Meno trentenni e più culle vuote. "Così l'Italia perde una mamma su cinque" (da un articolo di Maria Novella De Luca)
Riprendiamo da La Repubblica dell’8/5/2016 la prima parte di un articolo scritto da Maria Novella De Luca. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. la sotto-sezione Vita nella sezione Carità, giustizia e annunzio.
Il Centro culturale Gli scritti (8/5/2016)
ROMA - Hanno tra i 30 e i 34 anni, sono donne e sono sempre di meno. Nate a metà degli anni Ottanta, quando la popolazione in Italia già iniziava a crollare, sarebbero oggi, per età, le nuove "potenziali madri". Numericamente però assai inferiori delle loro genitrici, e, viste le circostanze di vita atipiche e precarie, assai in difficoltà (insieme ai potenziali padri) nel progetto di mettere al mondo dei figli. Sorelle più grandi delle millennials, laureate ma in grande affanno sul lavoro, le trentenni di oggi sono protagoniste di quella che gli esperti chiamano la prossima e vicina "trappola demografica". Nella quale, secondo una previsione del laboratorio di Statistica applicata dell'università Cattolica di Milano, l'Italia rischia di perdere una "potenziale madre" ogni cinque. E questo mentre i nati nel 2015 sono stati 478 mila, al di sotto dei 500 mila bambini l'anno considerati la soglia minima per sopravvivere al declino demografico. Perché non soltanto le donne tra i 30 e i 34 anni sono meno numerose: erano 2.263.843 nel 2005, sono 1.797.049 nel 2015 (un quinto in meno), ma a giudicare dalla tendenza attuale metteranno al mondo un solo figlio a testa, non di più e non tutte.
A meno di non invertire la tendenza. A meno di non riuscire a sostenere davvero la maternità. E la paternità. E il lavoro femminile, perché nonostante tutti gli sforzi l'occupazione delle donne in Italia è ancora al 46 per cento, e al Sud le senza lavoro sono, drammaticamente, l'80 per cento del mondo femminile. "Condivido la definizione di "trappola demografica"", dice Barbara Mapelli, docente di Pedagogia delle differenze all'università Bicocca, "perché una trappola è qualcosa in cui si finisce anche senza volerlo". Le ragazze, in realtà, "i figli li vorrebbero, anche due o tre, ma nel nostro Paese è sempre più alta la distanza tra il desiderio di maternità e la possibilità di realizzarla". Dietro questo sogno che spesso diventa rimpianto, non ci sono soltanto la precarietà, l'assenza di welfare, le aziende ostili alle gravidanze, la mancanza di congedi maschili, ma anche fattori culturali. "L'idea sempre più radicata nelle coppie è che al figlio si debba dare tutto. Altrimenti è meglio non farlo nascere. Le donne oggi vivono una contraddizione: da una parte la maternità è ostacolata da fattori oggettivi, dall'altra è enfatizzata all'estremo. Così, spesso, si finisce per rinunciare".
Un quadro noto, eppure poco o nulla si è mosso. […]