Chiamati a un nuovo inizio, di David Neuhaus [Il dialogo ebraico-cristiano in Terra Santa]

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 09 /04 /2016 - 18:30 pm | Permalink | Homepage
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Riprendiamo da Terra santa, Anno X, n. 5 settembre-ottobre 2015, pp. 36-38 un articolo scritto da David Neuhaus sj, Vicario patriarcale della Comunità ebreofona in Israele. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti e per altri articoli di David Neuhaus, cfr. la sotto-sezione Ebraismo nella sezione Cristianesimo, ecumenismo e religioni.

Il Centro culturale Gli scritti (9/4/2016)

Vi è un dialogo, o piuttosto vari dialoghi, in corso sulla Parola e sul mondo. Riguardano quasi tutti gli aspetti della vita, specialmente nel dialogo tra cattolici ed ebrei. Ciò è particolarmente vero in Europa e in America, dove i cristiani sono maggioranza e gli ebrei sono sempre stati minoranza.

Ma cosa sta accadendo sotto questo aspetto in Terra Santa? Anzitutto è importante sottolineare alcune differenze tra il contesto delle Chiese in Europa e nelle Americhe e quello della Chiesa in Terra Santa. Coloro che formularono la Nostra aetate avevano chiaramente in testa le terre a maggioranza cristiana. Per questo i cristiani venivano invitati a comprendere che molta parte del pensiero, del discorso pubblico e dei comportamenti cristiani avevano emarginato ed escluso gli ebrei (e gli altri non cristiani). In Terra Santa erano invece i cristiani a rappresentare una minoranza, spesso emarginata ed esclusa.

Dal settimo secolo, l’Islam è stato la religione dominante in Terra Santa. Così per gran parte dei cristiani locali, il dialogo con i musulmani è una priorità, cosa che non era per gli estensori della Nostra aetate. In Terra Santa il dialogo ebraico-cristiano diventa quasi sempre un «trialogo»: i musulmani non possono essere ignorati.

Rapporti capovolti

I cristiani di Terra Santa vivono in una situazione nella quale i tradizionali rapporti di potere tra una maggioranza cristiana e una minoranza ebraica sono rovesciati. Lo sviluppo di un autentico dialogo a livello locale deve essere formulato in un contesto in cui gli ebrei e i musulmani sono la maggioranza predominante e più forte, mentre i cristiani sono una piccola minoranza. Mentre per gli estensori della Nostra aetate, lo spartiacque nelle relazioni cristiano-giudaiche è la Shoah, che suscitò una presa di coscienza sul prevalere di un insegnamento cristiano di disprezzo per gli ebrei, dal punto di vista di molti cristiani di Terra Santa, la questione della Palestina è al centro delle relazioni con gli ebrei e i musulmani. Se il dialogo in una prospettiva europea include spesso il concentrarsi sulla lotta contro l'antigiudaismo e l'antisemitismo, il focus sulla giustizia e la pace è un elemento essenziale di ogni prospettiva di dialogo interreligioso nel contesto della Terra Santa.

Il comune patrimonio biblico è fondamentale per il dialogo cristiano-ebraico fiorito a partire dal Vaticano II. Ebrei e cristiani scoprono quanto hanno in comune e fino a che punto possono illuminarsi reciprocamente nella lettura di queste Sacre Scritture. E tuttavia il fare esperienza di un patrimonio biblico comune nel contesto della Terra Santa non è privo di ambiguità. La Bibbia è stata utilizzata come testo fondativo delle rivendicazioni dell'ebraismo contemporaneo sulla terra che i palestinesi, musulmani e cristiani, sentono come propria.

Ora che abbiamo delineato questo particolare contesto ci chiediamo: quali sono le prospettive per la promozione di un dialogo interreligioso in Terra Santa oggi, alla luce della Nostra aetate?

