa onestà mi chiede di riconsiderare il fatto a partire dall’esperienza (accessibile a tutti) di quel che succede di fronte al diniego degli stessi, le reazioni che sorgono spontanee non sono assolutamente congrue con un qualcosa di banale secondario o innocuo.
Fin qui penso che anche altri possano riconoscersi in quanto affermato, ma la scoperta viene ora e va oltre il suddetto, nasce da un problema avuto qualche anno fa, anzi da come si è risolto…
Nel 2009 abbiamo avuto un problema serio, avevamo desideri opposti, era mio diritto pretendere un certo comportamento come era suo diritto pretenderne un altro… scontro, fatica, arrabbiature, tristezza… crisi. Con la strada del diritto e la discussione non se ne usciva, anzi su quella strada l’unica stazione prevista di arrivo era la definizione della crisi, che fare? Ecco, ho scoperto allora che alcune volte la soluzione non sta nell’ambito del diritto ma del dovere, ho scoperto che disobbedire alla percezione che quella cosa che ti spetta è necessaria alla tua vita, disobbedire a tutte le giuste e vere rivendicazioni che sostengono questa testi è possibile, non fa morire ed anzi fa rinascere in un modo nuovo, è contagioso e cambia le persone e il mondo intorno per cui quello che pretendevi arriva poi in altra via come inaspettato, ho scoperto che quelle ragioni, tante, giuste e vere rimangono vere e giuste ma si può andare oltre, che c’è una verità che non è compresa nella ragione e nel diritto, e che questa realtà, che si può solo vivere, è molto più bella e concreta di qualsiasi altra.
Questa esperienza era del 2009 ma poi l’ho fatta molte altre volte ed è diventata una certezza in questi anni, solo ora la verbalizzo compiutamente (sono sempre stato un po’ ritardato) ed è oggetto di uno scritto.
Al succo devo dire che la scoperta è di una certa schizofrenia, nel senso di una scissione, di essere un poco schizzato, come si dice: da una parte continuo ad avere una certa percezione della vita, delle esigenze che sento mie, un’idea di cosa voglio dalla vita e di dove risieda la felicità, ma ho fatto esperienza anche che se punto direttamente a queste non ottengo assolutamente il risultato ma mi ritrovo più affamato di prima; dall’altra parte ho scoperto che c’è una via indiretta alla felicità all’interno del matrimonio e della famiglia, come se io non fossi capace di puntare al bersaglio, come se non fossi in grado di riconoscere ciò che veramente mi fa vivere dai semplici abbagli che la mente mi propone, ho scoperto che quando ho il coraggio di seguire questa via indiretta (che non sembra puntare alla mia vita ma altrove) scopro la bellezza del tempo, il senso della vita, la gioia della pace e la soddisfazione del compiuto. Questa dinamica negli ultimi anni ho potuto riconoscerla anche sul lavoro, in Pronto Soccorso… sembra che io proprio sia costruito così, con questa deficienza.
Lungi dall’essere tutto chiaro continuo a scegliere io e ad incaponirmi e a mormorare perché le cose non vanno, purtroppo, ma a volte, per grazia, trovo quel coraggio che fu della Vergine Maria quando disse di sì a qualcosa più grande di lei, e allora la vita diventa semplice, diritta, luminosa… aspetto i prossimi anni con quello che la vita vorrà insegnare, intanto mi esercito in questa via indiretta da esordiente, con tante cadute.