Genevieve, la suora che ha commosso il Santo Padre [e i desaparecidos], di Laura Badaracchi

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 06 /06 /2016 - 08:47 am | Permalink | Homepage
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Riprendiamo dal sito della rivista Mio papa http://www.miopapa.it/genevieve-la-suora-che-ha-commosso-il-santo-padre/ un articolo pubblicto il 24/7/2014. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.

Il Centro culturale Gli scritti (6/6/2016)

La sera del 13 marzo 2013, quando ha sentito pronunciare dal cardinale protodiacono Jean-Louis Tauran il nome «Bergoglio» dalla Loggia delle benedizioni della Basilica vaticana, si è emozionata non poco mentre attendeva in piazza San Pietro di vedere affacciarsi il nuovo Papa. Perché suor Geneviève Joseph, delle Piccole sorelle di Gesù, aveva già conosciuto telefonicamente qualche anno prima l’arcivescovo di Buenos Aires. In un intreccio di circostanze storiche del tutto particolari.

La storia di una ferita aperta

Il volto le si illumina quando ripercorre con la memoria il suo primo contatto con il Cardinale argentino, poi divenuto Pontefice: «Gli avevo scritto una lettera e in calce avevo aggiunto il mio numero. E lui ha chiamato per rispondermi», racconta. Sembra tutto normale: anche prima di essere eletto Papa, il gesuita padre Bergoglio amava alzare la cornetta e parlare a voce con chi lo interpellava a distanza con una missiva. Ma le parole di suor Geneviève lo avevano particolarmente colpito. Perché rievocavano una ferita aperta e una sofferenza che il popolo dell’Argentina (e non solo) non ha ancora metabolizzato.

Quando in Argentina c’era il regime…

Francese, entrata ventitreenne nella congregazione ispirata al carisma del beato Charles de Foucauld, Geneviève Jeanningros oggi ha 71 anni e vive a Roma. Tuttavia per comprendere i fatti, occorre fare un salto indietro nel tempo. Sua zia Léonie Duquet, anche lei francese e consacrata fra le Suore delle missioni estere Notre-Dame de la Motte, fu inviata dal suo istituto religioso nel 1949 tra i poveri a Buenos Aires. Tuttavia sparì tra l’8 e il 10 dicembre 1977 insieme con la consorella Alice Domon e con altre donne durante la dittatura militare dello spietato generale Jorge Rafael Videla.

Suor Léonie allora aveva 61 anni ed è stata una dei circa trentamila «desaparecidos», ossia persone misteriosamente sparite o arrestate segretamente e spesso uccise in Argentina a cavallo tra gli anni 70 e 80. «Fu fermata perché consentiva alle madri di incontrarsi nella chiesa di Santa Cruz per raccogliere informazioni sui figli e sui parenti scomparsi. Poi è stata torturata e una decina di giorni dopo gettata in mare, ancora viva, in uno dei famosi “voli della morte”. I prigionieri venivano buttati dagli aerei e l’impatto con l’acqua causava la frantumazione delle ossa. Quando cadi da quelle altezze, l’acqua diventa come pietra», racconta Geneviève. «Alcuni corpi, restituiti dalle onde sulla costa a centinaia di chilometri di distanza, furono poi sepolti in fosse comuni».

È stata sorpresa della sua umanità

Molti anni dopo quei fatti drammatici, diversi scheletri sono stati identificati grazie al Dna di un familiare. Nel caso di suor Léonie,  quello del nipote Michel, fratello di suor Geneviève. Così il 25 settembre del 2005 si sono potuti finalmente celebrare a Buenos Aires i funerali di suor Léonie nella chiesa di Santa Cruz. Nella piazza antistante, l’arcivescovo Bergoglio autorizza la sepoltura dei resti, ma alla celebrazione non c’è né lui, né un delegato della diocesi… Qualche settimana dopo, però, il Cardinale vola a Roma per l’assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi in programma dal 2 al 23 ottobre 2005. Sorella Geneviève gli fa recapitare una lettera, in cui descrive le esequie della zia ed esprime il dispiacere per l’assenza di un rappresentante della Curia. La sera stessa squilla il telefono. È Bergoglio. «Oltre alla sorpresa per il suo gesto, mi ha colpito la sua umiltà. Mi sono permessa di dirgli che non bastava aver autorizzato la sepolturadi mia zia e di altre tre madri davanti alla chiesa, ma che ci voleva una presenza, almeno unmessaggio ecclesiale durante i funerali. Dopo un istante di silenzio, ha risposto: “Grazie, sorella, di avermelo detto. È così che si fa tra fratelli e sorelle… Mi scuso, ne terrò conto per un’altra volta”».

Si sono visti l’ultima volta il 28 maggio

Ora si può immaginare l’emozione della religiosa quella sera di marzo in piazza San Pietro, sedici mesi fa. «Tre giorni dopo l’elezione, ai giornalisti in Aula Paolo VI disse: “Come vorrei una Chiesa povera per i poveri!”. Mi ha commosso», confida. Perché da 45 anni vive lei stessa tra i poveri in una roulotte: prima al quartiere Eur di Roma e oggi al Luna park di Ostia Lido insieme ai giostrai. Geneviève ha avuto, però, la gioia di incontrare il Papa ben tre volte. La prima insieme alla consorella Anna Amelia, che condivide la sua missione a Ostia, durante una messa presieduta dal Santo Padre nella cappella di Santa Marta il 20 aprile dello scorso anno.

«Si ricordava bene della lettera e della telefonata. È stato molto accogliente e ci ha chiesto di pregare per lui». Poi, dopo quattro giorni, si sono rivisti all’udienza generale del mercoledì. Accanto alla religiosa c’era anche Estela Carlotto, una delle “nonne” argentine che cercano ancora nipoti scomparsi negli anni del regime.«In quella occasione, ci ha sorriso e ci ha fatto una carezza, dando un bacio a ognuna». Infine il 28 maggio scorso suor Geneviève è tornata in piazza San Pietro con i familiari di desaparecidos e prigionieri politici di Argentina, Cile, Uruguay, El Salvador. Tra questi anche Cecilia Romero, il cui zio è Oscar Arnulfo, arcivescovo salvadoregno, ucciso mentre celebrava messa il 24 marzo 1980: al momento è in corso la causa di beatificazione. Ancora una volta «Papa Francesco mi ha benedetto e salutato con affetto. La sua semplicità e vicinanza alla gente mi riempiono il cuore».

La dittatura

È passata alla storia con il nome di «Guerra sporca»: si trattava di un programma di repressione violenta che fu attuato in Argentina tra il 1976 e il 1983. Lo scopo era di eliminare qualunque forma di protesta e di dissidenza nel Paese. A organizzarlo era stata la giunta militare argentina, che aveva raggiunto il poterenello Stato sudamericano dopo un golpe avvenuto il 29 marzo del 1976 guidato dal generale dell’esercito Jorge Rafael Videla.