Nel 2000, dopo un sinodo durato cinque anni, le Chiese cattoliche di Terra Santa pubblicarono un Piano pastorale generale che include una profonda riflessione sulla Nostra aetate in un documento intitolato Relazioni con i credenti di altre religioni.Esso rappresenta un magistero contestualizzato per la Terra Santa, gettato proprio sul fondamento della Nostra aetate.L'apertura al dialogo interreligioso rappresentato dalla dichiarazione conciliare vi riecheggia: «I nostri Paesi comprendono la terra di questo dialogo per eccellenza, una terra che fa del dialogo la loro vocazione fondamentale e la sfida più grande». Le Chiese cattoliche riflettevano: «Benché i cristiani siano numericamente pochi all'interno delle loro società questo fatto non dovrebbe rappresentare una barriera al dialogo, ma semmai una chiamata a testimoniare i magnanimi valori del Vangelo». Nonostante la situazione di tensione e violenza che esiste tra arabi palestinesi ed ebrei israeliani, le Chiese coraggiosamente cercano di applicare gli insegnamenti della Nostra aetate,sottolineando gli aspetti positivi delle relazioni tra ebrei e cristiani. Oltre al patrimonio biblico che gli ebrei e i cristiani condividono, le Chiese cattoliche segnalano che «nei nostri Paesi, musulmani, cristiani ed ebrei hanno vissuto insieme in una fruttuosa interazione sociale e culturale e ciò è evidente nelle tracce nitide di questa interazione che rinveniamo nella civiltà araba».

Le Chiese cattoliche invitano i cristiani a studiare il «giudaismo così com'è vissuto dagli ebrei oggi e come è creduto nella cornice della storia giudaica e nel contesto della sua realtà nella Terra Santa dei nostri giorni».

Propongono inoltre una relazione con gli ebrei sul piano pratico e basata sulla ricerca comune della verità, della pace e della giustizia. I cristiani di Terra Santa desiderano la «collaborazione con i movimenti per la giustizia e la pace dentro la società ebraica» e una lotta comune contro la discriminazione.

Inoltre, le Chiese di Terra Santa affermano che molte delle Scritture sono condivise da ebrei e cristiani, ma invitano gli ebrei a leggere queste Scritture in modo che possano promuovere la giustizia e la pace anziché l'esclusione e l'occupazione.

Cambiare il mondo

Queste proposte hanno preso forma concreta nei lavori della Commissione per il dialogo con gli ebrei delle Chiese cattoliche in Terra Santa e nei corsi di giudaismo che sono stati introdotti nelle istituzioni cristiane di istruzione superiore in Terra Santa.

Non c'è dubbio che i cristiani di Terra Santa siano profondamente preoccupati dalle continue espressioni di disprezzo per i cristiani e il cristianesimo che emergono da alcuni ebrei e musulmani. Tuttavia, queste manifestazioni di sentimenti anticristiani devono accrescere la nostra determinazione a intavolare rapporti con gli ebrei e i musulmani, al fine di riparare questo mondo in frantumi, che tutti gli abitanti della Terra Santa sono chiamati a condividere.

Nuova linfa

Non potremmo concludere queste riflessioni senza menzionare lo svilupparsi di una nuova popolazione cristiana non araba in Terra Santa e, in particolare, in Israele[1]. Alcuni di questi cristiani hanno origini ebraiche o sono legati ad ebrei da vincoli familiari; molti altri sono giunti in Israele alla ricerca di lavoro o di asilo politico. Essi rappresentano il volto nuovo della Chiesa in Terra Santa. Le vite di questi cristiani, integrati come sono con la popolazione ebraica, aprono nuove prospettive per un dialogo tra una minoranza cristiana che vive nel cuore della società ebraica, adattandosi alla sua cultura e al suo linguaggio. Questi nuovi cristiani sono impegnati in un dialogo giudaico-cristiano inedito e affascinante.

I cristiani israeliani di lingua ebraica in seno alla società ebraica hanno formulato una fede cristiana che non soltanto parla agli ebrei, ma si sente anche a casa in una società e una cultura ebraica. Ciò attribuisce una particolare, creativa e innovativa espressione alla comprensione del fatto che Gesù Cristo è un ebreo e che le radici della Chiesa sono giudaiche. Tramite una cristianità israeliana e di lingua ebraica, Gesù e la sua Chiesa sono reintrodotti nella matrice dell'ebraismo contemporaneo.

Note al testo

[1] In Israele oggi ci sono 160 mila cittadini cristiani, tre quarti dei quali sono arabi palestinesi e un quarto cristiani immigrati che sono inseriti tra la popolazione israeliana ebraica. Inoltre, decine di migliaia di migranti cristiani (lavoratori e richiedenti asilo) residenti a lungo termine.