Scout, giù le mani dalla parola «Dio», di Antonio Maria Mira
- Tag usati: agesci, educazione, scout_europa, scoutismo
- Segnala questo articolo:
Riprendiamo da Avvenire del 20/12/2012 un articolo di Antonio Maria Mira. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, vedi la sezione Catechesi, scuola e famiglia.
Il Centro culturale Gli scritti (17/7/2016)
«Nessun uomo è buono se non crede in Dio e non obbedisce alle sue leggi. Per questo tutti gli Scout devono avere una religione». Frase perentoria, forse, ma da sola può rispondere al dibattito aperto dopo la proposta, avanzata dalla Scout Association britannica, di togliere il riferimento a Dio nella "Promessa scout".
Quell’impegno che i giovani col fazzolettone prendono iniziando il loro "cammino" e che recita (versione italiana), «Con l’aiuto di Dio prometto sul mio onore di fare del mio meglio: per compiere il mio dovere verso Dio e verso il mio Paese; per aiutare gli altri in ogni circostanza; per osservare la Legge scout». Un testo che sostanzialmente non è cambiato da quello scritto, ai primi del ’900, dal fondatore dello scoutismo lord Robert Baden-Powell. Ed è proprio di B.P., come tutti gli scout lo chiamano, la citazione con cui abbiamo aperto. E ne aggiungiamo subito un’altra, legata alla Promessa. «La fedeltà più alta è verso Dio e la possiamo dimostrare mantenendo la Promessa scout. La nostra fedeltà più alta è verso Dio. Possiamo dimostrarla compiendo i nostri doveri verso la religione a cui apparteniamo e mantenendo la nostra Promessa scout». Tutta la sua vita è stata impegnata in questo senso religioso che ha voluto anche nello scoutismo, dove non ha mai acconsentito a «dare un posto facoltativo al Creatore dell’Universo».
Ma oggi? «Non c’è scoutismo senza un credo religioso. È uno dei punti su cui teniamo duro, contro il tentativo di semplificare e relativizzare che non ha casa nello scoutismo». Parole altrettanto chiare di Mario Sica, maggior storico dello scoutismo italiano e membro del Comitato delle Costituzioni dello Scoutismo mondiale, una sorta di "Corte costituzionale" del movimento, organizzazione di giuristi col fazzolettone che deve esaminare i vari documenti/norma nazionali che, spiega, «devono sempre ispirarsi al testo di B.P.». Certo, aggiunge, «il riferimento a Dio è stato un po’ "annacquato" circa cinquanta anni fa, con l’apertura nella Promessa ad altre trascendenze, soprattutto per venire incontro ai buddisti e induisti. Ma – insiste Sica – se il riferimento alla religiosità non c’è noi non l’accettiamo». Insomma, taglia corto, «abbiamo sempre detto di no a tentativi di togliere Dio. Proprio perché in B.P. c’è la condanna della negazione di Dio: l’ateo non può essere scout».
Ragionamenti analoghi da padre Alessandro Salucci, assistente ecclesiastico generale dell’Agesci. «Uno scoutismo senza Dio non è concepibile. La deriva laicista distrugge la sua identità. Altrimenti facciamo un altro scoutismo e non è più quello di B.P.». Il fondatore, ricorda padre Alessandro, «pensò lo scoutismo proprio secondo il dettato biblico e su questo fonda la sua dimensione morale. Una religiosità molto concreta. La vera felicità, diceva, è fare la felicità degli altri».
Dunque «la parola Dio nella Promessa garantisce i valori etici che poi B.P. esprime attraverso la Proposta educativa e i dieci articoli della Legge scout. Valori che vanno oltre l’etica umana». E anche l’evoluzione della presenza di Dio nella Promessa parte da lontano perché, aggiunge, «B.P. respirava già allora una dimensione ecumenica».
Scout e Dio, un legame strettissimo. Come ha ricordato Benedetto XVI in una lettera scritta nel 2007 in occasione del centesimo anniversario del primo campo scout organizzato da Baden-Powell sull’isola di Brownsea, in Inghilterra. «Lo scoutismo – affermava il Papa – non è solo un luogo di crescita umana vera, ma anche il luogo di una proposta cristiana forte e di una vera e propria maturazione spirituale e morale, così come un autentico cammino di santità».
E torniamo alle parole di B.P.: «Fare il proprio dovere verso Dio significa non dimenticare mai Dio, ma ricordarLo in ogni cosa si faccia. Se non Lo dimenticherete mai, non farete mai alcuna cosa che sia male. Se, quando state facendo qualche cosa di male, pensate a Dio, vi fermerete immediatamente». È un ritorno continuo il riferimento a Dio, in modo molto concreto. «La Promessa che uno scout o una guida fa entrando nel Movimento ha come suo primo punto: "Compiere il mio dovere verso Dio".
Si noti che non dice "Essere fedele a Dio" perché questo sarebbe solo un atteggiamento mentale, ma invece impegna il ragazzo o la ragazza a fare qualcosa: un atteggiamento cioè positivo, attivo». Insomma, aggiungeva, «significa non solo affidarsi alla Sua bontà, ma fare la Sua volontà praticando l’amore del prossimo». Dall’inizio alla fine. Così il "papà" degli scout si rivolge ai suoi ragazzi. «Chi abbia fatto del proprio meglio ritorna senza paura al Creatore. Egli può in piena verità dire a Dio: "Ho cercato di fare il mio dovere; ho fatto del mio meglio", e nessuno può fare più di questo».
Come scrive nel suo ultimo messaggio prima di morire l’8 gennaio 1941. «Procurate di lasciare questo mondo un po’ migliore di quanto non l’avete trovato e, quando suonerà la vostra ora di morire, potrete morire felici nella coscienza di non aver sprecato il vostro tempo, ma di avere "fatto del vostro meglio". "Siate preparati" così, a vivere felici e a morire felici: mantenete la vostra Promessa di Esploratori, anche quando non sarete più ragazzi, e Dio vi aiuti in questo». Ancora una volta "quella" Promessa.